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TASSE INGIUSTE

Lo Stato, il grande predatore

Tentativi di suicidio e attentati fanno riflettere: se c'è un dovere morale di pagare le tasse, c'è anche il dovere dello Stato di non depredare il Paese.

Editoriali 02_04_2012
Fisco

Nella sua edizione di venerdì 30 marzo il quotidiano torinese La Stampa ha pubblicato una lettera con cui Attilio Befera, direttore generale dell’Agenzia delle Entrate, difendeva l’ente da lui diretto nonché la società Equitalia, che ne è il braccio operativo, dall’accusa di essere in certo modo moralmente responsabile del gesto disperato dell’artigiano edile oppresso da un ingente debito nei confronti del fisco che si è recentemente dato fuoco per protesta nel Bolognese dinnanzi a un ufficio dell’Agenzia stessa.

Questo tragico gesto, che resta per il momento un tentato suicidio (essendo la persona che si è data fuoco ancora in vita mentre scriviamo), è stato preceduto nelle scorse settimane da altri gesti simili in altre parti d’Italia, mentre in precedenza, a partire dal dicembre 2011, si sono dovuti lamentare alcuni attentati con pacchi bomba contro uffici di Equitalia poi rivendicati da sedicenti gruppi anarchici-insurrezionalisti. Equitalia non brilla di certo per cordialità e sensibile attenzione verso il contribuente in buona fede, e anche noi come tanti avremmo da raccontare qualche nostra esperienza personale al riguardo. Tuttavia Befera ha ragione a scrivere nella sua lettera a La Stampa che non sta né all’Agenzia delle Entrate né a Equitalia di decidere quando e a chi si possano in tutto o in parte condonare imposte che risultano dovute a termini di legge. In questo senso - diciamo facendo un paragone un po’ brusco ma che ha il vantaggio di essere efficace – sarebbe come dare al boia la colpa della pena di morte.

Al di là infatti delle responsabilità immediate dei dazieri il nocciolo della questione è un altro: la pressione fiscale spropositata che fa dello Stato italiano il grande predatore delle risorse del Paese. Anche se oggi tale situazione ha raggiunto livelli senza precedenti è giusto ricordare che la sua voracità è ab origine. Risale a quando il Regno Sardo scaricò sul nuovo Regno d’Italia il grande debito pubblico che aveva accumulato per finanziare le sue guerre contro l’Austria. Da allora ad oggi la pressione fiscale relativamente sempre eccessiva non ha mai smesso di accompagnare la storia dello Stato italiano. Nessun governo o regime è mai comunque riuscito a risolvere il problema innanzitutto perché nessun governo ha voluto o potuto affrontarlo in modo radicale. Ciò implicherebbe:

a) una rigorosa riforma dell’amministrazione centrale dello Stato che è di gran lunga la prima fonte di spese pubbliche improduttive (un ministero inutile, e ce ne sono diversi, costa molto di più di migliaia di piccoli comuni, i quali notoriamente costano pochissimo);


b) la rottura del circolo vizioso costituito da aliquote iniquamente elevate che inducono all’evasione fiscale da un lato, e dall’altro da un controllo di polizia esercitato da un corpo ad hoc, la Guardia di Finanza, unico caso al mondo di polizia tributaria con carattere di forza armata e competenze anche in tema di controllo del territorio e persino di ordine pubblico (una particolarità da cui viene conferma ipso facto che lo Stato italiano mette in conto l’eventualità di forme di resistenza al prelievo delle imposte che potrebbero giungere fino alla rivolta).

Come dimostrano anche i “blitz” di questi giorni, la lotta a tale evasione indotta (che perciò diviene di massa ovunque ciò sia materialmente possibile) può avere successo solo nella misura in cui le attività per così dire “a rischio” vengono sottoposte a un controllo militare che al momento le soffoca e che poi in ogni caso non può diventare permanente. Se poi si considera che nel nostro tempo i suicidi col fuoco per  protesta e le bombe contro gli uffici pubblici hanno in più occasioni preannunciato l’esplodere di grandi insurrezioni, il fatto che episodi del genere stiano accadendo nel nostro Paese dovrebbe indurre sia l’attuale governo che il ceto politico a qualche seria riflessione.

Sarebbe finalmente il caso di rendersi conto che oltre all’evasione fiscale dolosa e ingiustificata – che va perseguita come qualsiasi altro delitto - c’è anche quella per necessità se non per disperazione. Pertanto, ci si permetta di osservare concludendo che il richiamo al dovere morale dei cittadini di pagare le imposte non accompagnato da un analogo richiamo al dovere dello Stato di non depredarli, rischia di essere farisaico o quantomeno di risolversi in un indebito omaggio a un potere che non se lo merita.