Maestosa e austera: i segreti di san Giovanni in Laterano
Scrigno indescrivibile, forziere di gioielli e diademi, è la basilica di San Giovanni in Laterano. Maestosa e, al contempo, austera. Prima, nel IV secolo, era stata dedicata solo a Lui, al Santissimo Salvatore. Poi, nei secoli seguenti, al Suo nome furono aggiunti quelli di Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, ai quali erano stati dedicati presso il Laterano degli oratori.
Scrigno indescrivibile, forziere di gioielli e diademi, è la basilica di San Giovanni in Laterano. Maestosa e, al contempo, austera. Già quel Cristo Salvatore, la cui immagine trionfale campeggia e svetta in alto, quasi a sfiorare il Paradiso, ci racconta molto, ci trasmette una storia millenaria scritta tra capitelli e arcate di navate.
Prima, nel IV secolo, era stata dedicata solo a Lui, al Santissimo Salvatore. Poi, nei secoli seguenti, al Suo nome furono aggiunti quelli di Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, ai quali erano stati dedicati presso il Laterano degli oratori. Ricca e splendida d’oro e di marmi, a imitazione del palazzo dei Cesari, la basilica fu chiamata “aurea”. Ed è vero: l’oro che tanto richiama la luce di santità, quella del Paradiso, è il colore che predomina in tutta la basilica romana. Sembra quasi che la luce del Cristo si rispecchi in ogni angolo della basilica.
I nomi degli artisti che l’hanno resa un vero museo sono davvero tanti. Cercare di fare un elenco, sarebbe impresa ardua. Cerchiamo, allora, di fare un piccolo viaggio in questo luogo, attraverso le maggiori opere d’arte custodite al suo interno. Prima di tutto partiamo dal transetto nord che ospita nella controfacciata l’enorme organo cinquecentesco di Luca Biagi decorato da Giovan Battista Montano. Nel transetto sud, invece, si erge l’altare maggiore, o del Santissimo Sacramento: ben visibile è il ciborio barocco con pietre preziose. Sopra il ciborio si trova una stanza quasi sconosciuta. In questa vi è racchiuso il reliquiario della tavola dell’Ultima Cena. È, infatti, presente un bassorilievo in oro splendente, opera di Ambrogio Buonvicino e di Orazio Censore. Sopra a questo si trova l’affresco raffigurante l’Ascensione, opera del Cavalier d’Arpino.
Il culmine della basilica è sicuramente l’altare maggiore. Splendido e alto, si presenta in tutta la sua magnificenza. Papa Leone XIII (1878-1903) fece restaurare l’antica abside della basilica, distruggendo quella con deambulatorio fatta erigere da Niccolò IV (1288-1292) alla fine del XIII secolo. L’abside dietro all’altare è un monumento di santi, così si potrebbe definire. L’enorme mosaico (raffigurante la Vergine Maria, che presenta il committente Niccolò IV inginocchiato, san Paolo, san Pietro, san Francesco d’Assisi, san Giovanni Battista, sant’Antonio di Padova, san Giovanni Evangelista e sant’Andrea) è prezioso per la sua carica teologica e per quella artistica. Dobbiamo a Jacopo Torriti e Jacopo da Camerino questo magnifico “fermo immagine” che rimane indelebile nella memoria di chiunque entri nella basilica. L’altare papale è di stile gotico. Al suo interno è custodito l’altare di legno sul quale la tradizione narra che celebrò lo stesso san Pietro.
Le navate laterali sono espressione dell’arte architettonica del Borromini che riuscì ad elaborare una perfetta fusione tra monumenti funerari e l’alternarsi delle cappelle. Nella navata destra, un frammento di un affresco trecentesco, attribuito da alcuni a Giotto, proviene dall’arredamento dell’antica Loggia delle Benedizioni. Rappresenta papa Bonifacio VIII durante l’Anno Santo del 1300. Sempre nella navata di destra, sono presenti: la Cappella Massimo, la Cappella Torlonia e la Cappella Casati con le tombe del cardinale lombardo Conte Casati (morto a Roma nel 1287), e del suo discendente don Agostino Casati (1739-1820).
Nella navata sinistra, una copia del gisant di Riccardo degli Annibaldi fu fatta da Arnolfo di Cambio nel 1276. In questa navata, la cappella Corsini ospita un’antica urna di porfido dal Pantheon, con le tombe di papa Clemente XII e altri membri della sua famiglia. Le decorazioni in stucco sono dello scultore Simone Martinez di Messina e di suo figlio Francesco. La Pietà in marmo collocata in questa cappella è opera di Antonio Montauti (1733).
Tutta questa ricchezza d’arte e di spiritualità si trova sotto un “cielo architettonico” che ha sapore di Paradiso: è il soffitto a cassettoni disegnato da Pirro Ligorio e ornato da Daniele da Volterra. Ma c’è un tesoro nascosto in questo contesto così ricco di nomi importanti del panorama pittorico e scultoreo italiano: è il famoso Chiostro Lateranense, costruito tra il 1215 e il 1232 dal Vassalletto. È uno dei più alti capolavori dell’architettura cosmatesca, un vero e proprio tesoro di eleganza e semplicità. Al centro del cortile interno tenuto a giardino si trova il Pozzo della Samaritana risalente al IX secolo.
San Giovanni in Laterano rappresenta anche il locus storico di date che hanno segnato il cammino della Chiesa, della Storia stessa. Vi fu battezzato Carlo Magno nella Pasqua del 774; nel 1209, Innocenzo III incontrò Francesco d’Assisi, venuto a Roma per chiedere l’approvazione della regola francescana; vi hanno soggiornato tutti i papi per circa mille anni fino alla Cattività avignonese (1309-1376/77). Quelle immagini, quelle navate, quegli altari sono stati testimoni silenti di tutto ciò. E, ancora oggi, nel silenzio della preghiera che si ascolta entrandoci, è possibile sentire ancora la memoria di una Chiesa che ha fatto dell’Arte - nel corso dei secoli - uno dei più importanti strumenti di dialogo con la società, con il popolo di Dio.