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CONVEGNO CON ROD DREHER

L'"Opzione Benedetto": serve un'arca nel diluvio della fede

Rod Dreher ha presentato a Milano il suo libro "L'Opzione Benedetto", che sta facendo discutere i cristiani in un momento in cui le parole più in voga sono "inclusione" e "ponti". Ma immaginiamo un diluvio che stia per allagare la casa, vi porreste il problema dell'eticità della fuga? «Di fronte all'incapacità di vivere e trasmettere la fede i credenti devono chiedersi questo. Come san Benedetto che temendo di perdere l'anima non esitò a rifiutare le forme mondane che lo avrebbero allontanato da Dio. Fu così che salvò il mondo».
- OPZIONE BENEDETTO? ANCHE PER LA DOTTRINA SOCIALE, di Stefano Fontana

Ecclesia 15_09_2018
Rod Dreher nel suo incontro a Milano con il vicepresidente della Regione Sala

Presentato ieri mattina in Regione Lombardia, il libro del giornalista americano, convertito al cattolicesimo prima e all’ortodossia poi, Rod Dreher, è stato giustamente definito dal vicepresidente regionale, «un macigno nello stagno» che, già tradotto in dieci lingue, ha sollevato un grande dibattito nel mondo intellettuale ed ecclesiastico. Tanto che il tour italiano di Dreher, prima di Milano, ha contato diverse tappe. Forse perché “L'Opzione Benedetto” è un libro che ha il coraggio di porre la domanda che la Chiesa stessa fatica a considerare: come può oggi un cristiano vivere e comunicare la fede in un mondo che rifiuta, quando non odia, la logica con cui vuole condurre la propria esistenza? 

Ma l’Opzione Benedetto è un “macigno” soprattutto perché contesta il mainstream generale di una cristianità più preoccupata di farsi accettare dal mondo, dialogando secondo le sue logiche, che di salvare se stessa (la fede). La contestazione di Dreher non ha ragioni ideologiche ma pratiche e profondamente cristiane, le stesse che stanno all’origine della vocazione del santo che salvò l’Europa della fine dell'impero romano rifiutandola. «San Benedetto - ha spiegato l’autore alla platea - scappò da Roma perché vedendo che i suoi amici si stavano perdendo nell’immoralità», fu così realista «da temere di perdere la sua anima. Perciò scappò in una spelonca di Subiaco, dove visse tre anni pregando, digiunando e leggendo le scritture», finché Dio lo richiamò nel mondo a costruire un nuovo mondo, il monastero. 

Eppure l’immagine che Dreher ha dato del santo è alquanto umana e poco angelica, tanto che oggi, di un tipo simile, ci si domanderebbe: ma come, uno che teme il mondo? Un cristiano che ha paura di perdersi? Un credente poco ottimista? Un giovane che fugge dalla realtà? Tutte obiezioni che Dreher si è sentito rivolgere e per cui se oggi Benedetto fosse all'inizio del suo cammino monacale sarebbe forse definito un reazionario, un contestatore, un polarizzatore, un pessimista, spaventato dal male, un disadattato (data anche la durezza dei suoi giudizi e della sua regola). Ma, come giustamente ha fatto notare l’autore del volume, «Benedetto non fece quanto ha fatto per salvare il mondo», o per salvare la Chiesa secondo un progetto strategico/politico di evangelizzazione. No, lo ha fatto per salvare se stesso, il suo «rapporto con Dio», non scandalizzandosi ma temendo della sua umanità fragile e bisognosa di un contesto per non perdersi. E solo di conseguenza si è trovato contornato da gente che chiedeva di vivere come lui, secondo norme e logiche completamente opposte al mondo. Così ha persino attratto la popolazione barbara, che vedeva in quel modo di vivere radicalmente il cristianesimo una possibilità di vita migliore per sé. 

Dreher ha fatto giustamente notare che oggi i cristiani prima che preoccuparsi del mondo devono preoccuparsi della propria fede. Infatti, «come possiamo offrire al mondo ciò che non abbiamo più nemmeno noi?», si è chiesto il giornalista. Insomma, il giudizio cristiano, la sua identità, la vita comunitaria fondata sui sacramenti, la preghiera e il magistero della Chiesa sono talmente contestati dal mondo in cui i credenti si trovano a vivere che nemmeno loro li conoscono e vivono più. E, purtroppo, quando li conoscono faticano a trasmetterli ai figli.

