Madre-avvocato alla gogna per “omofobia”. Interrogazione
Nuovo capitolo nella vicenda della madre-avvocato messa alla berlina per aver espresso un pensiero critico su Ddl Zan ed educazione dei bambini da parte di gay dichiarati. Il senatore Pillon ha presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia per chiedere se sia legittimo il pubblico discredito gettato sulla collega dalla presidente dell’Ordine degli avvocati di Mantova
Ci sono novità sul caso dell’avvocato e madre di famiglia messa alla gogna (clicca qui) dopo aver detto sui social network che chi si ritrae in atteggiamenti inappropriati, sia che si tratti di una coppia omosessuale sia uomo-donna, non dovrebbe svolgere professioni a contatto con l’infanzia. Il caso era sorto, lo ricordiamo, dopo che la donna aveva partecipato l’11 luglio a Mantova a una manifestazione nell’ambito di Restiamo Liberi, l’iniziativa che ha coinvolto fin qui più di cento piazze per protestare contro i contenuti ammazza-libertà del Ddl Zan sulla cosiddetta “omotransfobia”.
Era stata quindi contattata in privato su Instagram da un giovane - a lei sconosciuto e presto bloccato - con tendenze omosessuali, che si era detto «educatore» pur non risultando in possesso del relativo titolo di laurea. Da lì i giorni da incubo. Oltre a ricevere insulti e intimidazioni da attivisti Lgbt, che le hanno ormai affibbiato il marchio di “omofoba”, la professionista è stata pubblicamente screditata dalla presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Mantova, Maria Chiara Messora, e dalla presidente del Comitato Pari Opportunità dello stesso Ordine provinciale, Beatrice Biancardi (clicca qui).
Il 6 agosto - alla luce dei fatti qui richiamati in breve - il senatore Simone Pillon ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, al termine della quale «si chiede di sapere se sia legittimo che un presidente di un ordine professionale si esprima sulla stampa e pubblicamente contro una collega, oltretutto a nome di tutti gli iscritti, non preventivamente interpellati, tentando così di arrogarsi il diritto di uniformare al pensiero di pochi l’intera categoria forense e senza che siano state accertate responsabilità disciplinari».
Nella sua interrogazione, Pillon ha riportato un altro fatto avvenuto nel frattempo e cioè che «è stata resa pubblica sui social network una lettera a firma del presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati di Mantova, in cui quest’ultimo, dichiarandosi portavoce di tutti gli iscritti all’ordine, esprimeva disappunto, disapprovazione e desolazione per la “collega omofoba”, tacciandola anche di incapacità professionale e rendendone pubblico nome e cognome». La suddetta missiva era rivolta all’avvocato del foro di Milano Davide Steccanella, gay dichiarato (e già legale di Cesare Battisti), che era intanto intervenuto nella vicenda scrivendo una lettera aperta sulla Gazzetta di Mantova, in cui criticava le parole della madre-avvocato. È stato Steccanella a pubblicare la lettera di Messora sul proprio profilo Facebook, salvo poi rimuoverla.
La squadra legale della donna, che teme per sé e la propria famiglia, non sta rimanendo a guardare. L’avvocato Loredana Ganzerla ha infatti indirizzato una lettera all’intero Consiglio dell’Ordine di Mantova - a cui è iscritta da oltre 45 anni - per difendere la sua assistita dall’inaudito attacco fin qui subìto e dire di non sentirsi in alcun modo rappresentata dalle dichiarazioni pubbliche di Maria Chiara Messora e Beatrice Biancardi.
Nel suo atto di diffida, divulgato in sintesi dalla Voce di Mantova del 31 luglio, Ganzerla lamenta la violazione delle procedure di garanzia tipiche di un ordine professionale e chiede a Messora e Biancardi di dimettersi per aver «violato tutte le normative, i regolamenti e i codici comportamentali vigenti in ordine ai diritti degli iscritti ed essersi espresse con disprezzo, invocando l’altrui riprovazione, su ideologie, coscienza, religione degli avvocati, violandone il principio di libertà da loro medesime richiamato, la privacy, la pari opportunità, abusando del loro potere per meri fini politici e personali». Ganzerla ha aggiunto che, qualora non dovessero arrivare le dimissioni richieste, chiederà «lo scioglimento e il commissariamento del Coa di Mantova in quanto non più in grado di rappresentare i propri iscritti e sussistendo gravi motivi di rilevante interesse pubblico».
Come andrà a finire? Impossibile dirlo. Quel che si può dire con certezza è che nel nostro Paese sta diventando via via più difficile esprimere un pensiero critico su omosessualità, transessualità e relativa agenda politica. Le ricadute di questo clima culturale pesano sulla libertà di tutti e, primariamente, sui bambini e la loro innocenza. E questo sta avvenendo mentre le misure liberticide del Ddl Zan sono ancora sulla carta. Figuriamoci cosa succederà se diventeranno legge.