Lo Spirito Santo (II parte) – Il testo del video
Oltre che affermare, come nel Credo, che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, è corretto anche dire che «procede dal Padre per il Figlio»: la spiegazione di san Tommaso. Il Padre e il Figlio: due persone distinte, unico principio di spirazione.
Proseguiamo le nostre catechesi sullo Spirito Santo. Come avevo accennato la scorsa volta, continuiamo il commento della quæstio 36 della prima parte della Somma Teologica di san Tommaso. Riassumo brevemente i primi due articoli commentati domenica scorsa.
Abbiamo visto come la verità della processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio, quindi la questione del Filioque, si basi su due principi fondamentali. Il primo principio ci dice che le distinzioni nella Santissima Trinità possono essere date solo per relazione: se non fosse così, noi dovremmo affermare un triteismo o un politeismo, a seconda di quante divinità consideriamo. Invece, la distinzione appartiene solo alla relazione delle persone divine tra loro ed è una relazione di opposizione. Che cosa vuol dire? Vuol dire che ciò che distingue il Padre dal Figlio è che il primo è generante, l’altro è generato. Lo Spirito Santo ha una relazione di opposizione nei confronti del Padre in quanto procedente dal Padre, mentre il Padre è colui che spira lo Spirito Santo. Il problema emergerebbe nella sua opposizione rispetto al Figlio: se sia il Figlio che lo Spirito Santo hanno una relazione di opposizione rispetto al Padre, mancherebbe però quella relazione di opposizione tra loro che li distingue l’uno come Figlio e l’altro come Spirito Santo. Ed è per questo che, appunto, nella determinazione della spirazione dello Spirito Santo dal Padre si aggiunge «e dal Figlio», perché in questo modo lo Spirito Santo ha una relazione di opposizione anche con il Figlio, cioè si distingue anche dal Figlio in quanto il Figlio spira, e lo Spirito Santo è spirato dal Figlio, procede dal Figlio.
Abbiamo anche visto come questa affermazione della spirazione anche dal Figlio sia necessaria. Se ricordate, la scorsa volta abbiamo proprio enfatizzato questo aspetto: se tutto quello che è del Padre è anche del Figlio, tranne il suo essere Padre, cioè tranne ciò che caratterizza la relazione di opposizione rispetto al Figlio, ma per il resto tutto ciò che ha il Padre lo ha anche il Figlio, allora il fatto che il Padre sia il principio della spirazione dello Spirito Santo è dato anche al Figlio. Questo essere principio della spirazione dello Spirito Santo non è ciò che distingue il Padre dal Figlio: ciò che distingue il Padre dal Figlio è solo la generazione: generante e generato. Dunque, vedete la necessità dell’affermazione della spirazione anche dal Figlio.
Ora, nei due ultimi articoli della quæstio 36, san Tommaso si pone altre due domande. La prima riguarda la correttezza o meno della formulazione secondo cui lo Spirito Santo procede dal Padre per il Figlio. Fino adesso abbiamo spiegato perché è corretto e necessario che lo Spirito Santo proceda dal Padre e dal Figlio. Ora, san Tommaso si chiede: è corretto dire anche che «lo Spirito Santo procede dal Padre per il Figlio»? Perché si pone questa domanda? Perché in effetti questa formulazione la troviamo in diversi Padri della Chiesa, per esempio sant’Ilario di Poitiers, mi sembra anche san Basilio Magno. Allora, come la dobbiamo intendere? È sbagliata rispetto alla processione dal Padre e dal Figlio? È più imperfetta? O addirittura è la negazione della processione dal Padre e dal Figlio? Questo è il tema dell’art. 3.
San Tommaso si muove tre obiezioni principali che sembrerebbero negare che si possa affermare che lo Spirito Santo procede dal Padre per il Figlio. Vediamole. La prima obiezione: se diciamo che lo Spirito Santo procede dal Padre per il Figlio e non semplicemente «e dal Figlio», allora sembrerebbe che non proceda immediatamente dal Padre, perché ciò che procede per altro non procede immediatamente dal primo termine. E quindi sembrerebbe una negazione del principio che lo Spirito Santo procede dal Padre. Cioè, se procede per mezzo del Figlio, se c’è una mediazione del Figlio, allora non c’è una processione immediata dal Padre. Questa è la prima obiezione.