Il giornalista lo ha dimostrato con un sondaggio del 2016 di Franco Garelli da cui emerge che dei giovani italiani sedicenti cattolici solo il 13 per cento partecipa regolarmente alla Messa domenicale, mentre delle famiglie cattoliche impegnate solo una su cinque riesce a trasmettere la fede ai figli. Perché? Perché «da soli è impossibile resistere al diluvio che sta arrivando». Quello che sebbene sia annunciato da molti segni (“non sapete distinguere i segni dei tempi?”) viene spesso minimizzato dai «nostri leader (laici ed ecclesiastici) che ci dicono che va tutto bene e di stare tranquilli». Ma l’acqua sta salendo e se non si costruisce l’arca prima o poi si affonderà. D’altronde fu il Signore stesso a chiedere a Noè di fabbricarla e di abbandonare il mondo per salvarsi e così salvarlo. 

Anche padre Cassian, benedettino a Norcia, quando incontrò il futuro autore del libro confermò che se «i cristiani non avessero aderito in qualche forma all’Opzione Benedetto», cioè se non si fossero preoccupati di costruire un’arca, «non avrebbero resistito all’oscurità che sta per venire».

Ma se davvero l’alternativa non è un progetto umano, ma di Dio, (una risposta alla Sua richiesta), come realizzarla? Benedetto indica la strada nella mendicanza, la preghiera, grazie a cui ha poi potuto sentire «la voce di Dio» e quindi fare la sua volontà. Allo stesso modo l’Opzione Benedetto non è un’utopia ma un desiderio, che deve nascere innanzitutto come preghiera, e nello stesso tempo una forma di vita già in atto: «Nel mio libro descrivo esperienze come quella dei “Tipi Loschi” che vivono a san Benedetto del Tronto, pregano insieme, mangiano insieme, formano i figli attraverso una scuola parentale insieme, assistono i poveri…». L’accoglienza però, ci tiene a specificare Dreher, non può essere quella di una Chiesa che raccoglie i feriti dando loro «pillole che coprono il male senza guarirlo: se uno desidera davvero guarire deve decidere di farsi operare, il che implica un processo doloroso».

Dreher stesso, dopo la sua conversione, iniziata con il richiamo di Giovanni Paolo II sulla sessualità, «che mi fece capire che non vivevo secondo il volere di Dio», quando si convertì cominciò a pregare secondo una regola in casa con i figli, a diminuire l’accesso alla tv e a proibire loro l’uso dei social network, perché, sebbene scandalizzi, anche san Benedetto, per vivere nel mondo ma non essere del mondo, ha scelto Dio rinunciando a forme di vita che lo avrebbero distratto dalla sua presenza.

In sintesi, ha dettagliato Dreher, nel libro ci sono delle linee guida, esattamente come lo fu la regola di san Benedetto pensata per i laici: «Bisogna essere minoranze creative, vivendo una vita più monastica, incrementare la preghiera rendendo preghiera ogni cosa che facciamo, recuperare un rapporto profondo con Dio affinché la regola non sia priva di contenuto, vivere in comunità perché soli non si sopravvive, rifiutare la dittatura del relativismo e del gender educando i figli secondo la tradizione della Chiesa».

È chiaro che la battaglia spirituale chiesta oggi ad un cristiano è enorme, ha ribadito l’autore ricordando una conversazione di qualche giorno fa con un prete esorcista che «mi disse: “Mi sono convinto dell’Opzione Benedetto durante il mio ministero. Se un esorcista non vive una vita di preghiera e di profonda devozione a Dio, davanti alla potenza del diavolo si confonde, perde la visione di Dio e di ciò che è bene e male”. Perciò dobbiamo passare più tempo in preghiera e formazione e in comunità, altrimenti non reggeremo».

Ma c’è una citazione, riportata dal giornalista, a conferma che quanto da lui descritto non è una follia ma qualcosa che sta accadendo e che è il futuro della Chiesa. È la stessa del giovane prete Joseph Ratzinger che nel 1969 in un’intervista ad una radio tedesca profetizzò: «A me sembra certo che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena incominciata… Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diverrà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità…Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede al centro dell’esperienza. Sarà una Chiesa più spirituale…Gli uomini che vivranno in un mondo totalmente programmato vivranno una solitudine indicibile. Se avranno perduto completamente il senso di Dio, sentiranno tutto l’orrore della loro povertà. Ed essi scopriranno allora la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo…come una speranza per se stessi…»

Ma Joseph Ratizinger, ha ricordato Dreher, aggiunse anche che la speranza «non risiederà in coloro che cercano affannosamente di adattarsi alle mode del momento e di lanciare slogan orecchiabili, ma nei santi, in grado di vedere più lontano degli altri perché rivolti a Dio». Non ottimisti, quindi, ma pieni di speranza come lo fu san Benedetto, «e forse qualcuno di voi è chiamato proprio a questo».