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COVID E POTERE

Lombardia capro espiatorio. La protesta dei governatori

L'amministrazione lombarda è esplicitamente boicottata dal governo nazionale. Il nuovo pretesto è il conteggio sbagliato dei casi di Covid che ha portato all'imposizione, immotivata, della zona rossa. Fontana porta le prove a sua discolpa. Governatori di centrodestra protestano contro il governo, per il clima di discordia che sta alimentando. 

Politica 26_01_2021
Seduta del consiglio regionale della Lombardia

Tra denunce, ricorsi, recriminazioni e rimpalli di responsabilità, la battaglia contro la pandemia rimane praticamente “sub iudice”. Anche in materia di pandemia la magistratura viene chiamata sistematicamente a supplire alle incertezze e alle contraddizioni di una politica incapace di dettare indirizzi chiari e convincenti.

Al “caso Lombardia”, che avvalora il sospetto di una regia nazionale per boicottare in tutti i modi il governo del Pirellone, che pure non è esente da errori, si somma un più generale scontro istituzionale tra centro e periferia. Dal pasticcio dei dati lombardi è nato un movimento compatto e radicato nei territori, costituito da tutti i governatori leghisti, che chiedono al governo di rivedere i parametri utilizzati per valutare il rischio epidemiologico da Covid-19 e la conseguente suddivisione in fasce gialle, arancioni e rosse.  "Il governo – accusano i presidenti del Friuli Venezia Giulia (Massimiliano Fedriga), della Lombardia (Attilio Fontana), della Sardegna (Christian Solinas), dell’Umbria (Donatella Tesei), del Veneto (Luca Zaia) e il vicepresidente e reggente della Calabria, Nino Spirlì - non può ad ogni problema esimersi da responsabilità e incolpare le regioni. Il sistema può avere conseguenze devastanti sulla vita delle persone e sull’economia, come nel caso della Lombardia, quindi è necessario il massimo rigore nell’analisi dei dati".

La presa di posizione, in realtà, non dovrebbe stupire più di tanto i governanti nazionali, visto che già a novembre il governatore friulano Fedriga aveva invocato una revisione dei parametri utilizzati per stabilire la suddivisione dei territori in diverse fasce. Ieri i governatori hanno aggiunto: "Ci aspettiamo da Conte e Speranza un atto di realismo e maturità nei confronti dei cittadini e delle istituzioni. Il clima degli insulti non fa bene a nessuno. Ribadiamo la volontà di una leale collaborazione su tutti i temi, dai vaccini alle misure per contrastare la diffusione del virus, ma ci aspettiamo dall’esecutivo lo stesso spirito e volontà per il bene del Paese e di tutti i cittadini".

L’insofferenza verso le decisioni governative in materia di restrizioni anti-covid non è, come detto, solo lombarda. La situazione in Sardegna è a dir poco esplosiva. L’isola è diventata arancione in virtù della mancanza di terapie intensive, il giorno dopo che era stato inaugurato un nuovo reparto con altri posti di rianimazione. Una contraddizione davvero incredibile. L'Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali)  ha rilevato un crollo dei posti occupati da pazienti Covid nelle terapie intensive della Sardegna. Nel secondo giorno in fascia arancione e con l'attivazione di 30 nuovi posti letto in area critica a Sassari, l'Agenzia ha sottolineato che la percentuale di positivi nelle intensive dell'Isola arrivava al 24%. Domenica era scesa dal 30% - soglia limite stabilita dal Governo - al 25%, con un 11,5 casi in area critica per 100 mila abitanti. Sotto soglia anche il numero di pazienti Covid in Medicina e altri reparti non critici: 28% con 101.7 posti occupati per 100mila abitanti. La Sardegna aveva peraltro fatto notizia anche per un’altra assurdità: il divieto di celebrare messe imposto dal sindaco di Bono, con il Tar che gli ha dato torto e ha riconosciuto le ragioni della Curia, costretta a fare ricorso al Tribunale amministrativo regionale.

In Lombardia la situazione è ancora ingarbugliata perché i sindaci dem di Varese e Bergamo supportano le rimostranze del governo nazionale nei confronti del Pirellone e si dicono pronti a chiedere lauti risarcimenti per i danni subìti da imprese e commercianti a seguito dell’ingiusta zona rossa. Ieri però, in una nota, Aria spa, l’azienda regionale per l’innovazione e gli acquisti, ha chiarito che "Il problema tecnico al 'Cruscotto', messo a disposizione dei sindaci, non ha inciso in alcun modo sulla classificazione della zona rossa. I dati che vengono utilizzati dall'Istituto superiore di sanità per effettuare le valutazioni provengono da un altro caricamento. Le due questioni non sono assolutamente collegate. Le piattaforme di trasmissione ai Sindaci e a Roma - prosegue la Nota - sono differenti, così come sono diversi i periodi. La settimana di valutazione per determinare la zona si riferisce al 4-10 gennaio 2021 con Rt calcolato al 30 dicembre 2020, mentre il guasto al cruscotto è avvenuto nei giorni 14/15 gennaio, ed era nuovamente operativo, dopo la sistemazione, già da lunedì 18 gennaio 2021. Il guasto al cruscotto riguardava solo la visualizzazione sintetica, mentre lo stato di guarigione nel dettaglio di ogni singolo cittadino è sempre stato corretto".

Un altro tassello nella delicata ricostruzione delle ragioni della giunta lombarda, che continua a ritenersi lesa dalle decisioni governative e dichiara di voler andare fino in fondo per accertare le effettive responsabilità del governo.