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IL LIBRO SU MARCO GALLO

Marco, la smania dell'Infinito e la fissa dell'Eterno

Esce per Itaca Marco Gallo. Anche i sassi si sarebbero messi a saltellare, la storia di un ragazzo morto ad appena 17 anni. Al termine di un'esistenza terrena nel corso della quale aveva già capito il senso della vita, del sacrificio e dell'amicizia di Dio. 

Vita e bioetica 09_11_2016

Anche se la felicità è ciò a cui tutti aspirano, pochi vivono cercandola davvero. La felicità infatti può far paura perché costa e magari è diversa da come la si immaginava. Perciò Dio è paziente e ci aspetta. Ma ci sono anime che non ne possono proprio fare a meno, che ne sono talmente attirate, quasi il Signore avesse posto un sigillo su di esse, da essere disposte a passare nel fuoco pur di averla. 

“Scrivo prima Dio, perché è il Creatore”. Questa la prima, fra le parole imparate all’asilo, scritte da un bambino che, dopo un’esistenza spesa per rispondere alla sua sete, nascerà inaspettatamente al cielo all’età di 17 anni il 5 novembre del 2011. La storia di questo bambino, poi adolescente, è raccontata nella sua biografia (scritta da lui quando era in vita e curata dalla famiglia) appena pubblicata da Itaca “Marco Gallo. Anche i sassi si sarebbero messi a saltellare”. Il titolo viene da uno dei commenti che Marco fece alla poesia di Eliot sul viaggio dei re Magi, quando a solo 11 anni pensava così alla ricerca travagliata di Gesù da parte dei Re Magi: “Per me le grandi difficoltà sono state fatte e pensate da Dio non per crudeltà… ma per vedere se amavamo veramente Gesù, se eravamo veramente disposti a rischiare di morire per conoscere Gesù”. 

Marco fin da piccolo era così. E, fin da piccolo, era attirato dalle anime come la sua. Nel volume, che contiene tutti i suoi scritti di una vita insieme ai racconti di quanti lo hanno conosciuto, c’è un passaggio su San Benedetto, messo nero su bianco quando ha appena 9 anni. Marco è affascinato da una fede e una posizione umana che poi diverrà la sua: “Benedetto guardava attentamente ogni fatto che gli succedeva…lui era attento perché convinto che Dio gli parlava attraverso le cose”. Il bambino, però, capisce che non si tratta di uno sforzo di interpretazione o di una comprensione intellettuale di Dio.

Della vita di Francesco Saverio, infatti, lo colpisce l’inziativa divina che cambia in un minuto la vita del santo: “Aiutami Signore - scrive nello stesso periodo - a trovare quel minuto”. Fin da piccolissimo descrive la bellezza della natura, della casa, del cibo e degli amici, nei diari e nelle poesie, lodando Dio con una capacità incredibile di far immedesimare il lettore. Alla fine della terza media comincia a comprendere con una profondità inusuale per un ragazzino che per ottenere il massimo è necessario il sacrificio: “E’possibilissimo soffrire il dolore del sacrificio e contemporaneamente essere felici”. E capisce che la vita comoda proposta dal mondo, per lui fatta di cartoni, computer e giochi, non gli basta. Marco freme per non perdere tempo, tanto da parlare così a un amico, quasi come un presagio: “Non ragionare secondo il teorema la vita è lunga, perché ti accorgerai che è molto breve”. 

Ma quando poi si iscrive al liceo scientifico, presso il Don Gnocchi di Carate Brianza, il giovane comincia a sperimentare la sua impotenza e l’incapacità di compiere da sé quel desiderio e di mantenerlo desto. Tanto da ricordare che i primi due anni di superiori erano passati alla rincorsa dell’amicizia come idolo: “Felicità = amici = uscire sabato sera…che era il mio nuovo idolo”. Realizza che il suo giusto bisogno di compagnia, non trovando una risposta adeguata, si era ridotto e che quindi lui si stava accontentando: Marco non sapeva come uscirne, finché non accadde un incontro con una persona felice che può aiutarlo a non abbassare il tiro. E se sapeva che “il gusto della vita non è precluso a chi sbaglia, ma a chi ignora il senso dell’infinito, il legame tra quello che è qui e il destino” si rende poi conto che “in questo percorso, bisogna non essere soli, non basta che uno ci mette il cuore”. Due anni prima di morire il giovane si concentra quindi sul metodo (interamente riportato nel libro) che sta scoprendo “per vivere pienamente la vita, per rispondere alle domande ultime; scritto per i giovani, raccontato da un giovane”. 

