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ECONOMIE MALATE

Lo Sri Lanka muore di fame, dopo anni di debiti

Che cosa è successo, negli ultimi anni, per arrivare ad un collasso del Paese asiatico? La causa immediata è l’esaurimento della valuta straniera, dovuta al Covid e al crollo del turismo. Finita la valuta straniera, sono finiti i soldi per comprare il carburante che nel frattempo è rincarato. Il problema di fondo però era il debito troppo alto. 

Economia 07_04_2022
Sri Laka, manifestazione contro il presidente

Lo Sri Lanka muore letteralmente di fame. Dopo la lunga guerra civile, conclusa nel 2009, pareva un eldorado di turismo e di opportunità di crescita economica. E invece si è trattato di un caso da manuale di cattiva amministrazione e sperpero. Ora non ci sono neppure i soldi per comprare il carburante e la popolazione vive con i razionamenti di corrente elettrica e fa la coda per il cibo, il cui prezzo è aumentato del 30% nell’ultima settimana.

Il governo ha proclamato uno stato d’emergenza e il coprifuoco dal 1 aprile (quando una protesta si era conclusa con 5 poliziotti feriti e 53 manifestanti arrestati) fino a ieri, temendo altri scontri. Tutti i ministri del governo hanno rassegnato le dimissioni, tranne Mahinda Rajapaksa, fratello del presidente. Ma non c’è alcun accordo per formare un governo di unità nazionale, perché le opposizioni non accettano che Rajapaksa ne possa far parte. Il presidente, Gotabaya Rajapaksa, afferma “la crisi non dipende da me”. Nonostante aumentino le manifestazioni di dissenso, in piazza così come in parlamento, ha dichiarato ieri che non darà le dimissioni “per nessuna ragione”. Ieri si sono uniti ai manifestanti anche i vescovi cattolici. Il cardinale Malcolm Ranjith, assieme ai vescovi ausiliari di Colombo, Maxwell Silva, Anthony Jayakody e Anton Ranjith, ha indetto una marcia silenziosa, per pregare per la gente colpita dalla crisi economica.

Che cosa è successo, negli ultimi anni, per arrivare ad un collasso del Paese asiatico? La causa immediata è l’esaurimento della valuta straniera, con cui acquista il petrolio e tutti i prodotti di importazione. Le riserve si sono esaurite soprattutto perché, a causa della pandemia, è venuto meno il turismo che era la maggior fonte di valuta straniera. Nel 2020 era scoppiata la prima crisi, con una contrazione del Pil pari al 3,6%. Quelli che vediamo ora sono gli effetti di lungo termine. A far scoppiare il problema, in questo periodo, è stato l’aumento dei prezzi del carburante, iniziato ben prima della guerra in Ucraina. Lo Sri Lanka, dipendendo dal petrolio comprato all’estero, si è trovato con un problema immediato di scorte che ha causato un aumento di tutti i prezzi.

Ci sono anche cause di più lungo termine di questa crisi e, in questo caso, dipendono eccome dal presidente Rajapaksa. Il quale si ha indebitato l’economia nazionale, soprattutto con la Cina, per rinnovare le infrastrutture del Paese. Erano cinesi i progetti di costruzione del nuovo porto di Colombo e del porto ed aeroporto di Hambantota, il collegio elettorale del primo ministro Mahinda Rajapaksa. Quest’ultimo progetto è diventato un caso-scuola su come la Cina, nei suoi progetti legati alla Nuova Via della Seta, tratta i Paesi clienti e debitori. Lo Sri Lanka non è stato in grado di pagare i suoi debiti e il porto di Hambantota è stato dunque preso in affitto per 99 anni da Pechino, tramite una compagnia statale. I debiti sono aumentati anche a causa di un’economia sussidiata, in cui beni di consumo primari, fra cui il carburante, erano venduti a prezzi politici. Le tasse erano state tagliate nel 2019 da un ottimista governo Rajapaksa, riducendo di un terzo le entrate fiscali. Ma invece di innescare una spirale virtuosa di crescita e investimenti, la manovra è stata vanificata dalla crisi del 2020.

Tutti questi fattori hanno ridotto il Paese alla fame. E adesso? A parte le proteste di piazza, da quelle più violente di venerdì a quelle più pacifiche e silenziose di ieri, i maggiori economisti del Paese hanno inoltrato al governo una lettera aperta in cui chiedono una moratoria sul pagamento del debito per un periodo di 5 anni. Il Paese, stando ai dati della scorsa primavera, ha 16 miliardi di dollari in debiti con creditori stranieri, 3 miliardi con la Cina, altri 3 miliardi con il Giappone e 1 miliardo con l’India. Una moratoria è un’arma a doppio taglio. Se passa l’idea che il Paese non voglia pagare i creditori, ottenere prestiti in futuro diventerà ancor più difficile.