Matrimoni gay, l'Emilia rossa fa le prove
Registro delle coppie gay sposate all'estero. Sotto il Po pullulano le iniziative di Consigli comunali, anche micro, per forzare la normativa nazionale che oggi impedisce il riconoscimento di un matrimonio di persone dello stesso sesso contratto all'estero. Come? Con un'operazione di stress test.
Se è vero che le rivoluzioni partono dal basso, l'Emilia Romagna si dimostra ancora una volta all'avanguardia. Registro delle coppie gay sposate all'estero. Sotto il Po pullulano le iniziative di Consigli comunali, anche micro, per forzare la normativa nazionale che oggi impedisce il riconoscimento di un matrimonio di persone dello stesso sesso contratto all'estero. Come? Con un'operazione di stress test che costringe le Prefetture ad esporsi “contronatura” visto il loro ruolo e creare una tensione istituzionale che solo il Parlamento centrale dovrà poi risolvere.
Con il disegno di legge Scalfarotto finito in un cul de sac, anche perché con l'imminente operazione Quirinale il Parlamento sarà parecchio affaccendato in altre faccende, ci pensano i piccoli centri di provincia a tenere vivo il pressing. Il Pd emiliano può facilmente sobbarcarsi l'onere di questo compito: ha il controllo della maggioranza dei Consigli comunali da Piacenza a Rimini, quindi può fare squadra e creare un effetto catena e soprattutto ha percentuali bulgare in molti di questi Consigli, complice anche la sostanziale indifferenza dei cattolici dem su questa partita. Ma anche grazie ad una campagna culturale parallela che passa dalle scuole pubbliche e che consente una maggior praticabilità sul tema civetta dell'omofobia anche in politica.
Ci sono diverse tipologie di intervento che il Pd, che in questa operazione utilizza come braccio armato Sel, può usare. E ognuna di queste verrà trasferita nel Comune vicino attraverso un'operazione di imitatio-emulatio grazie alla quale l'Emilia presto potrà vantarsi di essere una “terra liberata dall'omofobia” e poter issare così la sua bandiera in un risiko che è solo agli inizi, ma non cessa di mostrare segni di cedimento. Ad Albinea, per esempio, piccolo comune sulle pendici di Reggio Emilia, le liste di opposizione hanno votato contro. Ma poco importa: quel che conta è che il registro è stato votato anche dai tre esponenti dem che si dicono cattolici. Insomma: il miglior risultato con il minino sforzo. Ma non sempre va così.
Nel capoluogo Reggio Emilia il sindaco Luca Vecchi, insediatosi dopo l'attuale Sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, sta facendo il gioco di Penelope. Il registro approvato attraverso una delibera di ottobre sta scadendo perché il primo cittadino aveva 60 giorni per convertirlo in ordinanza. Vecchi sperava di salvare capra e cavoli e che nessuno se ne accorgesse, anche perché Reggio è uno dei Comuni in cui la Prefettura aveva espresso criticità per il provvedimento di stampo ideologico. Nessun problema: ci hanno pensato due consiglieri comunali che a pochi giorni dalla scadenza hanno tirato il sindaco giù dal letto: non avrà forse cambiato idea? Certo che no: infatti, dopo pochi giorni il primo cittadino si è affrettato a ricevere con tutti gli onori i rappresentanti dell'Arcigay locale promettendo loro un incontro con le coppie gay sposate all'estero (chissà quante saranno quelle residenti a Reggio?) per oggi.
In quell'occasione il sindaco si farà portavoce di una richiesta ai parlamentari reggiani del Pd per chiedere loro quale sia lo stato di avanzamento del ddl alla Camera e porterà a compimento le procedure amministrative per l'ordinanza. Intanto, il messaggio passa e i parlamentari si dovranno fare portavoce alla Camera di questo messaggio. A Modena e Bologna il problema è stato risolto alla radice: nel primo Comune il sindaco ha fatto festa come Marino e Pisapia con alcune coppie in Municipio, nel secondo il primo cittadino Virginio Merola ha litigato con tutti: Prefettura e Vescovado ed è andato per la sua strada. A Sassuolo, invece, le cose non sono andate come il Pd sperava. Una parte del partito si è spaccato in guelfi e ghibellini proprio mentre si doveva votare in consiglio il provvedimento. “Colpa” anche di una dura presa di posizione del laicato associativo della valle del Secchia che è intervenuto pubblicamente condannando il registro e incoraggiando la spaccatura nel Pd. Il documento firmato da numerosi gruppi pro life della zona, da Scienza e vita al Cav locale fino al circolo culturale Toniolo e diversi gruppi di preghiera, è servito per stanare la lista civica che sostiene assieme al Pd il sindaco e che porta il nome del primo cittadino, Pistoni: «Il registro è un atto simbolico, ma è un momento irrinunciabile alla nostra identità progressista». Così il Pd dovrà allinearsi alla “ditta”.
Infine, curioso e preoccupante il caso di Faenza dove un ordine del giorno proposto da Forza Italia che esprimeva l'intenzione di creare una festa della famiglia naturale, è sorprendentemente passato con i voti anche del Pd e del sindaco Giovanni Malpezzi. Uno tsunami con le bordate di Arcigay e soprattutto di Niky Vendola in persona hanno costretto Malpezzi a ripiegare sulla strategia Barilla, disconoscendo il voto poco prima espresso. «Visto quanto accaduto, per parte mia mi farò promotore di un nuovo documento da portare all’attenzione del Consiglio comunale. Un documento più rispettoso e della ricchezza di opinioni all’interno della città». Contrordine compagni: il sindaco si è sbagliato. Ecco che cosa succede a votare secondo coscienza.