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OCCIDENTE DISTRATTO

L'islam rientra a Santa Sofia, e non si ferma lì

Dopo 86 anni l’islam torna a pregare in quella che fu la chiesa più importante della cristianità, ma all’Occidente non è sembrato un evento per cui alzare la voce. Erdogan si gode il trionfo islamista e annuncia lavori per decristianizzare la Basilica e sbarcare anche in Andalusia. 

Libertà religiosa 25_07_2020

Quando si è conclusa la prima preghiera del venerdì a Santa Sofia, ce n’è voluto di tempo prima che defluisse tutta la folla. Dopo 86 anni l’islam torna a pregare in quella che fu la chiesa più importante della cristianità, ma all’Occidente non è sembrato un evento per cui alzare la voce.  Eppure qualcosa di tanto simbolico, nel mondo, non accadeva da anni: solo il terrorismo islamico, di tanto in tanto, era riuscito a colpire così bene il cuore del cristianesimo.

Le immagini arrivate dalla Turchia ieri, tutto il giorno, ricordano il fermento e il fervore tipico dei grandi raduni musicali. Gli unici, oggi, che fanno muovere i giovani, e non solo, da tutto il mondo per anche soltanto per intravedere da qualche chilometro di distanza il loro idolo. 

In centinaia di migliaia si son mossi da tutta la Turchia per assistere alla prima preghiera del venerdì ad Hagia Sophia. Secondo Erdoğan ieri c’erano 350mila musulmani a pregare con lui, Allah. Forse non saranno stati così tanti, ma la distesa di corpi proni, dentro e fuori Santa Sofia, faceva così impressione che stupisce come non sia comparso alcun fondo sulla stampa internazionale per denunciare l’irresponsabilità di quei fedeli in barba al pericolo coronavirus. 

L’aspirante sultano Erdoğan era in prima fila, ben messo ad occhio di telecamera, accompagnato dai ministri del suo governo, ed da Ali Erbas, il capo della Diyanet, la Direzione turca per gli affari religiosi, per la preghiera collettiva islamica e per recitare versi del Corano. All'esterno del monumento millenario, migliaia di fedeli hanno invaso le strade circostanti - alcuni sono arrivati il giorno prima e hanno pregato tutta la notte per ringraziare Allah del’immenso favore e per assicurarsi un posto migliore nei pressi dell’ex basilica. 

Il presidente turco, insieme a 500 dignitari, era teso ed emozionato mentre suonava l’adhan – la chiamata islamica alla preghiera – e veniva  scoperta la grande targa in oro che recita, “La Grande Moschea di Hagia Sophia” in quello che egli stesso ha descritto come il "sogno della nostra giovinezza" ancorato al movimento islamico turco. 

Il drone, utilizzato per immortalare la giornata storica, ha, più volte, ripreso la folla che ostentava il saluto con le quattro dita, quello della fratellanza musulmana, e in tantissimi indossavano la maglietta turca con la scritta, veterano del 15 luglio – il giorno del fallito golpe del 2016.

In prima fila, assorto in preghiera, circondato ovviamente da soli uomini in tutta l’ex basilica, Erdoğan se n’è stato seduto sui tappeti turchesi scelti per coprire i pavimenti della chiesa, gioiello dell'architettura bizantina. Coperti anche tutti i simboli della cristianità sopravvissuti al primo passaggio da chiesa a moschea: i mosaici della Vergine Maria e le icone dell'Arcangelo Gabriele.

Zuccotti bianchi in testa, fasce rosse o verdi sul capo, in una mano la bandiera verde dell'islam o quella rossa con la mezzaluna, nell'altra il tespih, canti e grida di giubilo: "Allah u Akbar"! 

Nel frattempo, qualcuno fuori, sveniva per il troppo caldo. Due le zone riservate alle donne. Tutto è iniziato alle 9 italiane, le 10 turche, mentre la prima preghiera è stata alle 13 con il sultano a recitare una sura del Corano. 

