Manzoni: tra antenati infami e altri illustri
L'autore dei Promessi Sposi sentiva l’esigenza di espiare il male compiuto dal quadrisavolo? Se sì, potrebbe sorgere un'altra domanda...
Nel 1818 Alessandro Manzoni vendette i possedimenti lecchesi e la villa Caleotto di Lecco a Giuseppe Scola per stabilirsi definitivamente a Milano nella casa di via Morone.
Solo tre anni dopo la vendita del Caleotto iniziò la stesura del romanzo che riesumava, anche se con nomi differenti e vicende modificate, un Seicento che aveva visto due antenati del Manzoni complici dei misfatti dell’epoca, due antenati che avevano avuto due destini diversi: Bernardino Visconti (nel romanzo l’Innominato) si era convertito e si era dedicato ad opere buone per espiare il male compiuto; Giacomo Maria Manzoni, impenitente fino alla fine, era morto nel 1642, ancora sotto processo, accusato di un altro delitto.
Manzoni provava vergogna per i suoi antenati? Sentiva l’esigenza di espiare il male compiuto dal quadrisavolo? La scoperta delle origini infami della sua famiglia potrebbe essere la scaturigine della composizione del romanzo e della scelta del Seicento come epoca congeniale all’ambientazione della storia.
E allora potrebbe sorgere una domanda: se il manoscritto ritrovato alludesse in realtà ai documenti relativi alla storia dell’antenato lecchese? Sono solo supposizioni non dimostrabili o anche realtà? Nella prima puntata della nuova rubrica cercheremo di scoprire qualcosa sugli antenati illustri e su quelli famigerati e infami di Manzoni.
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