Mahler, protagonista (cattolico) della musica tra due secoli
Gustav Mahler fu un compositore e direttore d’orchestra d’assoluto rilievo nell’epoca tardoromantica, divenendo un punto di riferimento nel periodo di transizione tra XIX e XX secolo. Di famiglia ebrea, a 37 anni si convertì al cattolicesimo. Per alcuni una conversione di comodo, per altri - moglie compresa - sincera. Ma una cosa è certa…
Lo storico francese Jacques Le Goff (1924-2014) ha fatto presente nel corso della sua riflessione sui danni delle periodizzazioni storiche che, in effetti, tutti questi nomi che noi usiamo per incasellare i periodi storici - barocco, rinascimento, illuminismo, etc. - sono certamente utili per orientarci ma non devono essere presi come oro colato. Questo è ancora più vero quando ci troviamo di fronte a periodi di transizione, dove non si capisce bene se quella luce è quello che resta della notte o è l’annuncio del giorno che viene.
Per la musica si può certamente anche applicare questa prudenza per quei compositori che segnano un transito, un momento di passaggio fra qualcosa e qualcos’altro. Viene da pensare a Gerolamo Frescobaldi (1583-1643) che si affaccia sul barocco dal suo terrazzo tardo rinascimentale e, ancora di più, all’austriaco Gustav Mahler (1860-1911) nell’anniversario dei 160 anni dalla nascita (7 luglio).
Mahler fu un compositore e direttore d’orchestra di assoluto rilievo nell’epoca tardoromantica. Proveniva da una famiglia di religione ebraica, anche se sembra che in giovane età ebbe esperienze del culto cattolico, cantando come corista nel coro di una chiesa, e che da queste esperienze fu affascinato. Echi di questo dovettero rimanere in lui anche per alcune composizioni della sua maturità. Non possiamo non menzionare le sue sinfonie, per esempio l’ottava, dove il compositore usa l’inno cattolico Veni Creator Spiritus.
In effetti, all’età di 37 anni Mahler si convertì al cattolicesimo. Su questa conversione ci sono pareri divergenti. Alcuni asseriscono che la conversione fu innescata dal ricevuto incarico di direttore dell’Imperial Regia Opera di Corte, il posto musicale più prestigioso nell’Impero austro-ungarico che non poteva essere dato a chi fosse di religione ebraica; quindi, secondo alcuni, la conversione fu di comodo. Altri non condividono questa opinione e invece ritengono che la conversione di Mahler al cattolicesimo, malgrado la forzatura che l’aveva innescata, fu sincera, come afferma il suo biografo Quirino Principe.
Quello che sappiamo è che Mahler fu uno di quegli anelli di congiunzione che si sono annodati fra il passato del romanticismo estenuato in cui veniva crescendo e un futuro fatto ancora dai dubbi sui destini della tonalità, dubbi che avranno risposte radicali e di netto rifiuto come quella di Arnold Schoenberg o saranno più sfumati con riutilizzazioni del tutto originali come nei casi di Claude Debussy e Maurice Ravel. Egli, il nostro Mahler, visse in un momento di passaggio importante e fu uno di protagonisti di questo passaggio.
Il compositore italiano Alfredo Casella (1883-1947), nelle sue memorie “I segreti della giara”, così ricorda il suo incontro con il compositore austriaco:
«Da anni mi ero acceso di un vivo entusiasmo per la personalità di Gustav Mahler, il quale era totalmente sconosciuto in Francia. Ne avevo studiato tutte le sinfonie e le possedevo praticamente a memoria. Un giorno di quell’aprile (1909), una amica viennese mi ebbe un appuntamento con Mahler, il quale era di passaggio da Parigi tornando da New York. Era un uomo assai piccolo, di un tipo viennese-boemo alquanto “schubertizzante”. Era nervosissimo e non stava un secondo tranquillo. Fu subito assai affettuoso con me, e quando vide che sapevo a memoria tanta musica sua, ne rimase sinceramente commosso. Ho conservato di lui una delle più nobili impressioni che mi abbia mai prodotto un musicista, e da quel giorno non ho cessato di venerarlo, anche se, coll’andare degli anni, la mia ammirazione per la sua musica ha subito qualche mutamento nel senso di una maggiore capacità a distinguere il bello dal brutto in quell’arte potente e geniale ma anche disuguale. Ho però molto imparato da quello studio, soprattutto in fatto di strumentazione, ove Mahler si trova in una posizione così diversa e tanto più vicina a noi di quella di R. Strauss, maestro che forse avevo troppo “digerito” nei primi tempi dei miei studi di orchestrazione».
Fu, come detto, autore di primaria importanza per quel cambio di linguaggio che poi avrebbe preso strade tra le più diverse e a volte incomprensibili. Alcuni lo definiscono agnostico, altri, tra cui la moglie, giurano sulla sincerità della sua conversione. Sia quel che sia, Mahler è uno dei nomi di riferimento per comprendere lo scivolare del XIX secolo nel XX. E, per quello che era nel suo cuore, può essere giudice soltanto l’Onnipotente, che legge i cuori e scruta le menti di tutti.
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