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ORA DI DOTTRINA / 45 - LA TRASCRIZIONE

L'ottavo giorno - Il testo del Video

La domenica non è la semplice trasposizione del giorno del sabato, che distingue i cristiani, rispetto agli ebrei. Il punto è che lo Shabbat non riesce a contenere l'irruzione di un'altra vita, di un altro mondo, che non è segnato dal tempo e che viene ed irrompe dall'aldilà. il ritmo del tempo (6+1) non è abolito, ma si introduce l'Ottavo Giorno.

Catechismo 13_11_2022

In questa nuova puntata proseguiamo il nostro percorso sul terzo comandamento, sulla santificazione della festa. E vediamo il passaggio dallo Shabbat, il sabato, il settimo giorno, alla Domenica (dies Dominica).

Non dobbiamo pensare che LA DOMENICA sia una semplice trasposizione del giorno del sabato, che distingue i cristiani, rispetto agli ebrei.

Come sempre accade, nel rapporto tra Antico e Nuovo Testamento, l'Antico Testamento non viene abolito, ma viene assorbito in un senso di compimento. Più precisamente: essendo i misteri di Cristo la realizzazione di quanto ha anticipato e ha preparato l'Antico Testamento, in questo senso alcune prescrizioni della legge ebraica vengono abolite, non sono più necessarie. Lo dice chiaramente san Paolo. Però per abolizione, non si intende un rifiuto di qualcosa che è sbagliato, ma il fatto che la preparazione cede il passo alla realtà. Tutto ciò che Dio ha ordinato al popolo di Israele è stato fatto in preparazione di Cristo, come anticipazione e preannuncio.

Per il Sabato avviene esattamente così. Nei primissimi tempi i cristiani continuavano a frequentare il tempio ed osservare il sabato; ma con il progredire della religione cristiana ci si accorge che evidentemente lo Shabbat in quanto tale, come prescrizione della legge ebraica, non aveva più senso in se stesso.

Cosa era avvenuto di particolare?

Il primo giorno dopo lo Shabbat è avvenuta la Resurrezione di Cristo. Non dobbiamo pensare che la Risurrezione sia stato come un "semplice" ridare la vita ad un cadavere, come era stato per la resurrezione del figlio della vedova di Nain o per la risurrezione di Lazzaro. Essi hanno riavuto questa vita, tanto è vero che sia il primo che il secondo sono poi morti.

Con la Risurrezione di Cristo abbiamo un'altra cosa. Abbiamo l'altra vita, abbiamo l'eternità che entra in questa vita; con la Risurrezione ha fatto una breccia che ha schiuso il ciclo temporale, segnato dal ritmo 6+1, e l'ha aperto a quello che ben presto i cristiani chiameranno l'ottavo giorno.

Sant'Ignazio d'Antiochia, un autore del primo secolo, vicinissimo alla vita stessa del Signore, scriveva così:

"Quelli che vivevano secondo il vecchio ordine (veterotestamentario), sono giunti alla nuova speranza e non osservano più il sabato, ma la domenica, giorno in cui la nostra vita è risorta in virtù di Cristo e della sua morte" (Magn. IX, 1).

La domenica è il giorno della risurrezione della vita: è risorto Cristo e noi siamo risorti in Cristo. La Risurrezione di Cristo è una nuova dimensione, qualcosa che esce del ritmo del 6+1, che è lo schema che caratterizza il tempo creato.

La Risurrezione di Cristo provoca qualcosa per cui lo Shabbat non è più sufficiente. Il passaggio dal sabato alla domenica, non è solo una questione storica, ma è l'idea che lo Shabbat non riesce a contenere l'irruzione di un'altra vita, di un altro mondo, che non è segnato dal tempo e che viene ed irrompe dall'aldilà.

Chiaramente il ritmo del tempo (6+1) non è abolito, ma si introduce qualcosa: L'OTTAVO GIORNO.

C'è un passo di san Basilio, tratto dalla sua opera sullo Spirito Santo, che è densissimo di significato, di idee, di termini atti a spiegare quello che abbiamo detto sino ad ora.

"Noi preghiamo in piedi, il primo giorno dopo il sabato, ma non tutti ne sappiamo la ragione. Non è soltanto perché, come risorti con Cristo e cercando le cose di lassù, ci ricordiamo, stando in piedi in preghiera, nel giorno dedicato alla Resurrezione, della grazia che ci è stata donata; ma perché quel giorno sembra essere in qualche modo l'immagine dell'eternità futura. Per questo, essendo inizio di giorni, da Mosè fu chiamato non primo, ma unico: «Fu sera e fu mattina, un solo giorno» (Gn 1,5, come se lo stesso giorno desse inizio sovente al medesimo ciclo. E davvero questo stesso ed unico giorno, è anche l'ottavo poiché significa in sé quel giorno veramente unico e veramente ottavo di cui fa menzione il salmista in alcuni titoli dei salmi, alludendo alla reintegrazione del creato che seguirà a questo tempo, il giorno eterno senza sera e senza domani, il secolo senza fine che non invecchierà. Necessariamente quindi la Chiesa educa i propri piccoli a compiere le preghiere, in quel giorno, ritti in piedi, affinché nel ricordo della vita senza fine, non ci dimentichiamo di fare le provviste per quel viaggio" (Lo Spirito Santo, XXVI, 66).

