L'unico nemico dell'islamismo è l'Occidente cristiano
La Francia è al centro di una violenta campagna di odio. Anche le fonti più autorevoli come il grande imam al Tayeb e l'ayatollah Khamenei condannano Macron più del terrorismo. Perché non ci sono reazioni altrettanto corali per quei Paesi che perseguitano realmente i musulmani?
Dopo l’attentato a Samuel Paty, il docente di storia decapitato il 16 ottobre da un musulmano come punizione per aver mostrato le vignette su Maometto della rivista Charlie Hebdo durante una lezione sulla libertà di espressione, in Francia sono state arrestate 11 persone tra le quali un noto islamista radicale salafita, Abdelhakim Sefrioui, autore della “fatwa” che lo ha condannato a morte. Il ministro dell’interno, Gerard Darmanin, ha chiesto al prefetto di Seine-Saint Denis di chiudere la moschea di Pantin, che si trova vicino alla scuola, perché sulla sua pagina FB è stato pubblicato un video in cui si denunciava l’insegnante e si chiedeva che qualcuno lo “intimidisse”, precisando l’indirizzo della scuola. 51 centri islamici sono stati messi sotto controllo per verificare se sono “diffusori di odio” e “nemici della Repubblica”.
Il mondo musulmano ha reagito con protervia. In molti paesi sono state organizzate manifestazioni di protesta. Il 26 ottobre in Bangladesh hanno sfilato migliaia di dimostranti che brandivano manifesti con la fotografia del presidente francese e la scritta: “Macron è il nemico della pace”. In Somalia il 28 ottobre la capitale Mogadiscio e molte altre città sono state bloccate da cortei contro chi “difende le vignette sul Profeta Maometto”. I partecipanti, che hanno risposto all’appello “ai fedeli di manifestare la loro rabbia contro la Francia”, hanno cantato slogan ostili e bruciato fotografie del presidente Macron.
La posizione dell’università islamica egiziana di Al Azhar, il principale centro di formazione del mondo islamico sunnita, è stata espressa il 20 ottobre dal grande imam Ahmed al-Tayeb. L’autorevolissimo sceicco ha condannato l’ “odioso atto criminale”, ha detto che il “terrorista che lo ha compiuto non rappresenta la religione di Maometto”, ma ha dichiarato che insultare le religioni in nome della libertà di espressione rappresenta un “appello all’odio” e ha accusato di razzismo il presidente francese Emmanuel Macron per aver denunciato il “separatismo islamista”. Altrettanto dura è stata la reazione dell’islam sciita. Il 28 ottobre l’ayatollah Ali Khamenei, leader supremo iraniano, ha accusato Macron di aver insultato l’islam e il Profeta Maometto. “Domandatevi perché il vostro presidente ha insultato il messaggero di Dio in nome della libertà di religione – ha detto rivolgendosi ai giovani francesi – il suo stupido atto è un insulto alla ragione delle persone che lo hanno eletto”. Una delle reazioni più arroganti è quella del presidente turco Recep Tayyip Erdogan che il 24 ottobre ha insultato il presidente francese mettendone in dubbio la salute mentale e ha lanciato un appello a boicottare i prodotti francesi, appello che è stato accolto da Qatar e Kuwait. Erdogan è arrivato a dire che “contro i musulmani d’Europa è in corso una campagna di linciaggio simile a quella condotta contro gli ebrei europei prima della Seconda guerra mondiale”.
L’affermazione che in Europa i musulmani sono perseguitati, addirittura quanto gli ebrei, inutile dirlo, è falsa, le accuse di razzismo e istigazione all’odio rivolte a un governo che si è limitato ad adottare delle misure legali, doverose, per tutelare l’ordine pubblico lasciano senza parole, sono fuori luogo, prive di fondamento, pretestuose: queste sì intese a instillare odio nei confronti dell’Europa e dell’Occidente, a diffondere pregiudizi, che hanno dato subito i loro frutti con gli attentati del 29 ottobre a Nizza, Avignone e Gedda. In definitiva, al di là delle parole di circostanza, danno ragione ai musulmani jihadisti che chiamano “Dar al-harb”, casa della guerra, i territori abitati dagli infedeli, seguendo il Corano di “Medina”, come Ayan Hirsi Ali chiama le parti del Corano che ordinano il jihad, la guerra santa.
Ma non tutte le “case della guerra” meritano il jihad allo stesso modo. Per qualche vignetta irriverente e per qualche operazione di polizia, in Europa, l’islam reagisce con insolenza e arroganza, mentre altrove sopporta ben altro.
In Cina i musulmani Uiguri, la minoranza turcofona che vive prevalentemente nello Xinjiang, sono perseguitati, discriminati. Oltre un milione di essi, arrestati anche solo per il fatto di possedere un Corano o di non mangiare carne di maiale, sono rinchiusi in centinaia di campi di “rieducazione” dove subiscono torture, abusi e, nel caso delle donne, sterilizzazioni forzate.
In India i circa 200 milioni di musulmani del paese sono sistematicamente discriminati, vittime di pregiudizi e violenze sotto l’influenza crescente degli estremisti indù. La situazione per le comunità musulmane è peggiorata a partire dal 2014, da quando cioè il governo è guidato dal partito nazionalista Bjp del primo ministro Narendra Modi.
La persecuzione dei musulmani di etnia Rohingya in Myanmar è all’origine di una delle emergenze umanitarie più gravi del momento. Dal 2017 più di 700mila Rohingya sono rifugiati in Bangladesh dove vivono in condizioni critiche in un complesso di campi sovraffollati. Quelli rimasti in patria non se la passano meglio. Un rapporto Onu nel 2018 ha accusato il Myanmar di uccisioni di massa al limite del genocidio.
In tutti questi casi e in altri la reazione del mondo islamico se mai c’è stata non è neanche lontanamente paragonabile a quella attuale, contro la Francia e l’Europa.