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LA RIGIDITA' SUL VESUVIO

Lockdown alla napoletana: chiese aperte 2 ore e confessioni se opportune

Vescovi ancor più solerti del dovuto. A Napoli il cardinale Sepe dispone che le chiese della Diocesi di Napoli restino aperte tutti giorni, ma solo per alcune ore la mattina. Le confessioni? Solo se riutenute opportune. 

Ecclesia 08_05_2020

Se c’è una cosa che a Napoli non manca, sono le chiese. A Napoli la Fede e la pietà popolare sono qualcosa che nessuno è riuscito mai a sradicare. Doveva arrivare il nuovo Coronavirus, l’ingerenza unica dello Stato e una nuova alfabetizzazione ideologica circa cura dell’anima e cura del corpo, per cambiare le cose. Per manomettere irrimediabilmente persino il cuore di tanti. Perché a Napoli, come per tante cose, da sempre, s’è verificata l’ennesima eccezione anche nella disciplina imposta a sacerdoti, laici e fedeli per via del virus.

È successo che la diocesi partenopea chiedesse già a fine febbraio la comunione sulle mani e varie norme di sanificazione e a titolo precauzionale: dalla sospensione di qualsiasi attività parrocchiale fino alle acquasantiere svuotate. Quando il 4 marzo il cardinale Bassetti anticipava il governo circa la sospensione delle messe feriali nelle province allora più colpite dal virus, il 9 marzo la diocesi di Napoli, che non era colpita dal virus, senza stipulare alcun compromesso di sorta e senza valutare le singole circostanze, si accodava alla Conferenza Episcopale e vietava la Santa Messa con il popolo. Anche quella feriale, quella frequentata dal solito sparuto numero di fedeli - anche venti in 500 metri quadrati. 

Dal 9 marzo, giorno in cui la Chiesa Cattolica fa memoria di Santa Francesca Romana - patrona delle pestilenze -, nel solito paradosso, a Napoli si sospende tutto. Come nel resto, quasi, d’Italia, subentra il divieto di comunione ad anziani ed ammalati (tranne per estreme e comprovate circostanze), il rinvio di matrimoni e battesimi, per i funerali è concessa l’esclusiva benedizione delle salme. Arriva lo streaming per le attività formative, il rinvio di benedizioni di case ed esercizi commerciali, la sospensione di tutte le attività di pietà popolare e le attività dal tribunale ecclesiastico, con l'impegno, scrive l'arcivescovo a “vivere le privazioni richieste come una grande opportunità di crescita interiore nella Fede [...] come un digiuno da ciò che abbiamo di più prezioso per prepararci alla Pasqua”. Qualcuno, invano, si è domandato come si faccia a crescere nella virtù della Fede se tutto è vietato e sconsigliato e - tranne per gravi circostanze; quand’è che sono gravi? - persino il dialogo con i sacerdoti! Viene chiesto ai sacerdoti di poter celebrare con una, massimo due persone ad assisterli. 

Poi il 13 marzo arriva uno strano, unico, straordinario colpo di grazia: il cardinale Sepe dispone che le chiese della Diocesi di Napoli restino aperte tutti giorni, ma solo per alcune ore la mattina e solo per una “breve preghiera personale”, scrivono in calce. Ma i sacerdoti possono rendersi disponibili, se lo ritengono opportuno, per le confessioni, evitando assembramenti, si aggiunge. E viene chiesta, ancora, la massima attenzione “come sottolineano il governo e la Conferenza Episcopale Italiana, perché un'eventuale imprudenza potrebbe danneggiare le persone e il bene comune”. Per l'occasione entra in vigore il divieto di adorazione Eucaristica, benedizione eucaristica e quello di distribuire la Comunione al di fuori della messa. Quasi come una risposta per le rime ai vari e leciti appelli per la Santa Comunione fuori dalla Messa.

Da quel momento, in tutte le chiese della diocesi iniziano a chiudersi portoni e cancelli. Vengono blindate le cappelle di adorazione perpetua. Succede che alcuni parroci sono costretti ad allontanare piccoli di gruppi di preghiera che, data la situazione, e a digiuno dalle messe, iniziavano a formarsi spontaneamente; succede che alcuni sacerdoti osano tenere le cappelline aperte, ma vengono denunciati; succede che la polizia fa le ronde fuori le chiese, inizia a bussare alle porte chiuse delle chiese per controllare - anche se sono chiuse! Succede che la lista dei divieti si allunga, alcuni iniziano ad aprire per due ore al mattino, qualcuno per una sola ora, qualcuno da marzo ha sbarrato quel portone che apre al tabernacolo. 

Qualcuno si è domandato se il virus si muovesse ad orari e per due ore la mattina, riposi, mentre qualche professore napoletano, che si atteggia a teologo, ci ha spiegato che la Chiesa, siccome è madre, sta chiusa a differenza del supermercato e che, si sa, non è chiamata mica “all’eroicità”, quindi ben vengano queste misure!

Domenica 15 marzo, la prima domenica per la diocesi partenopea di digiuno dalla santa Messa, il cardinale Sepe chiede che vengano suonate le campane a festa per almeno un minuto, alle 12. Passano i giorni e si inseguono i divieti, a Napoli e in provincia. Ecco quindi, che vengono vietate palme e acqua santa, ai sacerdoti viene ordinato di celebrare soli, senza neanche un diacono e viene ribadito il divieto, anche nelle due ore in cui la chiesa può stare aperta, di esposizione eucaristica. Per quali ragioni di profilassi tutto ciò? Qualcuno sa spiegarlo?

Viene chiesto, ancora, esplicitamente ai parroci di programmare il loro palinsesto di dirette streaming, in modo da non intralciare quello dei vescovi della diocesi. Diventa esperienza comune, così, nuova realtà, a Napoli, quella di assistere ai sacerdoti e al Santissimo messi sotto chiave, spariti dall’orizzonte - tranne in rari, rarissimi casi. Ed è successo persino che nell’enorme e vuoto santuario di Pompei, durante la settimana santa, chi entrava per la confessione si è visto rispondere, dall’unico sacerdote presente, che non era possibile soddisfare la richiesta del sacramento. 

L’ultima comunicazione di ordine pratico che la diocesi di Napoli fa ai suoi sacerdoti risale al 30 aprile. Si tratta delle disposizioni per le messe in occasione dei funerali imposte dalla Conferenza Episcopale. E si chiede che il sacerdote, in mascherina, sia lui a recarsi dai fedeli presenti per il defunto se richiedono la comunione e, dopo aver avuto cura di igienizzarsi le mani, può offrire l'ostia sulle mani dei fedeli senza entrare in contatto fisico.