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IL CASO

Manifesto ProVita, gli eletti coraggiosi ci sono

La rimozione del manifesto di ProVita esposto a Roma ha avuto il merito di destare numerose coscienze. L'importante conferenza stampa a Palazzo Madama di 8 tra senatori e deputati sulle ricadute sociali e psichiche dell'aborto dimostra che una pattuglia di volenterosi c'è. Ed è pronta a farsi ascoltare. 

Vita e bioetica 12_04_2018

La rimozione del manifesto di ProVita esposto a Roma, che mostrava un bambino di 11 settimane nel grembo materno e che si limitava a ricordare alcune inconfutabili verità biologiche (a quell’età tutti gli organi sono già formati), ha avuto il merito di destare numerose coscienze, di richiamare tutti alla libertà di pensiero e soprattutto di offrire alla campagna della Onlus sulle “gravi conseguenze dell’aborto sul piano fisico e psichico” una visibilità senza precedenti.

La vicenda è infatti terreno di scontro politico a livello nazionale. A difesa della libertà di espressione e del diritto ad informare le donne, sono intervenuti numerosi parlamentari del centro destra coordinati dal senatore della Lega e già membro del direttorio del Family day, l’avvocato Simone Pillon.

Alla conferenza stampa tenuta ieri presso la Sala Nassiriya del Senato e organizzata dallo stesso Pillon, hanno presenziato i senatori della Lega, Raffaella Marin, Maria Saponara, Massimiliano Romeo ed Emanuele Pellegrini; la senatrice di Fratelli d’Italia, Isabella Rauti; la senatrice dell’Udc, Paola Binetti e i deputati del Carroccio, Tullio Patassini e Alessandro Pagano.

La vergognosa vicenda del manifesto pro life rimosso dall’amministrazione comunale di Roma ha quindi offerto lo spunto per mettere in luce tutte le ombre della legge 194 sull’aborto che, a quarant’anni dalla sua entrata in vigore, “necessità di una tagliando”. I parlamentari hanno puntato il dito contro la mancata applicazione dell’articolo 2 della legge, che ordina la rimozione di tutti le condizioni materiali e immateriali che inducono una donna ad optare per l’aborto. Ampiamente disatteso anche l’articolo 1 che afferma che l'interruzione volontaria della gravidanza “non è mezzo per il controllo delle nascite” e che lo Stato deve promuovere “servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite”.

Secondo Pillon la legge è invece diventata “una sorta di passe-partout per sostenere il diritto all’aborto che in realtà la legge non prevede, riconoscendo solo alcune cause di giustificazione”. Per questo motivo i parlamentari intervenuti hanno proposto uno spostamento delle risorse sulla prima parte della normativa, a partire da maggiori fondi per i consultori e per il sostegno alle donne in difficolta.

Resta però la sfida enorme sul piano culturale, che va affrontata con quell’informazione che, in questi quattro decenni, hanno appositamente reso un tabù impronunciabile. 

All'iniziativa era presente, fra gli altri, Lorenza Perfori, autrice del libretto Per la salute delle donne (edito da ProVita), che ha ricordato come non ci sia “informazione per le donne: nei consultori e nemmeno a livello politico. Informazione non c’è neanche nelle relazioni del ministero della Salute sull’applicazione della 194, se non in forma vaga incompleta e imprecisa”. La Perfori ha inoltre elencato tutte le conseguenze dovute sia all’aborto chirurgico sia a quello farmacologico. In entrambi i casi si rischiano non solo emorragie e infezioni ma anche di compromettere la futura salute riproduttiva  della donna che rischia di incorrere in aborti spontanei e parti prematuri dovuti ai danni riportati all’utero.

I danni di natura psichica sono stati invece evidenziati dalla senatrice della Lega, Raffaella Marin, psicologa, che ha illustrato i risultati di una ricerca britannica, secondo la quale tra le donne che hanno eseguito un’interruzione volontaria di gravidanza il tasso di suicidi è maggiore del 155%, delle depressioni del 37% e dell’utilizzo di sostanze illegali e psicofarmaci del 230%, rispetto alle donne che hanno subito un aborto non voluto.

La senatrice Isabella Rauti ha ricordato che il calo degli aborti chirurgici non deve portare a sottostimare una fenomeno, rispetto al quale i dati statistici non tengono conto del boom di vendite di pillole abortive registrato in Italia. La Rauti ha poi evidenziato che anche la mortalità rischia di essere sottovalutata, perché i numeri mondiali riferiti ad essa sono fatti rientrare dall’Oms nel più ampio computo generico della “mortalità materna”, in cui rientrano anche le morti per parto. 

Il Senatore Romeo ha detto che non bisogna avere paura di esporsi sul tema dell’aborto poiché “stanno portano il popolo italiano verso il suicidio assistito”, per l’esponente della Lega è un paradosso che tutti si lamentano di un Paese che non fa più figli ma nessuno osa parlare della questione culturale che sta alla base del problema demografico.

Tutti i parlamentari hanno infine lanciato un appello a firmare la petizione di ProVita rivolta al ministero della Salute “affinché si garantisca che le donne vengano informate delle conseguenze dell’aborto volontario sulla loro salute fisica e psichica”.

Nel frattempo, sabato 14 aprile, a Roma ci sarà un sit in simbolico di attivisti romani di ProVita «per chiedere la libertà di espressione». Avrà luogo dalle 12 alle 13 in piazza Madonna di Loreto perché il Campidoglio non ha concesso l’autorizzazione alla protesta silenziosa, nemmeno nella piazzetta dell’Ara Coeli antistante la scalinata. E rammarico per la rimozione del manifesto è stato espresso anche dalla presidente del Movimento per la Vita, Marina Casini, con una lettera aperta con cui invita il sindaco Raggi a visitare uno Centri di aiuto alla vita di Roma.