Margherita Hack, un ateismo poco scientifico
Il 29 giugno si è spenta la scienziata Margherita Hack, nota per le sue posizioni atee e liberiste in campo etico. La sua vicenda mediatica è paradigmatica della strategia laicista che fa parlare lo scienziato di tutto, quasi fosse infallibile.
Alle prime ore dell’alba di ieri è morta a 91 anni l’astrofisica Margherita Hack. Di lei sono maggiormente note le sue posizioni atee e liberiste in campo etico più che la sua attività scientifica. Partiamo da questo secondo aspetto. Fu una grande scienziata? Quando proposero la sua candidatura a senatrice della Repubblica con nomina presidenziale per i suoi meriti scientifici, lei stessa ammise: «È un onore, ma non credo di meritarlo, non ho scoperto nulla». Certo: fu docente universitario, membro di diversi enti di ricerca e direttrice dell’Osservatorio Astronomico di Trieste, ma la Hack vantava un curriculum accademico dello spessore di tanti altri suoi colleghi. Anzi, più di una volta cadde in veri e propri strafalcioni.
L’astrofisico Piero Benvenuti, docente presso l’Università di Padova, staff member dell’Agenzia Spaziale Europea, sub-commissario dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), Direttore dell’Osservatorio IUE, già responsabile scientifico Europeo del progetto “Hubble” e Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), un paio di anni fa – in un’intervista a Dire Donna - trovò non pochi errori nel libro divulgativo della Hack “Il mio infinito”: dal cosiddetto “paradosso di Olbers” al principio di indeterminazione. «Non è nuova nell’inventare spiegazioni “pseudoscientifiche” – commenta Benvenuti - in una trasmissione televisiva recente affermava che per deviare dal suo corso un asteroide sarebbe stato sufficiente farlo “attrarre” da una grossa astronave!». A dei bambini di una scuola l’astrofisica toscana disse che il Big Bang era stato come una “grande scorreggia dell’Universo“. Giorgio Israel, docente a La Sapienza di Roma, battezzò questa teoria come la “cosmopetologia di Margherita Hack”.
Come accennato, però la Hack era nota soprattutto per le sue posizioni atee. Iscritta al Partito Radicale Transanzionale, militante poi del Partito dei Comunisti italiani, nel 2011 prese la tessera del partito Democrazia Atea. E’ stata anche presidente onorario dell’Unione degli Atei e degli Agnositici Razionalisti e si iscrisse all’Associazione Luca Coscioni. Un pedigree laicista di tutto rispetto. Una volta, invitata a parlare dall’Istituto religioso Euromediterraneo, ebbe a dire: “L’idea di Dio nasce per spiegare ciò che la scienza non sa spiegare. La scienza dice cosa sono le stelle, come funzionano. Sappiamo ricostruire un album di famiglia dell’universo ma non sappiamo dire perché sia fatto così. Ed ecco che è stato inventato Dio. Dio è comodo, troppo comodo. Ma è un’idea infantile, come Babbo Natale. […] Perché mai gli uomini, vedendo che continuano a scoprire cose nuove, una dopo l’altra, dovrebbero inventarsi un Dio Creatore di tutto, piuttosto che attendere fiduciosi i prossimi successi della Scienza?”.
Simili argomentazioni le troviamo anche nel libro di Stefano Sbalchiero “Scienza e spiritualità” dove la novantenne Hack rispose all’intervistatore che «quando non ci sono delle risposte le persone si rifugiano in Dio, trovando tutte le spiegazioni che fanno al caso loro. […] La religione, e il Dio delle grandi religioni, mi sembrano una scorciatoia per superare la fatica del pensare con la propria testa e con una libertà maggiore». La scienza è un «allenamento della mente, a capire, a porsi domande, a cercare risposte, invece di accettare verità assolute e dogmatiche».
Una posizione apodittica, quella della scienziata toscana, perché le prove razionali – “scientifiche” per dirla alla Hack – dell’esistenza di Dio esistono, come ha dimostrato tra gli altri Tommaso D’Aquino, invece le prove che qualcosa non esiste – in questo caso Dio – sono impossibile da produrre. Ed infatti lei stessa lo ammise una volta: «tanto il credente che il non credente non possono dimostrare scientificamente l’esistenza o la non esistenza di Dio, si tratta in ambedue i casi di fede, di risposta a bisogni personali diversi».
Ed infatti Margherità Hack seguiva ciecamente il credo scientista che vede nel creato stesso la divinità. Commentando su Repubblica la scoperta del bosone di Higgs così infatti si espresse: «io come atea vedo nella “Particella di Dio” un fenomeno che mi ha creata. Io la particella di Dio la chiamerei addirittura Dio. Se la materia è tutto ciò che esiste e il bosone di Higgs è quello che spiega come le particelle acquistano massa…eh, allora allora vuol dire che il bosone di Higgs è Dio». Uno scientismo ovviamente nichilista incapace di trovare la causa prima di tutto l’esistente come ebbe a scrivere nel suo “Il perché non lo so. Autobiografia in parole e immagini”, uscito proprio quest’anno. Scrisse non solo di stelle ma anche di animali (era convinta vegetariana): “I gatti della mia vita”, “Nove vite come i gatti”, “Perché sono vegetariana” dove l’atea Hack, facendo un’eccezione, incensava la religione induista perché benevola verso gli animali. E poi discettò anche di religione: “Io credo. Dialogo tra un’atea e un prete” e “Libera scienza in libero stato”.
In campo etico era a favore di aborto, eutanasia (redasse un testamento biologico), fecondazione artificiale, sperimentazione sugli embrioni umani (ma contraria alla sperimentazione animale) perché “l’embrione è solo una cellula” e omosessualità. In relazione a quest’ultimo tema nel 2010 fu premiata a Torre del Lago Puccini come “Personaggio gay dell’anno” e in quell’occasione dichiarò in merito al riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali: “Noi siamo un paese arretrato, che non sa cos'è il rispetto della libertà. Il Vaticano è certamente un deterrente che influenza la classe politica, ma la politica non è libera e non ha il coraggio di reagire. E se non reagisce questo significa che è più bacchettona della Chiesa e non sa cos'è il rispetto della libertà altrui”. In una puntata di qualche mese fa di Porta a Porta dedicata alle cellule staminali, la Hack attaccò duramente i comitati etici degli ospedali e dei centri di ricerca affermando che in campo scientifico conta l’utile e non l’etica.
La vicenda mediatica della Hack è comunque paradigmatica di una certa strategia del fronte laicista e pro-choice. Si prende un esperto in un settore scientifico e lo si fa parlare di tutto, sicuri che la qualifica di “scienziato” lo accrediterà alle grandi masse come “persona infallibile”. Il camice bianco o la provetta in mano è prova certa dell’esattezza dell’affermazioni dello scienziato anche in campi a lui sconosciuti. Che si parli di stelle o di ovociti è la stessa cosa: la Hack non poteva sbagliare. E’ dunque un’operazione che vede l’estensione indebita di una competenza scientifica in ambiti dove non sussiste questa competenza. Al presentatore Fabio Volo in una chiacchierata televisiva di un annetto fa che era finita sul tema della morte disse: “La materia servirà a qualcos'altro, posso diventare un cane, un gatto, un sasso”. Il credente sa che ora la scienziata fiorentina ha dovuto rivedere perlomeno questa sua ultima teoria. Che a lei non manchino dunque le sue preghiere.