Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IL LIBRO

Lutero e il bigamo benedetto

Se il sacerdozio non è un sacramento, se il matrimonio non è un Sacramento, ne consegue che parlare di indissolubilità matrimoniale è un non senso. Quando Lutero benedisse le seconde nozze dell'imperatore. Un libro di Angela Pellicciari. 

Ecclesia 31_10_2017

Per gentile concessione dell'autore e dell'editore, pubblichiamo un capitolo del libro Lutero, il lato oscuro di un rivoluzionario, scritto da Angela Pellicciari, storica e collaboratrice della Nuova BQ che verrà venduto questa mattina in edicola con Il Giornale

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Se il sacerdozio non è un sacramento, se i voti perpetui non sono leciti perché il cristiano è sempre libero, se il matrimonio non è un Sacramento, ne consegue che parlare di indissolubilità matrimoniale è un non senso. E infatti Lutero in alcuni casi (l’abbandono intenzionale, una grave malattia o la lontananza a motivo della guerra) ammette la celebrazione di un secondo matrimonio.
Il “Mosè tedesco” ritiene che il matrimonio sia un qualcosa di esterno e terreno, proprio come il vestirsi o il nutrirsi, e che come tale cada sotto la giurisdizione del potere temporale: “Il matrimonio e lo stato matrimoniale sono un affare terreno, non spetta ai preti o ai ministri della chiesa darci alcuna disposizione o dirigerci in questa faccenda”. E’ tuttavia lecito che gli sposi chiedano una benedizione che viene loro impartita all’altare mentre le nozze sono celebrate all’esterno dell’edificio ecclesiastico.ù

Come si vede la posizione luterana oscilla fra concezioni diverse ed antitetiche, mentre la posizione del Nuovo Testamento al riguardo è chiarissima: il matrimonio è un sacramento indissolubile, come eterno e indissolubile è l’amore di Cristo per la sua chiesa: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa”, scrive Paolo agli Efesini.

Rifiutando le scelte fatte per sempre, Lutero apre la strada a quel relativismo affettivo-sentimentale che rende l’uomo schiavo della volubilità delle passioni. Il caso limite è quello del langravio Filippo d’Assia, luterano della prima ora, definito da Lutero il “nuovo Arminio”. Sposato nel 1523 con Cristina di Sassonia da cui ha sette figli, vizioso e lussurioso, vuole sposare, consenziente la moglie, la diciassettenne damigella di corte Margherita di Saale. Il 9 dicembre 1539 Filippo scrive a Lutero e a Melantone perché consentano alle nozze e permettano un secondo, pubblico, matrimonio: non hanno forse già approvato l’eventuale bigamia di Enrico VIII di Inghilterra?

In caso contrario Filippo fa balenare l’ipotesi di essere pronto a cambiare fronte e passare dalla parte dell’imperatore e del papa.
Tempo un giorno e i due riformatori rispondono: non si può fare nulla di pubblico per lo scandalo che ne deriverebbe. Se però il langravio insiste, può essere data una dispensa perché il “matrimonio supplementare” non ha nulla contro la legge di Dio, può essere determinato da una “necessità di coscienza”, e “l’uomo può col consiglio del suo pastore, prendersi ancora un’altra donna”. A patto che il consiglio resti segreto. Si tratta infatti di un “parere di confessione” che viene dato facendo affidamento sulla sua riservatezza.

Il 4 marzo 1540 Filippo e Margherita si sposano, presente Melantone, ma la cosa non rimane segreta. Si dà il caso che nel 1540 fossero in vigore le leggi Caroline approvate nel 1532 che condannavano i bigami alla morte per decapitazione. La questione è seria. Cosa fa Lutero? Consiglia di negare tutto e di raccontare una bugia: non c’è stato nessun secondo matrimonio, la presunta seconda moglie è solo una concubina. Ecco cosa scrive il 17 luglio 1540: “Dire una bugia necessaria, utile e che ti aiuta, non è andare contro Dio, che anzi se la piglia volentieri sopra di sé”. Lutero trasforma la menzogna in virtù: “Essa è una virtù se mira al raggiungimento di un fine che resista alla malizia del diavolo, e salvi l’onore, la vita, il vantaggio del prossimo”.

La vicenda del langravio bigamo, luterano fervente, arresta la penetrazione della riforma in Germania perché, a parte lo scandalo, Filippo d’Assia è costretto a riavvicinarsi a Carlo V.

Forse non è inutile ricordare come la posizione di Gesù sul matrimonio sia inequivocabile: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio”. Lutero invoca la Sola Scrittura e la purezza del vangelo, ma dimentica vangelo e Scrittura. Cantore della libertà, pur di non censurare il comportamento dissoluto di un importante protettore, ritorna alla legge mosaica ed approva la bigamia. Sostiene di averlo fatto con un “consiglio di confessione” ma, non essendo la confessione un sacramento in senso proprio, non si capisce in cosa mai consista un simile consiglio. Come se non bastasse, per scusare la propria condotta, santifica la bugia: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”, comanda Gesù.