Mangiare il sangue, un tabù infranto nel XIX secolo
Per molto tempo anche nel Cristianesimo, erede dell'ebraismo, era vietato mangiare cibi con il sangue. Solo 150 anni fa gli alimenti contenenti sangue cominciano ad essere tollerati.In effetti i cristiani non conoscono né praticano forme di privazione-esclusione alimentare a fini religiosi.
- LA RICETTA: ORATA ALL'ANETO E BACCHE ROSA
Siamo a Roma, anno domini 57. In una sontuosa casa, due uomini pranzano insieme. Parlano del mondo, della politica, della fede. Uno è vestito di una semplice tunica bianca e porta sandali di cuoio, solidi e polverosi. La sua barba bianca e folta gli dà un'aura ieratica. È l'apostolo Pietro, invitato a dividere il pasto con il centurione romano Cornelio. Quest'ultimo è elegantemente vestito e perfettamente rasato (i Romani erano gli uomini più sbarbati della Storia - praticamente si depilavano il viso con la cera d'api).
Cornelio è affascinato dal Cristianesimo e si sente attratto da questa religione che rende gli uomini sereni e - a lui pare - sicuri di sé. Ma finito il pranzo, Pietro è rimproverato da un gruppo di Cristiani che lo vedono uscire dalla casa di Cornelio con parole severe: “Sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato insieme con loro!” (Atti 11:3).
La spiegazione di questo riferimento alla circoncisione sta nel fatto che all'inizio, il Cristianesimo segue le regole alimentari degli Ebrei, essendo le figure centrali di quella nuova religione, tutte di origine ebraica. Nel contesto del pranzo di Pietro e di Cornelio, significava che non si sapeva quanto puri erano gli alimenti che avevano mangiato. Ce n'erano delle preparazioni dell'antica Roma come il Ventriglium di maiale (cioè lo stomaco in cui si cuociono ritagli di carni e interiora miste al sangue rappreso). Orbene, al pari della religione ebraica, anche nel Cristianesimo degli inizi il sangue di animali era vietato nel cibo.
La fonte più accreditata di questo divieto alimentare in epoca cristiana iniziale ci è data da Tertulliano da Cartagine (155-230 circa), in ben due suoi testi: "Apologeticum" e “De Præscritpione Hæreticorum". Tertulliano ha diversi meriti per la cultura occidentale. Fra le altre cose, dobbiamo a lui l'espressione “libero arbitrio“: lui per primo usò il termine “liberum arbitrium” per tradurre il greco αὐτεξούσιος (autexousios) di Epitteto.
Lui è anche un fervente sostenitore del cibo sano e morigerato, infatti scrive: “Non ci si sdraia per mangiare che dopo una preghiera a Dio. Si mangia secondo la propria fame, si beve come conviene a gente pudica, ci si sazia come gente che non dimentica che anche la notte bisogna adorare Dio. Si discorre come chi sa che Dio ascolta”.
Alla fine del II secolo e all'inizio del III, Tertulliano è fra i primi scrittori cristiani in lingua latina e sicuramente uno dei primissimi teologi che scrivono in questa lingua. Usa nei suoi scritti un linguaggio specificamente tecnico preso dal gergo avvocatizio e costruisce i periodi in modo volutamente irregolare, con interrogazioni, esclamazioni, battute ad effetto, giochi di parole, anastrofe, metafore, così da rendere più incisivo il discorso. Lo stile è veemente, polemico e aspro, sia quando parla di aborto (che definisce "omicidio anticipato") che dei divieti alimentari, riferendosi specificamente al sangue, che era interdetto nell'alimentazione cristiana.
D'altronde, nel VII secolo, precisamente nel 692, il Concilio in Trullo, detto anche Concilio Quinisesto (Quinisextum), tenuto a Costantinopoli, vieta espressamente il consumo di qualsiasi alimento contenente sangue. Non solo, ma le punizioni per coloro che contravvenivano erano severe: scomunica per il popolo e destituzione per i sacerdoti. Solo più tardi, a partire dalla fine del XIX secolo, gli alimenti contenenti sangue come ingrediente cominciano ad essere tollerati. Citiamo alcune preparazioni, come il sanguinaccio dolce in Lucania e Campania, il black pudding delle Isole britanniche, la Schwarzsauersuppe (zuppa nera acida) della Germania settentrionale, la czernina polacca (un'altra zuppa) o il tiết canh vietnamita, a base di sangue e carne di anatra appena macellata.
Con il sangue, in genere mescolato con cubetti di grasso di maiale, vengono inoltre preparati vari insaccati quali i Blutwurst tedeschi, la morcilla spagnola e i boudeun valdaostani. Il sangue funge anche da legante e può essere usato per preparare il civet, una salsa bruna, o accompagnare la cacciagione.
Il consumo di sangue è spesso stagionale e, data la limitata conservazione nel tempo dell'alimento, è in genere associato al periodo in cui si macellano gli animali (ad esempio i suini).
Presso alcune popolazioni il sangue degli animali può essere anche utilizzato senza l'uccisione di questi ultimi. Ad esempio i Masai prelevano il sangue dalle arterie del collo dei bovini che allevano e lo consumano caldo oppure dopo averlo mescolato con il latte; l'animale in genere si riprende in tempi relativamente brevi.
Il divieto imposto a Noè in Genesi 9:3-6 era valido per tutti i suoi discendenti e non comprendeva solo il sangue animale, principio messo in risalto nel primo secolo quando nella riunione conosciuta come Concilio di Gerusalemme venne comandato ai cristiani di “astenersi dal sangue” (Atti 15:28,29).
Nell’ebraismo biblico il tabù del sangue, quale “interdizione o divieto sacrale”, risale alla notte dei tempi. Il Genesi descrive le prime generazioni di uomini come vegetariani, con un’alimentazione prevalentemente a base di frutta (1: 29). Nel passaggio dalla dieta vegetariana a quella carnivora post-diluviana nasce il primo tabù del sangue. Secondo la narrazione, Dio concesse a Noè l’autorizzazione all’uccisione degli animali a fini alimentari con una condizione tassativa: “Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè con il suo sangue” (9: 3).
Come si arrivò allora a tollerare l'utilizzo del sangue animale in diverse ricette di vari popoli, come abbiamo descritto sopra? Ebbene, forse perché Gesù stesso lo ha permesso. Ebreo della tribù di Davide, odiava i formalismi ebraici. Perciò, parlando del cibo disse: “Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può contaminarlo, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella fogna?” (Marco 7:14,19).
Una frase del genere potrebbe fare sorridere, eppure Gesù l'ha pronunciata. Possiamo così concludere che i Cristiani, con l’eccezione di qualche gruppo minore (testimoni di Geova, Avventisti), non conoscono né praticano forme di privazione-esclusione alimentare a fini religiosi.
Tornando al nostro soggetto di oggi, i cibi cucinati con il sangue non hanno molti addetti, tranne nelle zone dove questi piatti sono tradizionali. Al di là dei precetti religiosi, questa abitudine rimane una questione di gusto e come tale, molto personale.