Venerdì 24 luglio è stato infranto definitivamente il sogno laico di Ataturk. Il presidente turco non solo lo ha stracciato, ma ha suggellato l’esatto contrario: Ankara non rispetta più i valori che sono stati di Ataturk, ma è sempre più vicina all’islam e lontana dall’Europa. Che poi è la preoccupazione soprattutto dell'Arabia Saudita che denuncia i rischi di uno strappo eccessivo con l'Occidente cristiano.

Le uniche voci di dissenso, durante tutta la giornata che sancisce una triste data, sono arrivate dal mondo ortodosso e greco. Il primo ministro greco, Kryakos Mitsotakis, ha definito la conversione in moschea dell'antica basilica bizantina una "offesa alla civiltà che non può eclissare lo splendore di un luogo patrimonio dell'umanità" e che "richiede una condanna universale". "Ciò che sta accadendo oggi non è una prova di forza, ma di debolezza", ha aggiunto mentre a mezzogiorno le campane delle chiese hanno suonato a lutto e le loro bandiere sono state poste a mezz'asta. Il commissario Ue e vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas, ha chiesto alla Turchia di decidere da che parte stare: se vuole allinearsi con l'Ue e con i valori europei, quello che sta succedendo con Santa Sofia è un pessimo inizio.

"Come cittadino greco - ha ammesso Schinas nelle dichiarazioni pubblicate sul proprio profilo Twitter - sono abbastanza arrabbiato, è un giorno complicato e sono certo che non sono l'unico a provare questo genere di sentimento". 

Poi è arrivata anche una nota del Comitato per la Fratellanza umana, firmata Mohamad Abdel Salam, consigliere speciale del grande imam di al Azhar, Ahmed Al-Tayeb, che ha invitato "tutti a evitare qualsiasi passo che possa minare il dialogo interreligioso e la comunicazione interculturale e che possa creare tensioni e odio tra i seguaci di diverse religioni, confermando la necessità dell’umanità di dare priorità ai valori della convivenza". Nel mentre il presidente Erdoğan avvisava degli imminenti lavori di restauro per l’ex basilica e renderla sempre meno cristiana. 

Il sogno del sultano è durato 17 anni, ma oggi è realtà. I sondaggi e gli analisti sono certi del fatto che la decisione di ritrasformare la chiesa cristiana in moschea sia arrivata velocemente per distrarre i turchi dalle gravi difficoltà economiche in cui versa il Paese. Un ottimo oppiaceo per una Turchia che, ormai re-islamizzata, si nutre di queste conquiste.

Anche la reazione dell’opposizione la dice lunghissima. Non fare troppe storie non significa sposare la politica dell’aspirante sultano, ma la paura di essere etichettati anti-musulmani e legati al kemalismo. Il posto delle donne è sempre più confinato in casa e dietro un velo, il sostegno alla shari’a è sempre più importante e il Diyanet, l'organo religioso ufficiale della Turchia, gode di un budget in crescita esponenziale e il numero del personale è diventato faro dell'islam politico.

Santa Sofia è il tentativo di galvanizzare la base più islamizzata nel pieno delll'incertezza economica. Le "operazioni di marketing" di Erdoğan per celebrare l’evento storico sono state infatti più che simboliche. Non solo la narrazione quotidiana che l’aspirante sultano ha regalato ai suoi sui social. È stata anche coniata la moneta 1453-2020: per loro è una storia senza interruzioni.

Così, mentre Erdoğan, faceva coprire i mosaici della cristianità, la chiesa più importante del mondo per quasi mille anni è stata riconvertita con un’alzata di spalle. Oggi le chiese cattoliche avrebbero dovuto suonare le campane a lutto, ma c’è stato solo silenzio. Del resto in Occidente va in scena l’auto censura della storia e l’auto combustione delle chiese. "La rinascita di Santa Sofia è un saluto dal nostro cuore a tutte le città che simboleggiano la nostra civiltà. Da Buchara all’Andalusia". Il presidente turco guarda già oltre.