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CONTINENTE NERO

L'ossessione di vaccinare l'Africa. Che lascia scadere i vaccini

Vaccinare l'Africa è diventato un imperativo morale, rilanciato in questi giorni da Ong come Amref, in Italia. In teoria occorrerebbe, per una campagna vaccinale completa, nel Continente Nero, una spesa dai 12 ai 16 miliardi di dollari. Ma le notizie sul campo parlano di grandissime quantità di vaccini lasciati scadere e buttati.

Esteri 30_04_2021
Arrivo di vaccini in Africa donati da Covax

Continuano gli appelli a far sì che l’Africa riceva vaccini anti COVID-19 a sufficienza. L’ultimo è dell’Amref, una organizzazione non governativa che realizza programmi sanitari in Africa sub-sahariana. Il 24 aprile Amref Italia, insieme all’Ong Auser, cittadini del mondo, ha lanciato la campagna “Un vaccino per il bene dell’Africa, per il bene di tutti”. All’appello “per una salute globale e un accesso equo ai vaccini” hanno risposto diversi personaggi del mondo dello spettacolo, della cultura e dello sport tra i quali Fiorella Mannoia, Gerry Scotti, Giovanni Soldini, Francesco Gambella, Mauro Biani, Giobbe Covatta.  

L’Africa, spiega Amref, ha bisogno di 1,6 miliardi di vaccini a doppia dose, quindi 3,2 miliardi di dosi. Il loro costo stimato va da otto a 16 miliardi di dollari, più un 20-30% da aggiungere per la loro somministrazione. Secondo i calcoli della Banca Mondiale e del Fondo monetario internazionale di miliardi ne dovrebbero bastare 12. Lo hanno detto in occasione dell’ultimo G20, svoltosi all’inizio di aprile, chiedendo ai Paesi membri una moratoria sul debito estero dei Paesi africani. 

Forse queste cifre andrebbero riviste tenendo conto che molti governi hanno già ricevuto in dono da paesi non africani centinaia di migliaia di vaccini e altri ne stanno aspettando. Inoltre degli 1,27 miliardi di dosi finora destinate al continente, poco più di metà sono state acquistate dall’Unione Africana, mentre ben 600 milioni di dosi saranno donate dall’iniziativa COVAX (il programma per assicurare vaccini a tutti, grazie al dono di dosi e fondi da parte dei paesi ricchi) che ne ha già iniziato la distribuzione. Ma finora, obietta Amref, sono arrivate in Africa solo circa 30 milioni di dosi, troppo poche. Ai ritmi attuali ci vorrebbero tre anni per vaccinare almeno il 60% della popolazione e fermare così la circolazione del coronavirus. Quindi è urgente intensificare le consegne o sarà una catastrofe, sanitaria e sociale.

Sembra tutto molto vero e giusto, se non fosse che stanno arrivando dal continente africano notizie sconcertanti. La Repubblica democratica del Congo ha ricevuto dalla COVAX 1,7 milioni di dosi di vaccino il 2 marzo scorso. Ha avviato il programma di vaccinazione il 19 aprile. Il 24 aprile aveva vaccinato solo 1.265 persone. Vista la situazione, il 27 aprile l’Unicef ha annunciato il trasferimento del 75% dei vaccini, 1,3 milioni di dosi, ad altri Stati africani, tra cui Senegal, Togo e Angola, per essere sicuri che vengano utilizzate prima della scadenza. Bisogna evitare che vadano sprecate come è successo. 

Il 15 aprile il ministero della sanità del Malawi ha deciso di distruggere 16.440 dosi di vaccini anti Covid-19 perché sono scadute, non si è fatto a tempo a somministrarle. Si tratta di dosi ricevute dall’Unione Africana, 102mila in tutto. Sono arrivate anche 530mila dosi fornite dall’iniziativa COVAX. Ma finora sono state vaccinate solo 300mila persone. Il 26 aprile anche il Sudan del Sud ha fatto sapere di dover distruggere ben 60mila dosi, scadute prima di poterle usare. A gennaio il ministero della sanità sud sudanese aveva chiesto cinque milioni di dosi. Avrebbe dovuto iniziare la campagna di vaccinazioni il 29 marzo, nella capitale Juba, usando le prime 132mila dosi ricevute, ma per ragioni logistiche non meglio specificate ha rimandato.

