Lockdown di Natale, un attacco inaudito del governo alla famiglia
Come purtroppo era nell'aria da giorni, il governo Conte annuncia un lockdown nazionale per tutto il periodo natalizio. Se il lockdown di marzo-aprile era stato un attentato alla libertà d’impresa e al diritto al lavoro di milioni di persone, questo natalizio è un colpo basso alla famiglia e alle relazioni umane e sociali. E’ una prova di forza di un potere autoritario e dispotico che ha rinunciato da tempo a valutare le evidenze scientifiche e che fonda il suo rapporto con i cittadini sulla paura e sulla sudditanza.
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Che tirasse una brutta aria lo si era capito già ieri mattina quando la Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, aveva criticato il Governo sulla linea ondivaga e incerta sin qui tenuta nella gestione della pandemia. Gli italiani –aveva detto la seconda carica dello Stato - non sanno ancora cosa potranno fare a Natale e questo crea incertezza e impossibilità di programmare la loro vita personale, famigliare e professionale.
Da ieri sera i cittadini sanno cosa potranno fare durante le festività: stare in casa. Esattamente come a marzo e aprile, durante il primo lockdown. Siamo punto e a capo. Il Governo in tanti mesi non ha imparato nulla dalla pandemia e dalla sua evoluzione. Non è riuscito in alcun modo ad apprendere la lezione e continua ad arrancare, rimangiandosi ogni settimana quello che aveva detto la settimana precedente.
Il nuovo lockdown è la beffarda decisione presa dall’esecutivo al termine di una convulsa giornata durante la quale il fronte rigorista costituito dai ministri Speranza, Boccia e Franceschini ha chiesto e ottenuto che dal 24 dicembre al 6 gennaio ci sia un lockdown pressochè totale, con zona rossa nei giorni festivi e prefestivi e arancione negli altri (28, 29 e 30 dicembre, 4 gennaio). Previsti ristori immediati per bar e ristoranti (645 milioni complessivi). Ci si potrà spostare solo con autocertificazione e per motivi di salute, necessità e urgenza.
Sarà possibile vedere una volta al giorno fino a due persone non conviventi (senza contare under 14 e persone non autosufficienti). Divieto di spostamenti tra comuni ma deroghe per i comuni sotto i 5000 abitanti, con la possibilità di spostarsi al massimo fino a 30 chilometri di distanza.
Si tratta di provvedimenti alquanto discutibili per almeno tre ragioni: sono inspiegabilmente restrittivi a fronte di una oggettiva riduzione di contagi e ricoveri; arrivano all’ultimo minuto e finiscono per scombussolare i piani di famiglie e imprese, che avevano impostato la loro programmazione sulla base delle norme precedenti; non vengono spiegate all’opinione pubblica se non con le solite comunicazioni serali del premier, che alimentano dubbi sulla corretta gestione dell’emergenza sanitaria da parte del Governo. Ancora una volta non sono state spiegate ai cittadini le ragioni di tali nuove limitazioni, anche perché non esistono evidenze scientifiche circa l’efficacia e l’indispensabilità di tali misure e, soprattutto, si finisce per trattare tutti allo stesso modo. Ci sono regioni che hanno situazioni decisamente più rassicuranti di altre ed esistono attività che avrebbero potuto rimanere aperte in sicurezza. Si sommano ingiustizie a ingiustizie e si acuiscono le tensioni e le disuguaglianze sociali. A fare il tifo per le chiusure sono i cosiddetti “garantiti”, con stipendio assicurato, case grandi e confortevoli, agiatezza nelle abitudini di vita. Tutti gli altri nel 2021 faticheranno molto per sopravvivere e condurre una vita dignitosa. E poi ci sarà, fra non molto, la vera nuova ondata di disagi psichici che psicologi e psichiatri già paventano da tempo e che devasterà il tessuto sociale creando contraccolpi inimmaginabili. I sacrifici in termini di rinuncia alle libertà fondamentali chiesti agli italiani nel 2020 non sono in alcun modo commisurati all’entità del problema Covid.
Dunque, ad errori macroscopici di sostanza, si aggiungono difetti di programmazione e di comunicazione. Una miscela esplosiva che pone le premesse per una drammatica insofferenza delle persone anche durante le feste, con conseguenti effetti di natura emotiva e psichica, oltre che affettiva. La sottovalutazione del disagio sociale e delle sofferenze personali e intrafamigliari è una delle colpe maggiori di un governo sciatto e superficiale, che non ha minimamente a cuore le sorti del Paese e dei suoi cittadini. E che gioca con la comunicazione per soli scopi propagandistici.
Se il lockdown di marzo-aprile era stato un attentato alla libertà d’impresa e al diritto al lavoro di milioni di persone, questo natalizio è un colpo basso alla famiglia e alle relazioni umane e sociali. E’ una prova di forza di un potere autoritario e dispotico che ha rinunciato da tempo a valutare le evidenze scientifiche e che fonda il suo rapporto con i cittadini sulla paura e sulla sudditanza.
I cenoni sono proibiti anche in casa, e questo si sapeva, ma i parenti potranno ricongiungersi solo in modo molto limitato e con prescrizioni che rasentano il ridicolo.
Durante i giorni festivi e prefestivi compresi tra il 24 dicembre 2020 e il 6 gennaio 2021 lo spostamento verso le abitazioni private sarà consentito una sola volta al giorno, in un arco temporale compreso fra le ore 5 e le ore 22, verso una sola abitazione ubicata nella medesima regione e nei limiti di due persone, ulteriori rispetto a quelle ivi già conviventi, oltre ai minori di anni 14 sui quali tali persone esercitino la potestà genitoriale e alle persone disabili o non autosufficienti conviventi. Per esempio chi fosse andato a pranzo a casa dei nonni, non potrà andare la sera stessa a cena dai cugini.
Le opposizioni attaccano le misure. In particolare Matteo Salvini annuncia: "Mi autodenuncio. Il 25 non si può uscire di casa, neanche portare coperta o un piatto caldo a chi dorme in strada e ha freddo; io lo farò lo stesso, come da anni sono abituato a fare, a portare dei doni ai bambini, pranzare insieme ai clochard, il giorno del 25 dicembre. Non potete chiudere in casa il cuore e la voglia di aiutare degli italiani. Coordiniamoci. Mettiamoci d’accordo in tutte le città".
Una cosa è certa. Dopo che il 25 ottobre aveva chiesto agli italiani di fare sacrifici “per salvare il Natale”, ora il premier Giuseppe Conte è costretto a fare marcia indietro e a calpestare ancora una volta le libertà individuali. Gli italiani, però, hanno esaurito la loro pazienza e lo aspettano al varco. La sua sorte è politicamente ormai segnata. E’ solo questione di tempo. Anche questa sua attitudine a tenere sulla corda i cittadini prima di fare i suoi consueti soliloqui serali si traduce in una mancanza di rispetto nei confronti di chi paga le tasse e rispetta le regole. Il decreto commentato ieri da Conte è l’ennesima pagina buia della nostra vita democratica, prima ancora che della pandemia. Gli italiani non meritano questo.