L'umiltà della sua Serva
Nessuno di noi ha dimenticato le immagini del primo incontro tra Benedetto XVI e papa Francesco. Di quei due vecchi, entrambi vestiti di bianco, che si stringono con rispetto e affetto fraterno le mani davanti all'immagine della Madonna dell'Umiltà.
È passata qualche settimana, è vero. Eppure credo che nessuno di noi abbia dimenticato le immagini del primo incontro tra Benedetto XVI e papa Francesco. Di quei due vecchi, entrambi vestiti di bianco, l’uno logorato dagli anni, ma anche da un servizio dato senza risparmio alla Chiesa, l’altro appena giunto al soglio pontificio, ma pronto a portare a sua volta il peso del ministero petrino, che si stringono con rispetto e affetto fraterno le mani nella cappella della residenza di Castelgandolfo.
Certamente belle e commoventi, direte voi. Ma perché parlarne qui, vi chiederete. Perché il tutto è avvenuto – ricordate? – di fronte a una immagine e precisamente quella della Madonna della Umiltà che papa Bergoglio aveva recato in dono al papa emerito e che appunto in quell’istante, nella cappella, gli stava consegnando. E questo, devo dire, mi è parso non solo un gesto bello, ma anche altamente significativo sul quale riflettere.
Partiamo anzitutto da colei che in quell’immagine è raffigurata, cioè Maria. E proviamo per qualche istante a metterci nei panni di quella ragazzina di circa quattordici anni che, pur condividendo l’attesa millenaria del Messia, che aveva percorso la storia del suo popolo, vede tuttavia convergere proprio su di lei la promessa divina.
Un evento, ci sembra, a dir poco sconvolgente. Impossibile da affrontare serenamente se non accettato e vissuto in un’unica chiave: quella di un’umiltà che non misura le proprie capacità e forze, ma che si abbandona totalmente al piano divino.
E a dimostrarci che così è stato da parte di Maria, e che la sua umiltà è stato proprio il passaggio decisivo e fondamentale, non fa fede solo la risposta pronta e immediata data all’angelo che le annunciava l’evento straordinario che, al seguito di un suo sì, si sarebbe compiuto. Ma anche, e solo qualche tempo dopo, a conferma della sua raggiunta e totale consapevolezza, quel canto che le sgorgherà dal cuore alla presenza della cugina Elisabetta. Quel “Magnificat” che passerà appunto alla storia proprio come l’inno di chi, davvero umile, sa riconoscere la grandezza di Dio e insieme il suo modo di operare nella storia.
Maria non sottace e non minimizza ciò che è accaduto in lei. Al contrario, è realista e sincera e per questo proclama al mondo quello che le è capitato: un evento davvero straordinario – grandi cose – che percorrerà tutta la storia. Ma al contempo riconosce che c’è stata una condizione che ha reso possibile tutto ciò: quell’umiltà che ha attirato lo sguardo di Dio, quel Dio che depone i potenti dai loro troni umani, ma innalza fino ai troni divini coloro che lo sanno riconoscere e con semplicità si affidano alla sua potenza e al suo amore misericordioso.
Ma anche il compito dei papi, di ogni papa non è certo facile. Rappresentare Gesù. Essere, per dirla con santa Caterina da Siena, "il dolce Cristo in terra". Assumersi la responsabilità di rendere al massimo grado operativa quella redenzione avvenuta duemila anni fa, affinché essa raggiunga gli uomini di ogni tempo.
Reggere l’unità della Chiesa e della fede, ma insieme essere aperti alle istanze del mondo. Saperle ascoltare e interpretare anche quando si presentano chiassose, disturbatrici, arroganti capendo tuttavia che esse nascondono sempre un bisogno – tanto più forte quanto più inespresso – di Dio. Un compito davvero pesante, se non impossibile per spalle umane. Capace di distruggere la pace e il sonno di chi non vi si abbandoni con lo stesso atteggiamento di Maria cioè con estrema, totale umiltà.
Ecco perché ho trovato commovente quella sorta di scambio di consegne tra Benedetto XVI e papa Francesco davanti a quell’immagine mariana così significativa. Commovente e pieno di speranza non solo per quei due uomini, chiamati a succedersi in un ruolo di tanta responsabilità. Ma anche per noi che possiamo così capire una volta di più come lo Spirito operi davvero nella sua Chiesa, affidandoci a pastori saggi e amorevoli perché davvero umili. Gente che conta su Dio e non su se stessa.