Primo giorno, unico giorno, ottavo giorno. Vediamo di capire il significato di queste espressioni. Rimando anche alla lettera apostolica Dies Domini, di Giovanni Paolo II, (1998), §§ 19-30.

Anche nei Vangeli si parla del "primo giorno dopo il sabato". Perché? Perché la Domenica, il giorno del Signore, è il primo giorno. Il rimando è chiaramente al primo giorno della Creazione: la Risurrezione di Cristo, il primo giorno (dopo il sabato), introduce una nuova creazione, analogamente come il primo giorno nel racconto di Genesi introduce la creazione.

C'è un parallelo tra la creazione e la nuova creazione, che evidentemente non è la stessa creazione rifatta, ma, come dicevamo, la Risurrezione di Cristo è altro. Non vi è tensione, ma al contrario vi è l'idea che la prima creazione sia ordinata alla seconda creazione.

Il primo giorno della prima creazione dà origine agli altri giorni, ma questi sette giorni rimangono un cerchio che si ripete; la nuova creazione, invece, “buca” e apre questo cerchio ad una realtà stabile, che non conosce la successione, la variazione, il prima e il poi, il divenire e il decadere.

San Giustino scriveva nella sua Apologia: “Ci riuniamo nel giorno del sole perché questo fu il primo giorno della creazione, quando Dio trasformò le tenebre e ordinò la materia informe” (1,67).

Noi ci riuniamo nel giorno in cui Dio ha creato la luce, perché questo giorno dà inizio ad una nuova creazione. Nell'Inno di San Gregorio Magno Primo die quo Trinitas troviamo scritto:

"Nel primo di tutti i giorni, nel quale il mondo creato inizia a sussistere, o nel quale il creatore risorgendo, vinta la morte, ci libera".

Ecco che i due primi giorni vengono fusi insieme.

Clemente Alessandrino ed altri autori estenderanno il senso del primo giorno, non solo alla creazione, ma al giorno eterno della generazione del Verbo. In fondo il "fiat lux" è la trasposizione creata della luce increata generata nell'eternità: "Dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato” (Sal 110, 3). È il Padre che dice al Figlio: ti ho generato dalla (mia) Luce prima della luce creata.

Nella sua opera Stromata, Clemente Alessandrino aggiunge:

"Ciò che si chiama giorno è in realtà il Logos, il Verbo, che illumina tutte le cose nascoste e in virtù del quale ogni creatura ha fruito della Luce nell'esistenza" (6, 16).

La domenica richiama non solo la luce primordiale della Creazione, per indicarne il compimento nella nuova luce di Cristo, ma si riaggancia a questo giorno eterno della generazione del Logos. "Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero...", diciamo nel Credo.

C'è un'altra idea fondamentale che ricorre nel testo di San Basilio: la domenica non è solo il primo, ma anche L'OTTAVO GIORNO.

Non è solo una questione matematica, dal momento che lo Shabbat era il settimo giorno. Il numero 8 è figura del mondo futuro: il ciclo ebdomadario della settimana è un ciclo chiuso, segnato dalla ripetizione e dal ritorno. L'ottavo giorno che ha istituito Dio con la Risurrezione di Cristo è situato fuori da questo tempo settenario, rompe il ciclo settenario, fa uscire dal limite della creazione e apre verso l'eterno.

San Gregorio di Nissa, commentando alcuni santi che hanno il titolo “Sull'ottava”, scriveva:

"Quando questa età transitoria avrà termine ed il mondo della generazione e della corruzione non esisterà più, allora verrà meno anche l'ebdomada, misura di questo tempo, e ad essa succederà l'ogdoade, ossia il secolo futuro che nella sua totalità costituisce un solo giorno" (Comm. Sal. 2, 8).

La domenica, per noi cristiani, è l'ottavo giorno già presente: noi partecipiamo dell'eternità entrando nell'ottavo giorno ed in particolare nel rito; nel culto dell'ottavo giorno entriamo a far parte dell'ottavo giorno in Cristo. L'ogdoade è il compimento del ciclo del 7 che, inglobandolo, lo supera.

Da qui l'idea che la domenica sia il primo giorno, l'ottavo giorno, ma anche il solo giorno. Il giorno che permane per sempre, che non conoscerà una nuova successione, un nuovo tempo, ma è anche il giorno che è da sempre. La domenica anticipa il secolo futuro, il giorno che non conosce tramonto; perché il ciclo ebdomadario è caratterizzato dal "e fu sera e fu mattina", un tramonto e un'alba continue; invece l'ogdoade è il giorno che non sorge e non conosce tramonto. La domenica è irrinunciabile perché condensa in sé tutto questo significato; ecco perché da sempre la Chiesa nel suo Ufficio Divino in questo giorno prega il Salmo 117, 24 che dice: "Hec dies quam fecit Dominus", "Questo è il giorno che ha fatto il Signore".