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IL CASO GERMANIA

L'ultima follia dei nuovi diritti: la libertà di incesto

Dopo le unioni omosessuali, ecco apparire anche in Europa lo spettro della legalizzazione dell'incesto. Così si è già espresso il Comitato etico tedesco che ha invitato il governo a modificare il codice penale laddove prevede sanzioni per consanguinei che hanno rapporti sessuali tra loro.

Esteri 24_10_2014
La Germania vuole legalizzare l'incesto

Sulla famiglia naturale, è ormai cronaca quotidiana, si addensano nubi minacciose. La ferita maggiormente preoccupante, allo stato attuale delle cose, è nei continui tentativi, già andati a buon fine in alcuni Paesi, di approvare con diverse modalità le unioni omosessuali. Non bisogna dimenticare, però, che del cupo scenar, eccio fa parte anche un altro elemento che si potrà rivelare determinante per liquefare il concetto di famiglia: l’incesto. A questo proposito, va ricordato quanto affermato da Jean Paul Sartre: «Quanto alla famiglia, scomparirà soltanto quando avremo cominciato a sbarazzarci del tabù dell’incesto; la libertà deve essere pagata a questo prezzo».

La Germania pare non voler attardarsi su questa strada. Il Comitato etico tedesco si è espresso, infatti, a favore della depenalizzazione dell’incesto. Con una raccomandazione resa pubblica a fine settembre, l’organo governativo composto da membri di diversa estrazione professionale e culturale, ha invitato le autorità competenti a modificare il codice penale laddove prevede sanzioni per consanguinei che hanno rapporti sessuali tra loro. Un fatto assai preoccupante, considerando che tra gli scopi del Comitato c’è proprio quello di elaborare pareri e raccomandazioni per azioni politiche e legislative. In particolare, la maggioranza dei membri ha considerato non più punibile una relazione sessuale tra fratelli adulti consenzienti. Sono stati nove gli elementi che hanno voluto registrare il proprio parere contrario in calce alle 91 pagine di cui si compone il documento del Comitato. 

La raccomandazione è arrivata in seguito ad un caso risalente al 2008, con strascichi legali protrattisi fino al 2012, riguardante Patrick Stuebing e sua sorella Susan, che dalla loro relazione hanno avuto quattro figli, di cui tre gravemente malati e sottratti ai genitori. Con un regolare processo i due furono condannati: per Susan fu stabilito l’affidamento a un tutore, poiché la ragazza era minorenne all’epoca dell’inizio della relazione e fu riconosciuta affetta da disordine della personalità, mentre Patrick fu incarcerato. La parola fine arrivò nel settembre del 2012, quando la quinta sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo si espresse sul ricorso di Stuebing contro il governo tedesco. Secondo l’uomo, con la condanna, la Germania avrebbe violato il suo diritto alla vita privata e familiare, così come codificato dall’articolo 8 della Convenzione per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Teoria rigettata dalla Corte, appellatasi al comma 2 del suddetto articolo, che stabilisce che il diritto alla vita privata e familiare non deve interferire con la legge, la sicurezza nazionale, il benessere economico della nazione, la prevenzione del crimine e la protezione della salute e della morale. Secondo la Corte, quindi, la condanna di Stuebing risponde ad una «pressante esigenza sociale», stanti anche i contenuti del codice penale tedesco. 

Il Comitato etico ha quindi individuato nella modifica della legislazione tedesca il grimaldello per annullare l’effetto del processo e della decisione presa a livello europeo. Ma a che pro? La risposta, non troppo difficile da immaginare, è contenuta tra le righe del documento prodotto dal Comitato. Vi si può leggere, infatti: «Il diritto penale, […] strumento di intervento dello Stato negli ambiti giuridici fondamentali della libertà, non deve essere utilizzato per proteggere astrazioni puramente simboliche come la costituzione legale della famiglia […]». Si tratta, in buona sostanza, dell’ennesimo colpo inferto alla famiglia come struttura naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Un concetto astratto e che, in quanto tale, non merita alcuna definizione univoca e neppure il riconoscimento di valore.

Legalizzazione dell’incesto e distruzione del concetto di famiglia sono quindi due facce della stessa medaglia. Se si considera la famiglia una struttura convenzionale arcaica e astratta, aprendo alla sua dissoluzione, ogni tipo di relazione non ha motivo di essere vietata. Analogamente, se una relazione incestuosa consensuale viene considerata meritevole di tutela giuridica (il che presuppone un giudizio di valore), ecco che l’unica famiglia, quella naturale, non esiste più. Una piccola speranza viene fornita da Elisabeth Winkelmeier-Becker, portavoce della Cdu di Angela Merkel, che ha affermato che è assai improbabile che il governo adotti provvedimenti in linea con i suggerimenti del Comitato. 

Quello della Germania è solo l’ennesimo caso recente riguardante il tentativo di sdoganare l’incesto. Lo scorso luglio, un giudice australiano, in merito al caso di un uomo che abusava sessualmente della sorella, affermò che incesto e pedofilia non dovrebbero essere considerati come comportamenti innaturali (clicca qui). Non va dimenticato, infine, che anche in Italia, pur senza nominare esplicitamente l’incesto, si sono fatti dei passi avanti verso una possibile revisione del Codice Penale, che all’articolo 564 condanna gli atti incestuosi prevedendo pene fino a otto anni di reclusione. A fine 2012, con la legge 219, è stata infatti annullata la differenza tra figli legittimi e figli naturali, provvedimento poi confermato dal decreto legge varato dal governo Letta nel luglio 2013. Se i figli nati fuori dal matrimonio – ad esempio quelli nati da incesto – sono equiparati agli altri, non ci si deve meravigliare se all’orizzonte si può intravedere un aggiornamento in senso permissivo per quanto riguarda le suddette norme, dal momento che di fatto si è legittimato il frutto di tale comportamento (si veda a tal proposito l’articolo di Mario Palmaro “Incesto legale, ultima frontiera” su Il Timone, Gennaio 2013). Anche nel caso italiano, il vero bersaglio era la famiglia fondata sul matrimonio tra maschio e femmina (clicca qui) assediata oggi dalla feroce campagna culturale delle associazioni Lgbt, ma messa a repentaglio anche da iniziative come quella del Comitato etico tedesco, da non sottovalutare per efficacia e pericolosità.