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LA NUOVA PREMIER BRITANNICA

Liz Truss, una conservatrice senza compromessi

Il Regno Unito ha un nuovo primo ministro, Liz Truss, già ministro degli Esteri nel governo Johnson. Nonostante un passato di repubblicana e liberaldemocratica, la nuova premier si annuncia come la più conservatrice fra i Tories, dopo 17 anni di "sbandate" a sinistra. Determinata sui temi etici, contro le tasse, per la difesa delle democrazie.

Esteri 06_09_2022
Liz Truss

Il Regno Unito ha un nuovo primo ministro, Liz Truss, già ministro degli Esteri nel governo Johnson. Si tratta della terza premier donna nella storia del Paese, dopo Margaret Thatcher (tre mandati, dal 1979 al 1990) e Theresa May (un breve mandato, chiuso in anticipo, dal 2016 al 2019). La stampa, britannica e internazionale, constata come solo i Conservatori sappiano promuovere le loro donne al rango di capo di governo… pur senza avere “quote rosa”.

Ma più che al sesso della nuova premier, è bene pensare prima di tutto alle sue idee e quali potrebbero essere le sue politiche nei due anni che le restano prima che scada la legislatura nel 2024. La particolarità della Truss è che si tratta, per la prima volta dal 2005, di una conservatrice che parla da conservatrice e, probabilmente, agirà anche di conseguenza. Cameron, infatti (a capo dei Tories dal 2005 al 2016) era il più a sinistra fra i leader emergenti, ecologista convinto, promotore dei diritti Lgbt (è stato lui ad introdurre il matrimonio gay nel Regno Unito) ed europeista. La lunga leadership di Cameron aveva cambiato il volto del partito che fu della Thatcher. Nel 2016, la Brexit stroncò la sua carriera. Non emerse subito il vincitore, Boris Johnson, ma una figura intermedia, Theresa May, ancora più a sinistra di Cameron, almeno per quanto riguarda la politica economica. Stroncata anche la sua carriera dal fallimento delle trattative con l’Ue (la May era anche la meno adatta a condurle, essendo stata lei stessa contraria all’uscita dall’Unione), è emerso Johnson, che ha riportato almeno una retorica conservatrice, churchilliana, a volte thatcheriana, per la difesa dell’indipendenza del Regno Unito dall’Ue. Ma Johnson aveva ereditato dal nuovo corso conservatore l’ecologismo ed anche i “nuovi diritti”.

La nuova premier ha un passato che potrebbe far sospettare una continuità nella rotta a sinistra del partito: genitori laburisti, nata e cresciuta in terre tradizionalmente rosse, fra Scozia e Nord dell’Inghilterra, la Truss in passato è stata repubblicana e iscritta, negli anni ’90, al Partito Liberaldemocratico. Tuttavia, la sua svolta conservatrice pare più che sincera, a giudicare dall’azione di governo nell’esecutivo Johnson. È stata contraria alla Brexit nel referendum del 2016, ma si dice pentita di quella scelta. E non c’è da dubitarne, considerando che è proprio la Truss, in veste di ministro degli Esteri, che sta sfidando l’Ue nella questione della frontiera nord-irlandese.

Liz Truss è la prima conservatrice che parla da conservatrice sui temi culturali ed etici. Ha respinto, senza tentennamenti, l’avanzare della “rivoluzione woke” nelle università britanniche. Ritiene “ridicolo” il dibattito sui pronomi (maschili, femminili e proposta di nuovi generi). Ha dichiarato, anche nella sua campagna per la premiership, che un trans uomo non può essere definito “donna”. E in veste di ministro delle Pari opportunità aveva cancellato la legge in base alla quale una persona può cambiare sesso anche senza una diagnosi medica. Sembrerebbero dibattiti di poco conto, ma sono diventati di capitale importanza, a giudicare dal boicottaggio che tuttora una scrittrice di fama come JK Rowlings sta subendo per aver sostenuto posizioni simili.

La Truss parla da conservatrice anche in temi economici. Sia Theresa May che l’ultimo Boris Johnson parevano sempre più appiattiti su una posizione laburista, basata più sull’uguaglianza, e dunque sulla redistribuzione della ricchezza, che non sulla libertà di produrre e scambiare. Liz Truss intende dare una svolta e tornare alla strategia thatcheriana: tagliare drasticamente le tasse e contare sulla crescita economica che il taglio dovrebbe facilitare. Dal “giorno 1” promette di eliminare 30 miliardi di sterline di pressione fiscale, sia diretta che indiretta. Vuole congelare anche l’aumento della Previdenza Sociale, ribaltando la decisione presa da Johnson e per almeno due anni abolirà anche le accise “verdi”. Sul tema delicatissimo della sanità pubblica, i miliardi che il governo precedente voleva investire negli ospedali pubblici, saranno girati all’assistenza domiciliare, per liberare posti nelle strutture. Il precedente governo aveva vincolato il Regno Unito alla “global tax”, l’impegno a imporre una tassazione sulle imprese di almeno il 15%: la Truss ritirerà il Regno da questo accordo.

Il nuovo governo potrebbe invertire anche la tendenza sui temi ecologici. Infatti, la nuova premier ha annunciato che, pur rispettando gli obiettivi ormai stabiliti a Parigi (il famoso “net zero”), rimette in discussione tempi e modi. In ogni caso ritiene che non debbano “danneggiare produttori e consumatori”. Pensa al gas, principalmente, come fonte energetica di transizione e, per rendere il suo Paese più indipendente, vuole eliminare ogni restrizione alle pratiche di fracking, per poter estrarre lo shale gas in territorio britannico.

Fermezza anche sull’immigrazione: proseguirà la politica di trasferire in Ruanda i richiedenti asilo. La nuova premier è pronta a sfidare, per questo, anche i pronunciamenti della Corte Europea dei Diritti Umani.

Infine, ma non da ultimo, la Truss si definisce, in politica estera, una “combattente per la libertà” ed è determinata a continuare la politica di sostegno all’Ucraina. Chi, in Russia, aveva appena finito di festeggiare per la caduta del governo Johnson ora grida alla “vittoria della stupidità”. La nuova premier ha annunciato chiaramente quale sia la sua linea: difesa delle democrazie, superamento di un ordine internazionale basato sull’Onu e su un istituzioni sovranazionali ormai obsolete, trasformazione del G7 in un organo di sicurezza globale. Non ha mai inteso la Brexit come una scelta di isolamento, ma come una nuova fase di politica globale del Regno Unito, una “Global Britain” memore dell’impero.

La sua sfortuna, però, è di essere arrivata al governo nel momento peggiore possibile: guerra, crisi economica e a soli due anni dalle prossime elezioni. Se aiutasse (come ha annunciato di voler fare) i cittadini britannici a pagare le bollette, con finanziamenti di Stato, dovrebbe contraddire la sua politica liberale sin dal primo giorno di governo. Se il suo maxi-taglio fiscale dovesse generare più debito che crescita (possibile, considerando il periodo di crisi in tutta Europa), la sua ricetta verrebbe sepolta per altri decenni. La Truss avrà, allora, il coraggio di fare quel che dice?