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LE PAROLE DI RE

L'ok alle Chiese indipendenti è una ferita al Cattolicesimo

Le affermazioni del Cardinal Re risultano inaccettabili alla luce delle linee guida di Ratzinger. Dire che l’indipendenza di una Chiesa non può più essere interpretata come separazione dal Papa, lascerebbe carta bianca ai vescovi nominati dal Regime cinese. Non si tratterebbe di comunione, ma di complicità del Papa stesso, che avrebbe ceduto su un punto importante della dottrina.

Editoriali 29_02_2020

Da un punto di vista dottrinale, il passaggio più problematico della lettera al Sacro Collegio del Cardinale Giovanni Battista Re, attuale Decano del Collegio cardinalizio, sulla questione dell'Accordo tra Cina e Santa Sede è di certo questo: «L’Accordo prevede l’intervento dell’autorità del Papa nel processo di nomina dei Vescovi in Cina. Anche a partire da questo dato certo, l’espressione “Chiesa indipendente” non può più essere interpretata in maniera assoluta, come “separazione” dal Papa, così come avveniva in passato». Il Cardinale decano fa presente ai confratelli porporati che «purtroppo, c’è lentezza nel trarre in loco tutte le conseguenze che discendono da tale cambiamento epocale sia sul piano dottrinale che su quello pratico e permangono tensioni e situazioni dolorose. E’ impensabile, d’altra parte, che un Accordo parziale – l’Accordo tocca, infatti, solo il tema della nomina dei Vescovi – cambi le cose in maniera automatica e immediata anche negli altri aspetti della vita della Chiesa».

Si tratta di affermazioni pesanti come macigni, sulle quali ci si augura che qualche cardinale prenda posizione, se non altro per chiedere al loro confratello di essere più esplicito.

Di quale “cambiamento epocale” sul piano dottrinale e pratico stiamo parlando? E può esistere un cambio epocale dottrinale?

Dalle sue parole, pare che si tratti di una rivoluzione circa il concetto di “Chiesa indipendente”, che in passato veniva intesa «in maniera assoluta», mentre oggi evidentemente lo si deve intendere in maniera più sfumata.

Il Cardinal Re poi cerca di rassicurare i destinatari della sua lettera, sottolineando che l’attuale accordo firmato tra la Chiesa e la Repubblica Popolare Cinese non è che il coronamento del processo avviato da Giovanni Paolo II e continuato da Benedetto XVI, il quale «aveva approvato il progetto di Accordo sulla nomina dei Vescovi in Cina, che soltanto nel 2018 è stato possibile firmare».

Occorre avvertire il lettore che secondo la sintattica curialese, questa affermazione non significa che l’Accordo approvato da Benedetto XVI sia lo stesso siglato da papa Francesco, bensì che Ratzinger ha approvato un progetto, mentre Bergoglio ha firmato un Accordo. Sull’identità del primo scritto con il secondo non è dato sapere, soprattutto fino a quando l’Accordo continuerà a rimanere occultato.

Quando poi si va a leggere la lettera che Benedetto XVI aveva inviato il 27 maggio 2007 ai cattolici cinesi, ci si accorge che evidentemente nemmeno lui aveva capito la svolta epocale di cui parla il Cardinal Re, capace di trasformare una chiesa indipendente in una Chiesa in comunione con il Papa.

Benedetto XVI aveva dichiarato come non corrispondente alla dottrina cattolica «la pretesa di alcuni organismi, voluti dallo Stato ed estranei alla struttura della Chiesa, di porsi al di sopra dei Vescovi stessi e di guidare la vita della comunità ecclesiale». Ed aveva stigmatizzato l’attuazione dei «principi di indipendenza e autonomia, autogestione e amministrazione democratica della Chiesa», presenti nell’art. 3 della Chinese Catholic Patriotic Association, perché «inconciliabile con la dottrina cattolica, che fin dagli antichi Simboli di fede professa la Chiesa “una, santa, cattolica e apostolica”». La conseguenza di questo articolo di fede, non suscettibile di svolte epocali, è che «la predicazione del Vangelo, la catechesi e l'opera caritativa, l'azione liturgica e cultuale, nonché tutte le scelte pastorali, competono unicamente ai Vescovi insieme con i loro sacerdoti nella continuità permanente della fede, trasmessa dagli Apostoli nelle Sacre Scritture e nella Tradizione, e perciò non possono essere soggette a nessuna interferenza esterna». Chiediamo al Cardinal Re che tutto sa, se sia presente anche questo nell’Accordo siglato nel 2018.

Che Benedetto XVI fosse estraneo all’idea della legittimità di una chiesa indipendente, lo dimostra anche il seguente richiamo alla comunione e all'unità quali «elementi essenziali e integrali della Chiesa cattolica», con la conseguenza logica che «il progetto di una Chiesa “indipendente”, in ambito religioso, dalla Santa Sede è incompatibile con la dottrina cattolica».

Nell’orizzonte ecclesiologico cattolico esistono solo Chiese particolari, la cui «comunione con la Chiesa universale, rappresentata dal Successore di Pietro, non è un complemento esterno alla Chiesa particolare, ma uno dei suoi costitutivi interni» (Congregazione per la Dottrina della fede, Su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione, n. 17), e non chiese indipendenti. Il Cardinal Re lo sa molto bene, ma se nella sua lettera ai cardinali evita di parlare di chiese particolari per insistere sul concetto d’indipendenza della chiesa cinese, è segno che si tratta di una evidente discontinuità con la dottrina cattolica.

La Nota esplicativa del 27 maggio del 2007 è poi tornata su questo punto delicato, mettendo in evidenza che Benedetto XVI aveva ben presente la situazione di tensione presente tra i cattolici cinesi»; e precisava però che lo stesso Papa intendeva sottolineare come «tale dolorosa situazione non è stata provocata da diverse posizioni dottrinali ma è frutto del "ruolo significativo svolto da organismi, che sono stati imposti come principali responsabili della vita della comunità cattolica" (n. 7)». Ora le finalità dichiarate di questi organismi, «in particolare quella di attuare i principi di indipendenza, autogoverno e autogestione della Chiesa, non sono conciliabili con la dottrina cattolica. Questa interferenza ha dato luogo a situazioni veramente preoccupanti. Per di più, i Vescovi e i sacerdoti si sono visti molto controllati e coartati nell’esercizio del proprio officio pastorale».

Alla luce di queste linee guida richiamate da Benedetto XVI, è evidente che le affermazioni del Cardinal Re risultano inaccettabili, proprio per il fatto che esse chiamano in causa una svolta epocale dottrinale; diventa perciò necessario esigere che l’Accordo siglato nel 2018 sia reso noto almeno a tutti i Cardinali.

L’affermazione che l’indipendenza di una Chiesa non può più essere interpretata come separazione dal Papa apre due scenari inquietanti. Il primo è che la comunione con il Papa non venga più considerata un costitutivo interno della comunione delle Chiese particolari con la Chiesa universale; il secondo è che sia proprio il Papa ad approvare una chiesa indipendente, lasciando sostanziale carta bianca ai vescovi nominati dal Regime, e da lui solo formalmente accettati. Ma in questo caso non di comunione si tratterebbe, ma di complicità del Papa stesso, che avrebbe ceduto de facto su un punto importante della dottrina.