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L'ordine della Carità - Il testo del video

C’è una gerarchia anche nell’amore: Dio deve essere amato prima di se stessi e del prossimo, perché il primato dell’amore a Dio è intrinseco alla natura dell’uomo. Poi c’è l’amore a se stesso che, a sua volta, viene prima dell’amore per il prossimo. È una gerarchia da avere chiara perché la grande insidia del nostro tempo è quella di una filantropia orizzontale dove l'ordine è capovolto.

Catechismo 15_05_2022

In questa lezione vediamo cosa sia L'ORDINE DELLA CARITÀ, ovvero chi deve essere amato di più e in quale ordine.

San Tommaso interrogandosi nella quaestio 26 circa l'ordine della carità intende chiedersi come l'uomo debba corrispondere ad un ordine proprio della realtà. Occorre ricordarsi sempre la grande idea di fondo della teologia cristiana: Dio esce da sé stesso nell'atto della Creazione, ma tutto ciò che è creato da Dio, poiché viene da Dio, trova in Dio anche il proprio fine. Il punto di partenza è anche il punto di arrivo. Dio essendo Dio è l'unico che può creare ed insieme essere il fine ultimo dell'uomo.

San Tommaso insegna:

Articolo 2 - che DIO DEVE ESSERE AMATO PIÙ DEL PROSSIMO

Articolo 3 - che DIO DEVE ESSERE AMATO PIÙ DI SÈ STESSI

Articolo 4 - che NOI DOBBIAMO AMARE NOI STESSI PIÙ DEL NOSTRO PROSSIMO

- Articolo 2

Richiamando il noto passo evangelico "se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre e la moglie e i figli e i fratelli e le sorelle, non può essere mio discepolo" (Lc 14, 26), Tommaso conclude che «con la carità si deve amare Dio più del prossimo».

PER QUALE RAGIONE? Lo spiega poco dopo:

"L'amicizia della carità si fonda sulla partecipazione della beatitudine, che si trova essenzialmente in Dio come nel suo principio, dal quale s'irradia in tutti coloro che ne sono capaci. Dunque, la carità ci obbliga ad amare principalmente e sommamente Dio: poiché egli va amato come causa della beatitudine; il prossimo invece va amato come compartecipe con noi della beatitudine".

Nessuno può essere amato più di Dio in quanto nessuno è fonte e principio di beatitudine. L'uomo non può non desiderare la beatitudine, per quanto la possa cercare anche in modi fuorvianti. Ebbene, se Dio è principio e causa di questa beatitudine, Dio deve essere amato per primo, "principalmente e sommamente". Quando non avviene questo, l'uomo non raggiunge il suo fine proprio, ossia la beatitudine

Questo è il PRIMATO DELL'AMORE DI DIO che non è un comando esterno, ma è intrinseco alla natura dell'uomo. Sbagliare su questo aspetto significa non comprendere affatto la vocazione umana. Dunque, dare battaglia contro l'attuale clima agnostico, non è semplicemente portare avanti una battaglia di idee o di posizioni, ma si tratta della battaglia fondamentale dell'uomo.

- ALL'ARTICOLO 3, san Tommaso spiega che Dio deve essere amato più di sé stessi.

" [...] con la carità l'uomo è tenuto ad amare Dio, bene universale di tutte le cose, più di se stesso; perché in Dio la beatitudine si trova come nel principio universale e radicale di tutti gli esseri chiamati a parteciparne".

Amando Dio più di sé stesso, Dio viene riconosciuto come il principio della beatitudine e, aderendo a Dio, la beatitudine si riversa su di noi. Questo superare noi stessi per amare Dio è quindi la garanzia dell'amore autentico a se stessi. È proprio rinnegando noi stessi che troviamo Dio e dunque troviamo davvero noi stessi in Lui. Al contrario, gli appagamenti personali al di fuori di Dio sono proprio la condanna di noi stessi.

- NELL'ARTICOLO 4 san Tommaso si chiede se tramite la carità noi dobbiamo amare noi stessi più del prossimo.

"Sta scritto: "Amerai il prossimo tuo come te stesso"; dal che si dimostra che l'amore dell'uomo verso se stesso è il modello dell'amore verso gli altri. Ma il modello è superiore alla copia. Dunque l'uomo deve amare con la carità più sé stesso che il prossimo".

Poi spiega:

"Dio viene amato quale principio del bene su cui si fonda l'amore di carità; l'uomo poi con la carità ama se stesso dal lato della ragione, mediante la quale partecipa a codesto bene, mentre il prossimo viene amato in forza della sua partecipazione a codesto bene".

Dio viene amato come principio della beatitudine e quindi anche come fine. Mentre l'uomo ama se stesso in quanto fruisce e partecipa di quel bene e il prossimo in quanto compartecipa di quel bene. In modo schematico:

  • Il focus è il bene sommo che è Dio.
  • Nel bene sommo ci siamo noi che partecipiamo di questo bene.
  • Ed anche tutti gli altri che compartecipano di questo bene.

Questo “schema” viene così tradotto nel linguaggio della Summa:

 "la compartecipazione è motivo di amore perché costituisce un'unione in ordine a Dio. Perciò, come l'unità è più dell'unione, così il fatto di partecipare personalmente il bene divino è un motivo superiore di amore che il fatto di avere associato a sé un'altra persona in questa partecipazione. Ecco perché l'uomo deve amare sé stesso con la carità più del prossimo. - E ne abbiamo un indizio nel fatto che uno non deve mai rassegnarsi al male della colpa, che è incompatibile con la partecipazione alla beatitudine, per liberare il prossimo dal peccato".

Io non posso mai compiere un male per avere un bene per il mio prossimo. Perché altrimenti vengo meno all'amore di Dio e quindi anche di me stesso, che vengono prima del prossimo.

Diverso per quanto riguarda i “mali” materiali.

"Uno deve sopportare per gli amici dei danni materiali: ma anche in questo egli mostra di amare di più sé stesso secondo la parte spirituale, perché ciò rientra nella perfezione della virtù, che è un bene all'anima. Cosicché nei beni spirituali l'uomo, come abbiamo detto, non deve tollerare nessun danno, non deve cioè peccare, per liberare il prossimo dal peccato".

- Articolo 5

In questo articolo, San Tommaso si domanda se l’uomo debba sacrificare il proprio corpo, per il bene del prossimo e risponde che "...esporre il proprio corpo per la salvezza del prossimo [...] è solo dei perfetti, secondo le parole evangeliche: "Nessuno ha un amore più grande di questo, di uno che dia la vita per i suoi amici". Dunque l'uomo non è tenuto ad amare il prossimo con la carità più del proprio corpo"».

Non c’è dunque un obbligo, ma certamente la carità spinge verso questo sacrificio.

La grande insidia del nostro tempo è quella di una FILANTROPIA ORIZZONTALE dove l'ordine è capovolto, il principio e il fine (cioè Dio), sono decapitati e anche l'amore di sé e del prossimo vengono invertiti e di fatto abbassati, sacrificando il bene dell'anima. Un ordine va quindi recuperato, non un ordine schematico ma per orientarlo propriamente verso Dio.

OCCORRE RI-ORIENTARE LA NOSTRA VITA, LA VITA DEL PROSSIMO E LA VITA DELLA SOCIETÀ SECONDO QUESTO ORDINE, RICONOSCENDO IL PRIMATO DI DIO, a tutti i livelli. Diversamente non ci può essere futuro né vita eterna, in quanto l'uomo perde di vista il Bene ultimo.