Seconda obiezione: se invece si accentua questa processione per il Figlio, allora, scrive san Tommaso, sembrerebbe che «lo Spirito Santo procederà più dal Padre che dal Figlio», cioè se il Figlio è solo un per, è solo un mezzo, allora sembra che tra il Padre e il Figlio c’è una disparità, per cui se enfatizzo questo per il Figlio sto dicendo che in fondo procede più dal Padre che non dal Figlio, perché il Figlio è solamente una mediazione. Questa obiezione è il rovescio di quella precedente. Nel primo caso, questa mediazione sembrerebbe sminuire la processione immediata dal Padre; nel secondo, questa mediazione sembrerebbe mettere su due piani diversi il Padre e il Figlio, a favore del Padre nella spirazione dello Spirito Santo.
La terza obiezione è che «se lo Spirito Santo procedesse dal Padre per mezzo del Figlio, prima dovrebbe essere generato il Figlio e poi procedere lo Spirito Santo. E così la processione dello Spirito Santo non sarebbe eterna. Ma questa è un’eresia». Ora, il Figlio ha l’essere per generazione dal Padre. In pratica l’obiezione è: se io dico che lo Spirito Santo procede dal Padre per il Figlio, vuol dire che lo Spirito Santo deve prima “attendere” in qualche modo la generazione del Figlio per poi poter procedere anche da Lui. E questo sembrerebbe appunto negare la divinità dello Spirito Santo, cioè la sua eternità, che è caratteristica essenziale della divinità.
Vediamo il cuore, il nucleo della risposta di san Tommaso: «Siccome il Figlio ha dal Padre di essere principio dello Spirito Santo, si può dire che il Padre per il Figlio spira lo Spirito Santo; oppure, ed è la stessa cosa, che lo Spirito Santo procede dal Padre per il Figlio» (I, q. 36, a. 3). In sostanza qui san Tommaso ci sta dicendo: la formulazione «lo Spirito Santo procede dal Padre per il Figlio» è corretta se noi con questo per il Figlio intendiamo sottolineare che il Figlio ha dal Padre di essere il principio di spirazione. Detto in altri termini: questa formulazione, «dal Padre per il Figlio», non deve essere vista come antitesi di «dal Padre e dal Figlio», ma ha la sfumatura di mostrare che il fatto di essere principio di spirazione, quindi principio della processione dello Spirito Santo, il Figlio lo ha dal Padre, perché il Figlio ha tutto dal Padre. Tutto quello che il Figlio ha, lo ha ricevuto dal Padre ab æterno, cioè non da un inizio.
Ora, se è chiaro questo, abbiamo anche gli elementi per rispondere alle tre obiezioni che ci siamo mossi. Partiamo dall’ultima, che è la più semplice. Il Figlio ha dal Padre, grazie alla sua generazione (la generazione è proprio questo ricevere tutto dal Padre), il fatto di essere il principio di spirazione dello Spirito Santo. Se ce l’ha dalla sua generazione, significa che ce l’ha dall’eternità; non c’è un inizio del Figlio, non c’è un inizio della generazione del Figlio e quindi non c’è un prima o un poi. Quindi, essendo questa la realtà della generazione, non ha senso porsi l’obiezione che la processione dello Spirito Santo debba “attendere” che prima il Figlio venga generato. Infatti, san Tommaso taglia corto rispondendo alla terza obiezione così: «Come la generazione del Figlio è coeterna al generante, poiché il Padre non esisteva prima che generasse il Figlio [la generazione non indica un prima e un poi, indica un generante e un generato], così la processione dello Spirito Santo è coeterna al suo principio». Se il principio della processione dello Spirito Santo è il Padre e il Figlio, è coeterno al Padre e al Figlio: non c’è un prima e un poi. «Quindi – conclude Tommaso – non fu generato il Figlio prima che procedesse lo Spirito Santo, ma tanto la generazione quanto la processione sono eterne» (I, q. 36, a. 3, ad 3).
