L'Olanda ha pagato caro il mito della Chiesa del futuro
La Chiesa olandese ha pagato a caro prezzo l'aver seguito negli anni '60 il mito di una Chiesa del futuro che si adeguasse al mondo. Primo obiettivo: abolire il celibato sacerdotale. Ma la conseguenza è stata il gran numero di preti che hanno abbandonato e il crollo delle vocazioni.
Negli anni '60, i vescovi dei Paesi Bassi furono costretti a discutere sul celibato. La discussione ha prodotto solo perdenti. Anche a causa di ciò, la Chiesa nei Paesi Bassi, che era una Chiesa prospera, fu ridotta a qualcosa di insignificante. Il sottoscritto ha studiato a fondo le complicazioni circa la liberazione del celibato sacerdotale. Cinquant'anni dopo gli eventi, ho pubblicato uno studio sugli antecedenti dell'abolizione del celibato e la lobby che si è impegnata a questo scopo, nel libro: Il Consiglio Pastorale della Provincia della Chiesa Olandese (1966-1970) e la Diocesi di Roermond negli anni sessanta, ('s-Hertogenbosch 2018).
Lobby per l'adattamento della Chiesa al mondo
Sacerdoti influenti e media suggerirono ai vescovi l'idea che la Chiesa dovesse adattarsi al futuro. Pensavano che la Chiesa dovesse essere pronta a continuare ad esistere in una società del benessere di carattere liberale. Questo adattamento avrebbe dovuto culminare nell'abolizione del celibato. Si voleva adattare la fede, la morale, il ministero ordinato e il ministero pastorale a ciò che si pensava i credenti avrebbero potuto accettare in futuro.
La Chiesa del futuro dovrebbe essere una Chiesa razionalmente responsabile in una società illuminata. I sacerdoti dovevano quindi "livellarsi" diventando più simili ai laici. I sacerdoti dovevano adattarsi alla fede dei laici. Di conseguenza, la predicazione si doveva adattare alla società liberale del benessere. I sacerdoti dovevano ascoltare i laici. Ciò limitò la missione di governo nella Chiesa a ciò che i credenti stessi accettavano. Si cominciò a predicare ciò che la gente voleva sentire, ed era la stessa gente a elogiare per questo. I sacerdoti dovevano essere liberi di potersi sposare, in modo che provassero le stesse gioie e le stesse preoccupazioni delle famiglie. In questo modo sarebbero stati in tutto uguali agli altri. I sacerdoti dovevano togliere il loro abito clericale in modo che la loro relazione quotidiana con i laici non fosse ostacolata dalla missione che avevano ricevuto nella loro ordinazione.
Storia di un dibattito
L'abolizione del celibato non era all'ordine del giorno del Concilio Vaticano II. Il vescovo missionario olandese Mons. P.P. Koop M.S.C. (1905-1988), vescovo di Lins in Brasile (1964-1980), introdusse il tema dell'abolizione del celibato durante il concilio. Il papa Paolo VI (1963-1978) respinse la discussione su questo argomento. Fu sostenuto in questo dalla grande maggioranza dell'assemblea generale del concilio. Il Papa spiegò nuovamente il significato del celibato nella sua enciclica Sacerdotalis caelibatus (24 giugno 1967), concludendo che il celibato era di grande valore e che sarebbe stato mantenuto.
Tuttavia, i vescovi olandesi, lasciandosi sviare dai loro consiglieri e dai media, permisero e sostennero una campagna per l'abolizione del celibato. I vescovi approvarono un sondaggio tra sacerdoti e seminaristi. Le domande furono formulate da sociologi in modo tale che il risultato fosse il più grande rifiuto possibile del celibato. Questo risultato fu raggiunto. Con l'aiuto dei media, si diffuse da allora l'idea che quasi tutti i sacerdoti fossero favorevoli all'abolizione del celibato. I vescovi furono messi sotto pressione. Fu suggerito loro che si trattava di un problema urgente, che doveva essere affrontato rapidamente per evitare ulteriori danni alla Chiesa.
Il Consiglio Pastorale (1966-1970) fu un'assemblea selezionata di vescovi, sacerdoti e laici. Questa consultazione fu creata per attuare il Concilio Vaticano II nei Paesi Bassi. L'abolizione del celibato divenne la questione più importante. Fu fatta una votazione in cui la proposta di abolizione del celibato raggiunse una tale maggioranza (oltre il 95%) di cui le dittature fasciste e comuniste sarebbero orgogliose.
