Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

IL CASO

Marò in India, adesso non ci resta che affidarci a Del Piero

Alex Del Piero, ex capitano juventino, andrà in India a giocare nel Delhi Dynamos. Non l'avesse mai fatto: «finché i nostri due marò sono trattenuti», gli ha subito rimproverato l'ex ministro Giorgia Meloni, «deve rifiutare in segno di protesta». Ecco fino a che punto può arrivare l'ipocrisia della politica.

Politica 30_08_2014
Alex Del Piero

Eddai Alex, vacci tu in India (magari anche con l’uccellino portafortuna) e portali indietro i nostri due marò che da due anni e mezzo sono prigionieri degli indiani (non quelli con le piume, ma quelli che han fame). Solo tu potrai ridare speranza a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone accusati di aver fatto fuori due poveri pescatori indiani scambiati per feroci pirati. Già, non ci resta che lui, il fantasioso Pinturicchio, per sperare di mettere nel sacco quegli azzeccagarbugli in turbante, buoni solo a rimandare le udienze e a tirare in lungo per farci saltare i nervi. Scartato il blitz militare (sullo stile degli israeliani a Entebbe nel 1976), l'incursore Del Pietro potrebbe fare la differenza e restituire dignità al tricolore. Là dove hanno fallito tre governi, mediatori internazionali, baronetti britannici, avvocati indiani e piazzisti internazionali di bidoni a carissimo prezzo. Male che vada, Alex combinerà qualcosa di più di Staffan de Mistura. Impareggiabile maestro di eleganza e bon ton, ma solo di quelli.

Scherziamo? Mica tanto, se vogliamo dare retta alle esternazioni di Giorgia Meloni, segretaria (nel senso di leader, non di addetta al centralino) di Fratelli d’Italia, già ministro ai giovani nell'ultimo governo Berlusconi. La signora se n’è uscita con questa frescura: Alex deve rifiutare l’offerta di andare a giocare in una squadra indiana, fino a che i due fucilieri della Marina non saranno rilasciati e potranno tornare in patria. Invece no, troppo facile giocare al ribasso. Del Piero ci vada e dimostri alla Giorgietta dei Fratelli La Russa-Crosetto che lui è capace di andare in rete mentre la politica e i governi tricolori invece sono andati tutti a schifio.

Riassumiamo la storia, tutta sportiva, che ha ispirato l’uscita (di melone) della Meloni. Che inizia con l’annuncio che l’ex capitano juventino giocherà nella squadra dei Delhi Dynamos, per partecipare alla nuova Indian Super League, il campionato a otto squadre in programma dal 12 ottobre al 20 dicembre. I Dynamos avevano raggiunto l’intesa nei giorni scorsi con Stefano Del Piero, fratello e agente del giocatore. «Sono felice di comunicare che sono un giocatore del Delhi Dynamos e ambasciatore della nuova Indian Super League», ha cinguettato l’altra sera Pinturicchio. Sfumava così l’offerta dell’Honved, il club di Budapest che aveva provato a convincere il fuoriclasse a proseguire la carriera in Ungheria, offrendogli addirittura la maglia numero 10 del mitico Puskas. Cose che succedono nel calcio, dove i campioni usciti dal giro per raggiunti limiti di età, concludono in bellezza (e in valuta pregiata) la carriera all’estero. Del Piero è un’altra super star del calcio che ha scelto il campionato indiano: prima di lui il francese Trezeguet, che ha firmato con il Pune City di proprietà dei Della Valle e allenato dall’ex tecnico del Padova Franco Colomba, o gli ex Arsenal Robert Pires e Freddie Ljungberg. 

Nomale, anzi normalissimo tranne che per la Meloni.  L'unica a non aver capito che calciatore non fa necessariamente rima con benefattore, e che portare a casa, senza farsi male, due marò prigionieri non è come discutere di politica al bar sport. Sentite che ha detto: «Rivolgo un appello ad Alex affinché rifiuti l’offerta di giocare in India fin quando i nostri marò non torneranno in Italia. Del Piero non ha bisogno né di soldi né di fama visto che è un simbolo indiscusso del calcio italiano e un’icona mondiale di questo sport. Una presa di posizione da parte sua sicuramente non passerebbe inosservata e sarebbe un importante segnale nei confronti del governo indiano». Fine del discorso e avanti con la fanfara. Che Del Piero non manchi di nulla, forse è vero, ma buttargli a tradimento sul groppone tutto il peso dei due poveri cristi, pare un tantino esagerato e pretenzioso. Più che un appello di Fratelli Italiani, sembra una fatwa dei Fratelli Musulmani.  «L'ultima cosa che vorrei», ha replicato l’imputato Del Piero, «è una strumentalizzazione del mio ruolo, e soprattutto che lo sport diventi un mezzo utilizzato per dividere al posto che per unire». E infine: «Da italiano, come tutti i miei connazionali, non sono insensibile alla vicenda dei nostri marò e spero si arrivi presto ad una conclusione positiva per loro, e soprattutto che sia la più giusta». 

Ma davvero l’ingenua Meloni crede che giudici e governo indiano tremino all’idea che il nostro campione rinunci all’Indian Super League e si affrettino a mettere sul primo volo i due marò? E perché mai la Corte Suprema dovrebbe essere così sportivamente interessata allo scambio: marò a Roma e Del Piero a New Dehli? Neppure con una botte della famosa acqua plin plin si potrebbe mandar giù una balla del genere. E poi non era stato il ministro Passera (il fratello dell’uccellino?) a convincere Girone e Latorre a riconsegnarsi, dopo le vacanze di Pasqua, assicurando che nel giro di poche settimane sarebbero tornati a casa? Bisognava scongiurare rappresaglie sui nostri interessi in India e Monti e il ministro si inventarono la panzana del ritorno concordato. 

Le cose sono andate diversamente, L’India non ha ricambiato la cortesia e i marò sono ancora là. Non solo: il governo di Delhi ha bloccato le forniture di Finmeccanica e sospeso i  pagamenti, stracciando un contratto da 750 milioni di dollari. Mentre il governo italiano ha dovuto sborsare 5 milioni di dollari per pagare le parcelle degli avvocati indiani e le pratiche dell'arbitrato internazionale. Tuttavia, grazie al raggiro di Stato dei due obbedientissimi soldati, le nostre aziende hanno continuato a fare affari con i partner indiani: 15 miliardi di euro previsti nel 2015. 

Cara Meloni, se proprio le scappa l’appello, lo indirizzi ai nostri imprenditori: siano loro a minacciare di far saltare il tavolo del Monopoli italo-indiano, ad auto sanzionarsi e auto-boicottarsi fino a quando i due fucilieri saranno rispediti al mittente. A loro e alle aziende del made in Italy andrebbe chiesto il riscatto o lo scatto di orgoglio nazionale, se proprio vogliamo metterla così. Il resto è retorica sbiadita e moralismo da dilettanti. Meglio allora proporre agli indiani di scambiare il duo Girone-Latorre con la coppia Trezeguet-Del Piero. Loro sicuramente non sparano dalle petroliere, al massimo qualche tiro ben assestato  all’incrocio dei pali.