Le altre due obiezioni sono un po’ più delicate e richiedono maggiore argomentazione. Ricordiamo la prima: se è per il Figlio che avviene la spirazione, sembra che lo Spirito Santo non proceda più immediatamente dal Padre, ma solo mediatamente dal Padre per il Figlio. San Tommaso precisa: «Se nel Padre e nel Figlio si considera la virtù per cui essi spirano lo Spirito Santo, allora non si dà alcun intermediario, poiché questa virtù è la stessa e identica in ambedue» (I, q. 36, a. 3, ad 1). Intanto, qui vediamo l’importanza di disambiguare, cioè in che senso si sta affermando qualche cosa, perché qui si gioca tutto: qui si gioca l’ortodossia o l’eresia. Non si può parlare della fede, della dottrina, della teologia utilizzando espressioni equivoche. È chiaro che nella spiegazione si deve per forza semplificare, ma si deve comunque arrivare a precisare i termini che si utilizzano, altrimenti non ci si capisce più, e una stessa espressione può essere intesa in modo corretto o in modo scorretto.
In questo caso, Tommaso ci dice: se nel Padre e nel Figlio consideriamo la virtù, cioè la virtù divina, per cui essi fanno procedere lo Spirito Santo, allora non c’è un intermediario perché lo Spirito Santo procede direttamente dalla virtù divina. «Se invece si considerano le persone spiranti, allora, siccome lo Spirito Santo procede ugualmente dal Padre e dal Figlio, si trova che lo Spirito Santo deriva immediatamente dal Padre in quanto procede da lui; e ne deriva mediatamente in quanto procede dal Figlio» (ibidem). Se parlo della virtù divina, essa è una: non c’è intermediario. Se io invece prendo le persone da cui procede lo Spirito Santo, cioè il Padre e il Figlio, allora devo fare attenzione perché in questo caso io devo affermare che lo Spirito Santo procede direttamente dal Padre, ma anche mediatamente dal Padre. Perché mediatamente dal Padre? Perché il Figlio spira lo Spirito Santo in virtù del Padre e quindi possiamo dire che lo Spirito Santo procede dal Padre sia immediatamente che mediatamente per il Figlio.
E qui san Tommaso fa un esempio; teniamo conto che gli esempi che riguardano il nostro mondo materiale calzano fino a un certo punto quando parliamo della Trinità. Qual è questo esempio? È l’esempio della generazione di Abele. San Tommaso ci dice: se considero Abele, io posso dire che Abele è stato generato da Adamo direttamente, immediatamente in quanto Adamo era il padre, ma anche mediatamente, in quanto Eva, che era la madre di Abele, “procedeva”, diciamo così, da Adamo. Ricordiamo il racconto della creazione: Eva viene da Adamo. E dunque Adamo, rispetto ad Abele, è principio immediato e mediato. Qualcosa di analogo avviene nella Trinità. Lo Spirito Santo procede immediatamente dal Padre: dal Padre procede in modo immediato, ma anche mediatamente in quanto il Figlio è generato dal Padre e riceve dal Padre il principio di spirazione. Quindi, non è vero che allora non procede più immediatamente dal Padre: in realtà procede immediatamente e mediatamente, il che non è una contraddizione perché le due cose sono affermate sotto dei profili differenti.