L'arcivescovo Alfrink fu mandato a Roma per chiedere a papa Paolo VI di abolire il celibato. Il Papa non volle riceverlo fino a quando il cardinale avesse promesso di non perseguire l'abolizione del celibato.
Conseguenze di un'azione infruttuosa
La "decisione" di abolire il celibato fu preceduta da una campagna diretta efficacemente e con successo dall'Istituto Pastorale della Provincia ecclesiastica olandese (PINK) e dai media. In questo modo, vescovi, sacerdoti e laici vennero preparati ad accettare la visione di una minoranza che godeva di grande stima. Non può essere verificato che questa minoranza abbia attinto i suoi argomenti basandosi sulla Sacra Scrittura, sulla Tradizione o sul Magistero. Per loro, il punto di partenza erano i "segni dei tempi", come loro li interpretavano.
Qual è stato il risultato della discussione sull'abolizione del celibato? Quando si discusse la separazione tra sacerdozio e celibato a Noordwijkerhout nel gennaio del 1970, 794 sacerdoti si erano già secolarizzati nei Paesi Bassi tra il 1960 e la fine del 1969. La speranza emersa riguardo la rapida abolizione del celibato, in seguito alla votazione del Consiglio pastorale a favore dell'abolizione del celibato, contribuì al fatto che tra il 1970 e il 1975, altri 1012 sacerdoti si secolarizzassero. Durante un periodo di quindici anni, 1806 sacerdoti abbandonarono il ministero nei Paesi Bassi. Una politica mediatica sapientemente condotta, in cui i sostenitori della separazione ricevettero grande spazio, mentre gli avversari non potevano parlare, suscitò in molti l'ipotesi che l'abolizione del celibato dentro e fuori dei Paesi Bassi sarebbe divenuto presto un dato fatto.
In attesa dell'abolizione del celibato, i sacerdoti iniziarono ad avere una relazione in vista del matrimonio. Più tardi, quando l'abolizione del celibato tardava ad arrivare e alla fine non andò avanti, essi non vollero o non poterono rompere più quella relazione. Nel frattempo, la loro attenzione era divisa tra i doveri spirituali e il rapporto con la futura moglie.
Non l'unica ragione per lasciare il ministero
Questo grande numero di secolarizzazioni non è stato causato solo dalla discussione sull'abolizione del celibato. Anche la crescente incertezza in materia di fede negli anni '60 ha avuto un ruolo importante. Molti preti lasciarono il ministero perché non credevano più, o perché non volevano più credere a ciò che insegnava la Chiesa, o perché non volevano più identificarsi con la Chiesa e la sua morale. Successe che per anni i preti relativizzarono la fede e la morale nella predicazione, con le loro prediche contribuirono a cacciare i credenti dalla Chiesa, per poi in seguito abbandonare l’abito e il ministero.
Un altro elemento che giocò un ruolo fu la perdita della funzione "direttiva" subita dal clero nei Paesi Bassi. Con il crollo del mondo cattolico, i preti persero il rispetto di cui avevano goduto in passato. In particolare, il ruolo dei sacerdoti nella vita sociale diminuì. L'importanza del sacerdote per la Chiesa e il mondo cambiò e molti non poterono accettare questa perdita di significato.
Promuovere le vocazioni al sacerdozio
Per suscitare vocazioni è necessario fare preghiere e sacrifici. Non è vero che le vocazioni al sacerdozio nella Chiesa latina non aumentino a causa del celibato e al dovere di accettare la fede, la morale e la vita che questo comporta. È la santità personale dei fedeli che fa suscitare vocazioni per il servizio della Chiesa. In una Chiesa in cui la fede è vissuta seriamente, i sacerdoti non mancheranno.
Chiunque inizi una discussione sull'abolizione del celibato deve sapere che una Chiesa con preti sposati non sarà più la stessa Chiesa cattolica così come è stata per venti secoli. I preti sposati sono, prima di tutto, responsabili delle loro famiglie e solo in secondo luogo dell'annuncio della fede e della Chiesa. In una Chiesa senza il celibato, nessuno considererebbe la responsabilità per la Chiesa come il lavoro della sua vita. Sarebbe un'altra Chiesa.
Il dott. P.W.F.M. Hamans (1951-) insegna Storia della Chiesa presso il Seminario di Rolduc della diocesi di Roermond, il seminario Sint-Willibrord della diocesi di Haarlem-Amsterdam e presso l'Istituto Teologico di Rolduc, per laici e futuri diaconi permanenti.