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IL PROFILO

Massimiliano Kolbe, un martire nel lager

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Cultura 13_08_2011
Massimiliano Kolbe
San Massimiliano Kolbe nacque l’8 gennaio a Zdunska Wola (Polonia). A 13 anni entrò nell’Ordine dei Frati Minori Conventuali in Leopoli. Dopo i primi studi fu trasferito a Roma, dove conseguì la laurea in Filosofia e Teologia (1912-1919). Qui, ispirandosi ai più puri ideali mariani del francescanesimo , il 16 ottobre 1917, fondò la “Milizia dell’Immacolata”: movimento mariano che impegna i suoi aderenti a vivere la vita cristiana e ad operare nell’apostolato ispirandosi e affidandosi all’Immacolata. Ordinato sacerdote nel 1918 e tornato in patria (1919) cominciò l’apostolato mariano della Milizia, con la fondazione di circoli e la pubblicazione di un giornale mensile (1922): il “Rycerz Niepokalanej” (“Cavaliere dell’Immacolata”).

Nel 1927 fondò
una singolare “città”. La chiamò “Niepokalanow” ossia “Città dell’Immacolata” e la costituì centri di vita religiosa consacrata a Maria e di ogni forma di apostolato: dalla stampa alla radio, dal cinema all’aeroplano. Prima della guerra contava più di 700 frati professi. Nel 1930 partì missionario per l’Estremo Oriente ove, nei pressi di Nagasaki, fondò una seconda “città” con le stesse finalità della prima che chiamò “Mugenzai no sono” e , dopo solo un mese da suo arrivo in Giappone, diede inizio alla pubblicazione di una rivista in giapponese (Kishi)in migliaia di copie.

A causa della sua salute
era affetto da gravissima forma di tisi fu richiamato dai superiori in Polonia (1936) e destinato a Niepokalanow. Dopo tre anni, durante i quali era riuscito a creare il più imponente complesso editoriale cattolico della Polonia, scoppiò la seconda guerra mondiale. Arrestato dalla Gestapo nel settembre 1939, cominciò la “Via Crucis” dei campi di concentramento. Fu rimesso in libertà nel dicembre del ’39 e tornò alla sua Niepokalanow che nel frattempo era stata bombardata e distrutta. Si mise nuovamente all’opera e, non trascurando l’apostolato della stampa, trasformo il grande complesso in ospedale e asilo per migliaia di profughi, specialmente ebrei.

Nel febbraio 1941
fu nuovamente arrestato. Dopo una permanenza nel “Pawiak” di Varsavia, in maggio fu definitivamente trasferito nel campo di Auschwitz. Qui con la semplicità con la quale aveva sempre operato, offrì spontaneamente la vita per un compagno di prigionia, un padre di famiglia, condannato a morte e, fino a quel giorno, per lui sconosciuto.

Fu chiuso con altri nove compagni di prigionia nel “bunker” per morirvi di fame. Dopo circa due settimane, durante le quali confortò la lenta agonia dei compagni, sereno, affrontò la morte provocatagli con iniezione di acido e spirò, col nome di Maria sulle labbra, il 14 agosto 1941, la vigilia dell’Assunta. Il corpo fu cremato: la memoria della sua santità e della morte eroica si diffusero nel mondo, circondate di ammirazione e di venerazione.