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DOPO LA TRAGEDIA

Marmolada, sulle vittime la danza degli ecologisti

Una tragedia come quella della Marmolada - oltre alla pietà e alla preghiera per le vittime - dovrebbe anzitutto ispirare qualche riflessione sul significato e sulla fragilità della vita umana. Invece, come al solito, si scatena la propaganda cambioclimatista, smentita dalla storia e vero pericolo per gli uomini.

Editoriali 06_07_2022
Il ghiacciaio di Punta Rocca

Una tragedia come quella della Marmolada - oltre alla pietà e alla preghiera per le vittime - dovrebbe anzitutto ispirare qualche riflessione sul significato e sulla fragilità della vita umana. Più ancora sulla reale dimensione dell’uomo davanti al Creato e quindi al Creatore. Don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, propose fin da subito ai suoi ragazzi vacanze comunitarie in montagna perché, diceva, «la sanità dell’ambiente umano, l’imponente bellezza della natura, favoriscono ogni volta il rinnovarsi della domanda sull’essere, sull’ordine, sulla bontà del reale – il reale è la prima provocazione attraverso cui viene destato in noi il senso religioso».

Ma incidenti come quelli del 3 luglio ci fanno anche toccare con mano quanto la natura possa essere matrigna, contrariamente alla concezione idealizzata che da decenni ci viene inculcata. E quanto l’uomo sia piccolo davanti alla grandezza dell’universo e nulla davanti all’eternità.

Invece, come ormai da copione, ancora una volta una catastrofe naturale viene usata strumentalmente per fare propaganda ecologista, per dare la colpa al riscaldamento globale ovviamente causato dall’uomo cattivo, che inquina, brucia le risorse naturali, sfrutta selvaggiamente l’ambiente. Su giornali e tv è un coro unanime, talmente scontato, che non vale più la pena nemmeno guardarli.

Eppure il distacco di un pezzo di ghiacciaio, per quanto non sia un evento che accade in continuazione, è un fatto ricorrente. E se in questo periodo anche sulle nostre montagne si registra un caldo anomalo, tanti altri eventi del genere sono accaduti in pieno inverno. Come accadde, ad esempio, il 21 dicembre 1952 sul ghiacciaio delle Grandes Jorasses, sul Monte Bianco, al confine tra Francia e Italia: «Un’enorme valanga – scriveva la Rivista del Cai (Centro Alpino Italiano) – simile nelle proporzioni a quelle che si staccano dagli immensi ghiacciai dell’Himalaya, si staccò dall’estrema cresta delle Grandes Jorasses e giunse fino al fondovalle: l’ampiezza delle sue fonti era complessivamente di circa due chilometri e il dislivello superato nella discesa di quasi tremila metri». Fortunatamente si salvò il villaggio di Planpincieux. La stessa valle fu teatro di un altro evento del genere il 1° agosto 1993 e in questo caso furono travolti otto alpinisti, tutti morti.

Ma va ricordata anche la catastrofe di Mattmark, in Svizzera, il 30 agosto 1965: una parte del ghiacciaio dell’Allalin si staccò e due milioni di metri cubi di ghiaccio seppellirono 88 lavoratori impegnati nella costruzione della diga di Mattmark, a 2120 metri di altezza. Tra le vittime, ben 56 erano italiani, la tragedia più grave dell'emigrazione italiana dopo Marcinelle.. Da notare però che il 1952 e il 1965 sono anni che fanno parte di un periodo di raffreddamento globale del clima (che è durato all’incirca tra il 1940 e il 1975) e che spinse all’inizio degli anni ’70 a lanciare allarmi sul pericolo di una prossima nuova glaciazione, ovviamente a causa delle attività umane.

Il distacco di pezzi di ghiacciaio è perciò un fenomeno naturale cui concorrono diversi fattori. Certamente il can can della propaganda anti-umana che ancora una volta si è scatenato non ha niente a che vedere con la scienza e con la cura per l’ambiente. Il riscaldamento e il raffreddamento globali sono parti di un ciclo naturale, così come la crescita e il ritiro dei ghiacciai.

E in effetti, tale propaganda ecologista diseduca alla comprensione della natura. Presentando il distacco di un ghiacciaio come evento eccezionale legato all’emergenza climatica attuale e senza precedenti, si dà l’idea che la natura sia di per sé statica: in equilibrio perenne se non fosse che siamo intervenuti noi uomini negli ultimi decenni a turbare questo equilibrio e mandare tutto in tilt, da cui tutta questa serie di catastrofi.

È una grande menzogna: in realtà la normalità della natura è quella di essere dinamica, in continuo movimento, per il clima un succedersi di periodi di riscaldamento a periodi di raffreddamento, e bisogna conoscerla per adeguarsi da una parte e difendersi dall’altra. Perché certe catastrofi naturali - non solo ghiacciai che si staccano - non si possono evitare, ma si possono evitare o minimizzare vittime e danni.
Se c’è una responsabilità umana grave è quella di chi, per interessi ideologici, economici o politici, genera nelle persone un ingiustificato terrore o, al contrario, una falsa sicurezza. Proprio quest’ultima potrebbe aver avuto un ruolo nel pesante bilancio della tragedia della Marmolada.

 

Per approfondire l'argomento leggi il nostro libro: "IL CLIMA CHE NON T'ASPETTI", di R. Cascioli
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