Invece la seconda obiezione è quella che ci dice che l’affermazione per cui lo Spirito Santo procede dal Padre per il Figlio sembrerebbe accentuare il ruolo paterno a discapito di quello del Figlio, cioè sembrerebbe che lo Spirito Santo proceda più propriamente dal Padre che non dal Figlio. E anche qui san Tommaso ci invita a fare attenzione, spiegando che «la virtù spirativa è numericamente la stessa nel Padre e nel Figlio» (I, q. 36, a. 3, ad 2). Perché è numericamente la stessa? Perché viene dalla divinità che il Padre ha comunicato al Figlio. Da questo punto di vista, «lo Spirito Santo procede ugualmente dall’uno come dall’altro»; non c’è una virtù spirativa diversa, come se quella del Padre fosse più forte di quella del Figlio. Se guardiamo invece alle persone della Trinità, bisogna ricordare che esse sono distinte: c’è un’unica virtù spirativa, ma abbiamo due persone che spirano lo Spirito Santo, ossia il Padre e il Figlio. Se guardiamo a questo secondo aspetto, è chiaro che non c’è un’anteriorità o una maggiore forza del Padre, ma dobbiamo dire che certamente è il Figlio che partecipa della virtù che il Padre gli comunica, e non il contrario. Quindi, dobbiamo mantenere l’unità della divinità, cioè l’unità della virtù spirativa, ma nello stesso tempo mantenere la distinzione delle persone. Per cui non possiamo dire il Padre riceve la virtù spirativa dal Figlio o che il Figlio ce l’ha in proprio senza averla ricevuta dal Padre, perché rimane la relazione Padre-Figlio, generante-generato; perciò tutto quello che il Figlio ha, lo ha dal Padre, dall’eternità, compresa la virtù spirativa.
Vediamo adesso l’art. 4 in cui san Tommaso si chiede se il Padre e il Figlio siano un unico principio di questa spirazione o due. Attenzione, perché questa domanda ha sullo sfondo un riferimento storico ben preciso, che è la disputa tra Greci e Latini al Concilio di Firenze e in particolare la figura di Marco Eugenico, il metropolita di Efeso, che fu strenuo oppositore del Filioque. Vi rimando ai due supplementi domenicali che ho dedicato a Marco Eugenico e alle sue obiezioni durante il Concilio di Firenze (vedi qui e qui). Questo è un punto delicato. Secondo Marco Eugenico, i Latini, affermando la processione dello Spirito Santo anche dal Figlio, avrebbero introdotto due principi in Dio. Lui dice: o lo Spirito Santo, come dicono i Latini, procede dalla persona del Padre e da quella del Figlio e quindi abbiamo due principi; oppure, se vogliamo salvare l’unico principio, lo Spirito Santo dovrebbe procedere dall’unica sostanza divina e quindi dovrebbe procedere da Sé stesso perché anche Lui è Dio. In realtà, l’obiezione non regge. La seconda parte non tiene perché anche il Figlio procede dall’unico principio della sostanza divina, eppure nessuno dice che per questa ragione il Figlio procede da Sé stesso; il fatto di procedere dall’unica sostanza divina, non vuol dire che il Figlio proceda da Sé stesso. Analogo discorso si fa per la processione dello Spirito Santo.
Ma vediamo la questione dei due principi. Domanda: è vero che se affermo la processione dal Padre e dal Figlio allora devo affermare due principi e quindi devo introdurre una dualità nell’unità divina? Non è così, ci spiega san Tommaso. Il principio di fondo dell’argomento di Tommaso è questo: «Il Padre e il Figlio sono in tutto e per tutto una stessa cosa, eccetto in quegli aspetti in cui vi è distinzione per l’opposizione delle relazioni» (I, q. 36, a. 4). Ormai questo dovremmo saperlo a memoria: la distinzione nella Trinità si dà solo per l’opposizione delle relazioni; nel resto, le tre persone sono una stessa cosa. «Ora, siccome nell’essere principio dello Spirito Santo non c’è questa opposizione relativa, ne segue che il Padre e il Figlio sono un unico principio dello Spirito Santo» (ibidem). È il corollario di quello che abbiamo detto: non essendo la spirazione un aspetto che distingue il Padre dal Figlio nella loro relazione di opposizione, vuol dire che è comune a entrambi; e dunque, se è comune a entrambi, non si tratta di due principi, bensì di un principio. Un principio e due persone. Quindi, il concetto di fondo è questo: per comprendere l’unità del principio, per non introdurre la dualità del principio, noi dobbiamo affermare l’unità di principio nella virtù spirativa, ma non un’unità personale: non è un’unità di persone, bensì un’unità di principio, di virtù spirativa. Dall’altra parte, che cosa dobbiamo affermare? Due persone, ma non una dualità di principio. Dunque, un unico principio in due persone. E non due principi che derivano da due persone.
