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L'EDITORIALE

Lotta all'Aids, il Papa aveva ragione

Una ricerca della Harvard University dimostra ancora una volta che il Papa aveva ragione: l'Aids non si combatte con la distribuzione a pioggia di preservativi, ma con l'educazione...

Editoriali 14_02_2011

Ve lo ricordate ciò che accadde nel marzo 2009, in seguito a una risposta del Papa sulla lotta all’Aids in Africa? Benedetto XVI stava iniziando il suo primo viaggio del continente nero, dove avrebbe visitato il Camerun e l’Angola. Sul volo da Roma a Yaundé disse che il problema della diffusione del virus non si poteva risolvere con la distribuzione di preservativi a pioggia, perché così facendo si sarebbe rischiato di peggiorare la situazione. Non era una questione di «tecnica» quanto piuttosto di educazione.

Papa Ratzinger venne sbertucciato, attaccato, criticato aspramente. Finì nel mirino di alcuni parlamenti occidentali, si mossero ministri degli Esteri, capi di Gabinetto, organizzazioni internazionali. Tutti concordi nel dire che il vescovo di Roma si sbagliava di grosso, e che la Chiesa con le sue posizioni retrograde era rimasta al Medio Evo. Ci fu qualcuno, è vero, che fece sommessamente notare come alcune ricerche scientifiche nel decennio precedente avevano dimostrato che una sensibile diminuzione del contagio si era potuto ottenere soltanto in quei Paesi dove erano stati applicati programmi basati sul cosiddetto «ABC» (Abstinence, Be feithful, Condom), centrati principalmente sull’educazione all’astinenza dai rapporti occasionali e alla fedeltà di coppia, oltre che sull’uso del preservativo per alcune categorie a rischio.

Ma queste voci finirono subbissate dallo strepito degli indignati. Tre giorni fa, lo studioso di sanità pubblica Daniel Halperin, docente alla Harvard University, ha pubblicato – e reso consultabile sul Web – una ricerca su quanto avvenuto in un decennio nello Zimbabwe, arrivando a documentare, come già avevano fatto in passato altri scienziati, che soltanto l’educazione è efficace nel prevenire il contagio.

È interessante notare che la notizia, rilanciata dal portale del Pime, missionline.org, è stata inizialmente diffusa dall’agenzia Irin, promossa dalle Nazioni Unite, i cui organismi sanitari e di sviluppo (come l’Oms e l’Unfpa) preferiscono abitualmente sostenere campagne di distribuzione di prerservativi piuttosto che campagne educative tradizionalmente portate avanti dai missionari. Nello Zimbabwe, nel decennio 1997-2007, si è verificata la diminuzione del 13 per cento dei contagi, passati dal 29% al 16% della popolazione adulta.

I ricercatori di Harvard hanno riscontrato che la consistente diminuzione non è dovuta a una curva naturale, ma «a cambiamenti di comportamento e anche i dati empirici derivanti dai comportamenti suggeriscono un cambio». Secondo Halperin il successo dello Zimbabwe accomuna il Paese all’Uganda, che fu la prima nazione a promuovere programmi educativi per la riduzione dei partner sessuali come via per sconfiggere l’Aids.

I dati della ricerca mostrano dunque che nella provincia di Manicaland, dove si è riscontrato l’abbattimento del 13 per cento dei contagi, tra il 1998 e il 2003, erano diminuiti del 40% gli uomini che avevano ammesso di avere partner sessuali multipli: lo stesso periodo in cui, segnala lo studioso, è diminuita l’incidenza del virus.