L’Oms sostiene che altri paesi tra cui il Ghana e la Sierra Leone hanno lasciato scadere una parte delle dosi ricevute. A tutti ha chiesto però di aspettare a distruggerle e altrettanto ha fatto il direttore dei Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie, John Nkengasong. “Quando si tratta di prodotti preziosi come i vaccini contro il Covid – ha spiegato il rappresentante dell’Oms per il Sudan del Sud, Wamala Joseph Francis – di solito si prende contatto con il produttore e si restituiscono i lotti scaduti affinché possa effettuare dei test, ad esempio per verificare per quanto tempo il vaccino rimane effettivamente stabile ed eventualmente prolungare la data di scadenza”. Ma sia il Sudan del Sud che il Malawi non hanno dato retta. Il ministro della sanità del Malawi Joshua Malango ha replicato che ormai le dosi sono state tolte dai frigoriferi e quindi sono comunque andate a male e che inoltre distruggere le dosi è necessario per rassicurare la popolazione che non saranno usate. “Se varia la temperatura alla quale sono conservati, i vaccini possono perdere efficacia” ha detto intervistato dalla Bbc e questo fa nascere il sospetto che in realtà, come purtroppo è successo più volte con altri vaccini, le dosi non siano scadute, ma che non siano state conservate adeguatamente e per questo si teme che non siano più efficaci.

Quale che sia la verità, queste notizie confermano quello che alcune voci, del tutto inascoltate, dicono da mesi: e cioè che in Africa a impedire l’uso efficace dei vaccini – non solo di quelli anti Covid-19 – non è la mancanza di dosi, ma di personale e centri sanitari, di infrastrutture e di condizioni di sicurezza in cui operare. A questo, nel breve periodo, è impossibile rimediare. Si potrebbe, forse, nel medio periodo, se finalmente si riconoscesse che la responsabilità di questo stato di cose è dei governi africani, della corruzione e del malgoverno che impediscono di impiegare per il bene comune – in sistemi sanitari adeguati, in strade e ferrovie, in reti elettriche… – le enormi risorse naturali della maggior parte dei Paesi, di renderle finalmente volano di sviluppo e non solo di crescita economica e di ricchezza per pochi. Invece Amref preferisce attribuire la colpa alla povertà: “il Covid-19 – secondo il direttore di Amref Italia, Guglielmo Micucci – trova nella povertà un grande alleato: le carenze infrastrutturali esistenti, le competenze limitate e le grandi distanze rendono complicata la pianificazione della campagna vaccinale”. 

Inoltre l’imperativo morale di “non lasciare indietro nessuno”, men che meno l’Africa, o piuttosto di convincere i Paesi ricchi ad assumersi l’onere di quei 12-18 miliardi di dollari necessari affinché tutti gli africani siano vaccinati, prima e seconda dose, fa dimenticare due fatti fondamentali.

Il primo è che l’Africa continua a essere il continente meno colpito dal Covid-19. Il 29 aprile i casi accertati erano 3.290.637 e i morti 82.281: meno di quelli dell’Italia che ha appena superato i quattro milioni di casi e conta 120.554 morti. Il secondo è la composizione della popolazione. Gli africani a rischio di complicazioni se contraggono il coronavirus, secondo i parametri universalmente assunti, vale a dire quelli anziani, con più di 60 anni, in tutto il continente sono 73,8 milioni. Per contro, gli africani giovani, di età compresa tra 0 e 19 anni sono 679 milioni, più di metà della popolazione: quasi 200 milioni quelli con meno di quattro anni, altri 181 milioni di età tra 5 e 9 anni. Davvero per sconfiggere il Covid-19 e salvare non solo l’Africa, ma il mondo intero è indispensabile che siano vaccinati 1,3 miliardi di africani?