E san Tommaso, in particolare nella risposta alla prima obiezione, insiste su questo aspetto: «Se si guarda alla virtù spirativa, si può dire che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio in quanto sono una cosa sola per tale virtù spirativa, la quale (…) in un certo senso indica la natura unita a una proprietà» (I, q. 36, a. 4, ad 1). In sostanza, che cosa ci sta dicendo qui Tommaso? Se io guardo alla virtù spirativa, per la virtù spirativa il Padre e il Figlio sono una cosa sola, perché il Padre è il principio della virtù spirativa, ma questo principio lo dà pienamente al Figlio, che quindi è anch’esso principio di virtù spirativa: c’è un unico principio perché c’è un’unica virtù spirativa.
Per capirci, prendiamo una delle classiche affermazioni del Simbolo atanasiano: se io dico «il Padre è eterno, il Figlio è eterno», non sto dicendo che ci sono due eterni; se io dico che «il Padre è onnipotente, il Figlio è onnipotente, lo Spirito Santo è onnipotente», non sto dicendo che ci sono tre onnipotenti. Per il nostro argomento di oggi, è la stessa cosa: se io dico che il Padre ha la virtù spirativa e il Figlio ha la virtù spirativa, non ho due virtù spirative, dunque non ho due principi di spirazione: ho invece un unico principio di spirazione. Diverso è distinguere le persone; infatti, san Tommaso aggiunge: «Se invece si considerano i soggetti della spirazione [non i principi: i soggetti si riferiscono alle persone], allora lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio come persone distinte, in quanto che procede da essi come amore che li unisce entrambi» (ibidem).
Anche oggi abbiamo ragionato molto sulla questione della processione dello Spirito Santo precisando ulteriori aspetti importantissimi, che concludono per certi versi la spiegazione – per quanto accessibile chiaramente alla ragione umana, illuminata dalla fede e dalla grazia – del mistero della Santissima Trinità.
La prossima volta vedremo altre due questioni della prima parte della Summa dedicate allo Spirito Santo e che riguardano il nome proprio che viene dato allo Spirito Santo, cioè: il nome di amore, se sia il suo nome proprio e perché; e il nome di dono. E poi proseguiremo con altri articoli di altre parti della Summa, sempre in relazione allo Spirito Santo. Intanto, riflettiamo sulle distinzioni importanti che abbiamo fatto.
Lo Spirito Santo (II parte)
Oltre che affermare, come nel Credo, che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, è corretto anche dire che «procede dal Padre per il Figlio»: la spiegazione di san Tommaso. Il Padre e il Figlio: due persone distinte, unico principio di spirazione.
Lo Spirito Santo – Il testo del video
All’interno della crisi ariana nacque anche l’eresia che negava la divinità dello Spirito Santo. Il dilemma di Eunomio e la risposta di san Gregorio Nazianzeno: la distinzione tra generazione e processione. Le obiezioni al Filioque e le risposte di san Tommaso.
Gli errori teologici di Marco Eugenico nell’opporsi al Filioque
Dalla lettura dei testi della disputa sul Filioque al Concilio di Ferrara-Firenze, si vede che il metropolita di Efeso, Marco Eugenico, era arroccato su una posizione antifilioquista che di fatto confondeva le persone divine.
Le modifiche al Credo, il nodo del Concilio di Ferrara-Firenze
Uno dei nodi principali discussi da Greci e Latini riguardò la possibilità di aggiungere o togliere qualcosa dal Credo. Marco di Efeso oppose un’obiezione “di forma” al Filioque. Un’obiezione speciosa che non teneva conto dell’aspetto fondamentale: il contenuto della fede.

