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LIBERTA' RELIGIOSA/21

Maldive, dove i cristiani pregano nel segreto

Nell'argipelago la religione più diffusa è l'Islam e le minoranze sono costrette a vivere nella clandestinità. E chi si converte finisce in prigione.

Attualità 13_08_2011
islam

La popolazione attuale della Repubblica delle Maldive discende da popoli di religione buddhista migrate dall'India meridionale e dallo Sri Lanka intorno ai secoli IV e V. Quando gli arabi iniziarono a percorrere frequentemente le rotte commerciali verso il sud-est asiatico, le Maldive divennero un importante punto di scalo. I commercianti arabi esercitarono una forte influenza culturale sulla popolazione locale, che a partire dall'XI secolo si convertì gradualmente all'Islam. Nel 1153, le Maldive divennero un sultanato. Nel XVI, secolo le potenze europee iniziarono a minacciare le Maldive. I primi a conquistare l'arcipelago furono i portoghesi, che vi crearono un insediamento nel 1558. Questi furono però cacciati nel 1573 dai Devehi, guidati da Muhammad Thakurufar Al-Azam. Il sultanato rimase poi indipendente fino al 1887, anno in cui fu dichiarato protettorato britannico.

Durante la seconda guerra mondiale, le Maldive rappresentarono un possedimento strategico per la marina britannica. Negli anni successivi alla guerra, la vita politica e sociale del sultanato fu sostanzialmente stabile, fatta eccezione per un fallito tentativo di instaurazione del sistema repubblicano nel 1953.

Nei primi anni '60 si formò uno stato separatista: la Repubblica Unita di Suradiva. La neo repubblica comprendeva le isole più meridionali dell'arcipelago, a sud dell' One and Half Degree Channel,e cioè gli atolli di Suradiva, Addu e Gan più una serie di isolotti minori. La Repubblica fu riassorbita nel 1963 e scomparve. L'indipendenza dal Regno Unito fu sancita il 26 luglio 1965. Nel 1968, il sultanato divenne una Repubblica presidenziale. Il sistema giudiziario è basato sulla legge islamica (sharia) con una struttura di leggi inglesi in materia di commercio.

La Costituzione approvata nel nel 2008, come quella del 1999, definisce l’Islam religione di Stato ed ai cittadini è proibito praticare una religione diversa da quella islamica. Insieme all’Arabia Saudita, le Maldive sono l’unica nazione che dichiara una popolazione al 100% musulmana e sunnita. Queste sono le stime dichiarate dal governo. Di fatto vi sono circa 70.000 lavoratori espatriati che dichiarano una religione diversa da quella musulmana, tra cui anche il cristianesimo. L’Istituto di Diritto Pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre” rileva nel suo rapporto la stima che l’1,1% della popolazione sia cristiana; ma costoro sono costretti a praticare la loro fede di nascosto, per evitare di essere arrestati e “riconvertiti” con la forza, o di perdere la cittadinanza.
Mentre i maldiviani non hanno la libertà di convertirsi ad un’altra religione  - e quindi di allontanarsi dall’islam - o di diventare apertamente atei, gli stranieri possono praticare la loro fede solo privatamente, a condizione che non la condividano con gli abitanti. Negli anni, molti cristiani emigrati, una volta tornati in patria, sono stati arrestati per aver partecipato a una riunione privata oppure si sono visti negare il visto di rimpatrio per mesi o addirittura anni, in quanto ritenuti “connessi con agenzie missionarie straniere”. Vi sono stime tuttavia che parlano di una presenza di cristiani locali, naturalmente costretti a vivere la loro fede nel segreto.
A quanto pare, gli inglesi, che colonizzarono le Maldive nel XIX secolo, tradussero la Bibbia in lingua locale (il Dhivehi) e la resero disponibile sino al 1965, anno di indipendenza della Repubblica delle Maldive. Oggi, nessuno sa come, quelle Bibbie sono misteriosamente “sparite”. nel Paese la Bibbia o materiale religioso non islamico.

L'islam praticato alle Maldive ha caratteristiche particolari a causa del fatto di essere venuto a contatto sia con le antiche tradizioni locali che con i costumi e gli stili di vita dei molti turisti occidentali che visitano le isole. Le donne, ad esempio, nella capitale usano camminare anche senza velo, mentre nei villaggi, più isolati, le ragazze dopo la pubertà usano coprirsi su tutto il corpo ad eccezione del volto. Una revisione della costituzione del 2008 stabilisce che "un non-musulmano non può diventare cittadino delle Maldive" (Art. 9, Sez. D).
L’organizzazione evangelica “Porte Aperte”, che colloca le Maldive tra i paesi in cui è a maggior rischio la libertà religiosa, denuncia nel suo rapporto che le pressioni a scapito dei pochi e nascosti cristiani presenti alle Maldive vengono principalmente da due fonti: un governo ostile, che si presenta come un protettore dell’Islam, e dall’intera popolazione che controlla in prima persona che non vi siano “devianze” dall’Islam, eventualmente denunciandole senza esitazioni.

“Non si hanno notizie di incidenti o attacchi a danno dei cristiani – scrive Porte Aperte - ma d’altronde sarebbe molto difficile averne data la chiusura totale della società e del governo nei confronti di qualsiasi altra religione”.

 Si hanno notizie di conversioni a Cristo da parte di maldiviani, ma l’oppressione è reale e nessuno osa venire allo scoperto, perciò vivono la loro fede nella totale clandestinità. Riunioni di credenti non avvengono per paura di essere scoperti (o se avvengono è tale la segretezza con cui vengono realizzate, che non giungono notizie all’estero) e lo stesso dicasi per i meeting ai quali i maldiviani potrebbero partecipare andando all’estero (magari per studio o lavoro): difficile che vi partecipino per paura delle ritorsioni una volta tornati a casa.
L’apostasia (l’abbandono dell’Islam) è considerato reato secondo la sharia. Quando viene scoperto un credente nascosto, quindi un ex-musulmano convertito a Cristo, la pratica non prevede l’uccisione, ma la detenzione in prigioni o “centri di riabilitazione” dentro i quali il cristiano viene sottoposto a pressioni di vario genere per ritornare all’Islam. Nel caso in cui il cristiano non ceda, gli viene tolta la cittadinanza, più altre gravi conseguenze di natura sociale.

Alle Maldive vivono alcuni cristiani stranieri, ma in molti casi vivono separati dalla popolazione indigena. L’unica eccezione è Malé, dove gli stranieri e gli autoctoni convivono, ma esistono delle restrizioni imposte per salvaguardare la popolazione musulmana dal contatto con le influenze cristiane ed esterne. Per esempio, ai non musulmani stranieri non è permesso riunirsi in locali adibendoli a culto, realizzare riunioni di preghiera o rituali religiosi fuori dalle loro case. Di fatto queste restrizioni vengono rispettate perché la pressione sociale e l’atmosfera generale non induce di certo i credenti a rischiare. Alle Maldive non esiste un singolo luogo di culto che non sia musulmano. Teoricamente viene permessa l’importazione di letteratura cristiana, ma in realtà abbiamo riscontro di casi di confische. La vendita di oggetti o cartoline religiose è ristretta alle zone gestite da operatori del turismo internazionale.