Maria Regina, l’affresco per riconoscerla protettrice
Nel 1312 il laico Governo dei Nove, la più alta carica istituzionale di Siena, incaricò Simone Martini di affrescare una Madonna in trono. Come tutte le regine, anche Maria è circondata da una corte, nel suo caso celestiale, con Angeli e Santi. Sulle ginocchia della Vergine c’è il Bambin Gesù, che con una mano benedice e nell’altra reca un cartiglio. Che contiene un perenne monito ai governanti perché reggano, con giustizia, la città.
Simone Martini, Maestà, Palazzo Pubblico di Siena
Alla tua destra è assisa la Regina, splendente di oro e di gemme (Sal 44, 10)
Maria è regina perché madre di un re. Così l’acclamano le Sacre Scritture e i Padri della Chiesa, fin dai primi secoli: la festa liturgica istituita nel 1954 da Papa Pio XII non fece che ratificare ciò che la tradizione popolare andava da sempre asserendo. E se dapprima la celebrazione fu fissata per il 31 maggio, in un secondo tempo venne spostata al 22 agosto, segnando essa il naturale compimento della solennità dell’Assunzione. “L’Immacolata Vergine - spiega il Catechismo della Chiesa cattolica - fu assunta alla celeste gloria col suo corpo e con la sua anima, e dal Signore esaltata come la Regina dell’universo, perché fosse più pienamente conformata al Figlio Suo”.
Dalle catacombe romane in poi, la regalità di Maria è stata variamente interpretata dagli artisti che la riprodussero sui portali delle cattedrali gotiche o nelle loro vetrate colorate, nei mosaici delle calotte absidali o nelle pale d’altare di chiese e santuari a Lei dedicati. Di norma è il Figlio che le pone la corona sul capo, a volte al cospetto di Dio Padre e dello Spirito Santo. In altre situazioni Maria è, invece, già la “Basilissa”, seduta su un trono mentre regge sul grembo il Bambino Gesù, lo sguardo fisso di fronte a Lei. Ci troviamo, allora, al cospetto di una “Maestà”. A Siena, per esempio, nella sala principale del Palazzo Pubblico.
Ecco i fatti: nel 1312 la più alta carica istituzionale della città, il Governo dei Nove, incaricò Simone Martini - pittore all’epoca già affermato, considerato tra i più grandi maestri del Trecento italiano e l’unico, forse, in grado di competere con Giotto - di affrescare una Madonna in trono sulla parete nord della Sala del Mappamondo, detta anche del Consiglio. Una committenza laica, dunque, per un palazzo che era l’espressione del potere politico di una laica Repubblica che, tuttavia, in Maria Regina riconosceva la propria protettrice. Il cartiglio posto in mano al Bambino Gesù “Diligite iustitiam qui iudicatis terram”- “Amate la giustizia voi che giudicate la terra” - fu scelto come perenne monito diretto a coloro che reggevano, e avrebbero retto, le sorti della città.
Come tutte le regine, anche Maria è circondata da una corte, nel suo caso celestiale. Angeli e Santi affollano lo spazio sotto il grande baldacchino, da loro sorretto, al centro del quale è posto lo scranno cuspidato, dalle eleganti forme gotiche, su cui siede la Vergine avvolta in un manto azzurro col bordo dorato: il Bambino sulle sue ginocchia alza la mano destra in segno di benedizione.
Due angeli le sono inginocchiati ai piedi nell’atto di offrirle coppe ricolme di fiori, affiancati dai Santi protettori della città, Ansano, Savino, Crescenzio e Vittore, che le affidano la salvezza di Siena e del suo popolo, qui rappresentato dalla moltitudine di Santi disposti lungo linee diagonali che suggeriscono una realistica profondità. Il pittore personalizza le loro fisionomie permettendoci di riconoscerne alcuni: San Paolo, San Giovanni Battista e l’omonimo Evangelista, San Pietro, Santa Caterina, Sant’Orsola, Santa Maria Maddalena, Sant’Agnese…
Tutti loro sono l’umanità eletta che si staglia sullo sfondo di un profondo blu che ha ormai sostituito l’oro, creando un’atmosfera suggestiva in cui il divino è percepibile nella lievità dell’aria che muove le vesti colorate piuttosto che nella luminosità che ogni personaggio sembra sprigionare.
Simone Martini sembra voler dire ai suoi contemporanei, e oggi a noi, che ciascun cristiano è chiamato a fare parte di questa divina corte, attraverso l’intercessione di Maria che per prima ha realizzato in sé la promessa di Gesù: «Per voi, che avete perseverato con me nelle mie prove, io preparo un regno, come il Padre l’ha preparato per me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno, e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele» (Lc 22, 28-30).