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DIRITTI UMANI

Matrimoni forzati di minorenni cristiane, il Pakistan non cambia

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Ogni anno in Pakistan oltre mille ragazze vengono rapite, convertite con la forza all'islam e date in sposa ad adulti musulmani. Una piaga a cui il governo non dà la necessaria attenzione e che merita la mobilitazione della comunità internazionale.

Libertà religiosa 13_08_2025 English Español

In Pakistan, molte ragazze appartenenti alla minoranza cristiana subiscono sistematicamente minacce di rapimento, conversione religiosa e matrimonio forzato con uomini musulmani, spesso in giovane età. Poiché questa preoccupante tendenza viola gravemente il diritto di queste giovani ragazze cristiane di praticare il cristianesimo e di scegliere il proprio coniuge, i cattolici che difendono la santità del matrimonio e il ruolo del cristianesimo nella società dovrebbero giustamente indignarsi per tali abusi.

Il caso di Shahida Bibi, convertita con la forza e data in sposa da bambina a un uomo musulmano, è solo uno dei tanti esempi di ingiustizie e violazioni della libertà religiosa in Pakistan. Bibi aveva solo 11 anni quando sua madre fuggì con un uomo musulmano che la diede in sposa a suo fratello, Shehzad Akhtar Khan, il quale la sfruttò sessualmente. Dopo che Bibi compì 18 anni, Khan la costrinse a contrarre un matrimonio islamico, o nikah.
Dopo aver sofferto per molti anni sotto costrizione e trauma, nel 2025 un tribunale civile pakistano ha finalmente annullato il "matrimonio" di Bibi e le ha restituito la sua identità cristiana.
Il giudice ha ordinato all'Autorità nazionale per la registrazione e l'identificazione (NADRA) di rilasciare a Bibi una nuova carta d'identità, «ripristinando il suo status religioso di cristiana e cancellando il suo stato civile», ha dichiarato all'inizio di quest'anno l'avvocato di Bibi, Lazar Allah Rakha, al Christian Daily International-Morning Star News.

Nonostante Bibi abbia ottenuto un'importante vittoria giudiziaria, il fatto che il suo caso, come molti altri, si sia verificato, dimostra quanto siano radicati nella società pakistana gli abusi dei "matrimoni" forzati.

Da anni gli esperti internazionali delle Nazioni Unite denunciano regolarmente la pratica di questi "matrimoni" forzati che spesso prevedono il rapimento e la violenza sessuale di ragazze cristiane, nonché la loro conversione forzata all'islam e il matrimonio con uomini musulmani.

Purtroppo, questa preoccupante tendenza non è limitata al Pakistan. Un articolo del marzo 2025 pubblicato da Premier Christian News affermava quanto segue: «Secondo l'UNICEF, nei prossimi dieci anni, 100 milioni di ragazze in tutto il mondo rischieranno di subire matrimoni forzati, e le ragazze appartenenti a minoranze religiose saranno ancora più a rischio di subire coercizione sia al matrimonio che alla conversione religiosa. ADF International riferisce che in Pakistan, un Paese a maggioranza musulmana, ogni anno più di 1.000 ragazze appartenenti a comunità minoritarie vengono convertite con la forza all'islam e date in sposa. Molte di queste ragazze non riescono a fuggire a causa delle minacce rivolte a loro e alle loro famiglie».

Lo stesso articolo del Premier Christian Daily aggiungeva: «Nel gennaio 2025, l'Unione Europea ha emesso un avvertimento sui diritti umani nel Paese, tra cui le leggi sulla blasfemia, le conversioni forzate e la persecuzione religiosa». È innegabile che la tendenza allarmante dei matrimoni forzati tra ragazze cristiane, spesso giovanissime, e uomini musulmani più anziani in Pakistan sia un tragico abuso di potere, nonché una grave violazione della dignità di queste ragazze, create a immagine e somiglianza di Dio. Oltre alla perdita dell'identità cristiana (almeno esteriormente) di queste ragazze, non sono rari i traumi fisici e psicologici, soprattutto se questi "matrimoni" comportano abusi sessuali e sfruttamento. I figli di questi "matrimoni" possono anche soffrire di problemi di salute legati (o meno) a dinamiche familiari abusive, come nel caso del figlio disabile di Bibi, morto in tenera età.

Tuttavia, nonostante l'impegno di gruppi di attivisti come l'Alliance Defending Freedom (ADF) International e le recenti riforme legislative, come il disegno di legge della Capitale Islamabad che criminalizza il matrimonio minorile, le pressioni socio-culturali, l'applicazione incoerente delle leggi e le lacune giuridiche ostacolano il raggiungimento di progressi tangibili nella prevenzione dei rapimenti e delle conversioni religiose forzate delle ragazze. tanto che le conversioni forzate all'islam sono spesso percepite da settori della società pakistana come un atto pio e gratificante. Questa convinzione alimenta un ambiente sociale in cui tali conversioni sono giustificate o addirittura applaudite, nonostante la coercizione che comportano. La conversione è talvolta considerata un servizio reso alla religione, a prescindere dai mezzi utilizzati per conseguirla.

Inoltre, l'inefficacia dell'approccio adottato dai governi pakistani che si sono succeduti nel tentativo di affrontare il problema dei matrimoni forzati è certamente fonte di perplessità. Persino la London School of Economics (LSE), di orientamento progressista, dalle colonne del proprio blog ha duramente criticato il governo pakistano, accusato di essere troppo lento a «comprendere il problema, che sta causando un enorme danno alla reputazione del Paese. È risaputo che questa crisi è il risultato del fallimento del governo, incapace da decenni di proteggere le minoranze religiose dagli abusi perpetrati da attori non statali ed estremisti di matrice religiosa. D'altra parte, gli episodi di predicazione dell'odio e di estremismo religioso rimangono una minaccia incombente per le comunità minoritarie, in particolare per le ragazze di fede induista e cristiana».

Davanti a questa situazione dovrebbe essere imperativo che i cattolici di tutto il mondo, così come la comunità internazionale nel suo insieme, si uniscano per chiedere giustizia per queste vittime di matrimoni forzati. La preghiera incessante e la difesa coraggiosa a livello locale e internazionale sono passi nella giusta direzione per stroncare questa triste realtà.



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