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BRASILE

Lula fa condannare Jair Bolsonaro. I metodi autoritari della sinistra

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Una condanna politica quella comminata a Jair Bolsonaro, l'ex presidente brasiliano di destra: 27 anni per tentato golpe, nonostante un giudice supremo abbia già dichiarato che non vi fossero le basi giuridiche per una condanna.

Esteri 12_09_2025
Jair Bolsonaro (La Presse)

Alla fine Lula da Silva ce l’ha fatta, con la complicità del suo ‘torquemada’ Alexandre de Moraes hanno concluso il lavoro sporco, eliminato il miglior candidato dei conservatori per le prossime elezioni e rafforzato, in un sol colpo, il carattere illiberale e oppressivo del socialismo brasiliano. La maggioranza dei giudici della Corte Suprema, per lo più partigiani dello stesso Lula da Silva, si è espressa per la condanna di Jair Bolsonaro a 27 anni di reclusione, nel tentativo di tagliare le gambe ad una qualunque opposizione democratica e conservatrice nel paese. Stupore e proteste dagli Usa, Trump e Rubio in testa, non si sono fatte attendere.

Nei giorni scorsi, 9 settembre, senza alcuna sorpresa, erano stati altri due giudici, Alexandre de Moraes e Flávio Dino (quest’ultimo è stato nel 2021 nominato Ministro della Giustizia dal Presidente Lula e successivamente giudice della Corte Suprema), ad aver votato per la condanna per tutti i capi d'accusa contro Bolsonaro e sette coimputati, tra cui ex ministri e comandanti militari. 

Mercoledì 10 settembre sembrava che la giustizia potesse trionfare in Brasile, ma non è stato così, Jair Bolsonaro è stato condannato per esser l’unico leader conservatore che al momento può mettere in dubbio la rielezione di Lula e riportare nel paese una corretta separazione dei poteri dello Stato, oltre che la libertà. Mercoledì il giudice della Corte Suprema Luiz Fux aveva dichiarato che la corte suprema del Brasile non ha giurisdizione per giudicare l'ex presidente Jair Bolsonaro nel caso di cospirazione golpista, perché i giudici non sono tenuti a valutazione politiche. Tra l’altro, il giudice aveva rilevato correttamente ed in ottemperanza del basilare principio liberale di non retroattività delle norme, che le disposizioni penali che consentono agli ex funzionari di essere processati presso la Corte Suprema, sono state introdotte solo dopo che i presunti reati si sono verificati. Jair Bolsonaro, doveva rispondere di cinque capi d'accusa che avrebbero potuto comportare più di quarant'anni di carcere. Gli inquirenti lo accusavano di aver complottato contro il presidente Luiz Inácio Lula da Silva e attaccato il sistema di voto elettronico del Brasile prima delle rivolte dell'8 gennaio 2023.

Giovedì, 11 settembre è stata la volta del voto decisivo di Carmen Lucia, nominata alla Corte da Lula nel 2006 e attuale Presidente della Corte Suprema, per condannare Bolsonaro per tentato colpo di Stato, riferendosi ai precedenti tentativi di rovesciare la democrazia nella storia del Paese, secondo il quale c'erano «ampie prove che Bolsonaro aveva agito con lo scopo di erodere la democrazia e le istituzioni». Per la maggioranza dei giudici l'ex presidente ha commesso cinque reati: partecipazione a un'organizzazione criminale armata, tentativo di abolire la democrazia con la violenza, organizzazione di un colpo di Stato e danneggiamento di proprietà governative e beni culturali protetti. 

Il voto di Fux per l’innocenza di Bolsonaro, potrebbe aprire la strada a una serie di ulteriori contestazioni della sentenza, potenzialmente avvicinando la conclusione del processo alla vigilia delle elezioni presidenziali del 2026, in cui Bolsonaro ha ripetutamente affermato di voler essere un candidato, nonostante al momento gli sia stato impedito di candidarsi. 

I leader dei partiti centristi e di opposizione stanno intanto lavorando alacremente al Congresso di Brasilia per l’approvazione di un ampio progetto di amnistia, che riguarderebbe tutti i coinvolti nel presunto colpo di Stato, compreso lo stesso Bolsonaro.  «La storia ha già dimostrato che l'amnistia e il perdono sono i migliori rimedi per pacificare il Paese», ha affermato il governatore di San Paolo Tarcisio de Freitas, uno dei sostenitori del movimento per l'amnistia, leader dei conservatori e possibile candidato unitario contro l’uscente Lula alle prossime elezioni del 2026.