Gli ultimi tempi della sua esistenza sono di una intensità incontenibile, da tutti i punti di vista. Marco non è esattamente un baciapile, perché la fede non gli interessa come forma ma in quanto risposta a tutta la sua umanità di cui non ha paura. Anche per questo va fuori dagli schemi, inventandosi, ad esempio, imprenditore comprando e vendendo cellulari americani su internet o persino costruendo esplosivi. Certamente non può fare a meno di pregare sempre, ma per lui la preghiera è un giudizio continuo e quindi un abbandono incondizionato a dove Dio lo vuole portare.

Gli amici vedono che Marco è un uragano di vita, che segue senza sosta ogni cosa o persona in cui Dio si rivela. Fino a non temere, per amore a quello che ha incontrato, di porsi anche di fronte ai responsabili di Gs (Gioventù Studentesca) del liceo, non accettando che le riunioni di Scuola di comunità (Sdc, la catechesi di Comunione e Liberazione) fossero pensate su numeri enormi. Lui è convinto che siano necessari gruppetti più piccoli, perché “il movimento si trasmette tramite uno sguardo, un’amicizia, una persona, che ti comunica, un rapporto personale”. In merito spiega a un’amica: “Farlo solo perché è la proposta (di chissà chi) mi sembra una puttanata”. Visto il suo amore i responsabili di Gs cedono, motivo per cui Marco non invierà la lettera sulla Sdc scritta per i responsabili ultimi: “Quello di cui ognuno di noi ha realmente bisogno non sono delle parole, dei postulati, il racconto di qualcosa di bello ma un abbraccio fisico, una presenza reale che avviene attraverso delle persone”.

Insomma, Marco è lontano da ogni formalismo, tuttavia i compagni non immaginano una tale profondità di rapporto con Cristo. Quello che il 19 marzo del 2011, circa sette mesi prima di morire, lo porta a decidersi definitivamente: “Da questo momento mi sacrificherò interamente alla ricerca della felicità e vedrò se la mia vera vita è in Lui o no”. E, consapevole che può essere aiutato a non decadere solo da un avvenimento presente che continua a riaccadere in momenti, persone e nella compagnia cristiana, aggiunge: “Forse alla radice stessa del movimento per ogni cosa vi è un risveglio causato da qualche avvenimento…da qualcuno. Certo, però, la libertà è la mia”.  E più avanti continua: “Non si può pretendere che nel momento in cui ci si sveglia subito, come una magia, il mistero accada. Già Dio non paga sempre, bisogna attendere…tutto quello che faccio è pregare…vieni ora, ora e qui!”. A fine estate, però, il suo amore per il Mistero si fa palese a tutti, perché Marco, pur consapevole del rischio di essere preso per un pazzo e di non essere capito, ne parla a tutti: “Non importa di cosa si tratti o con chi tratti al centro c’è Gesù…Non posso fermarmi”.  

Anche quest’anno, per la quinta volta, il giorno della festa dei santi centinaia di ragazzi colpiti dalla vita e dal sacrificio di Marco, culminato nella morte improvvisa in un incidente stradale, camminavano pregando in sua memoria verso il santuario della Madonna di Montallegro. Quel giorno qualcuno ha ricordato che i santi non sono uomini perfetti, tranquilli e senza difetti, ma persone con la fissa dell’eterno. Una fissa così grande da cercarlo dentro ogni più piccolo brandello di realtà. Allora si può dire che Marco, nato con questa smania di infinito, sia morto santo dopo un percorso di avvicinamento crescente a Dio. Fino al giorno in cui decise di arrendersi totalmente a Dio e sacrificare tutto per la felicità, appunto.