L'irragionevole speranza di un accordo Cina-Vaticano
Caro direttore, c’è per ora la speranza che questo accordo fra Cina e Vaticano possa aiutare nel processo di riconciliazione fra la Chiesa patriottica e quella sotterranea. È questa speranza ragionevole? Personalmente, direi che allo stato attuale questa speranza non è ragionevole. Ecco perché.
Caro direttore,
Ho da poco partecipato come relatore alla Baptist University di Hong Kong ad un convegno su Cristianesimo e Cina dal 1979 ad oggi (14 e 15 giugno). Un convegno interessante in cui hanno parlato relatori cinesi, americani, italiani, latinoamericani e via dicendo.
La relazione iniziale è stata tenuta dal padre Gianni Criveller del PIME, che ha delineato la travagliata storia del cristianesimo in Cina dal 1979 ad oggi, una storia che non conosce ancora un punto di riposo. Interessante, in questa prospettiva, anche la relazione di un altro padre del PIME, Sergio Ticozzi, che ha presentato il cammino della Chiesa sotterranea (quella parte della comunità cattolica che ha scelto la fedeltà al Papa rifiutando di entrare nella Chiesa patriottica creata dal governo comunista sotto il suo completo controllo). La Chiesa sotterranea ha scelto una fedeltà eroica al Sommo Pontefice, al successore di Pietro su cui solo Cristo ha edificato la Chiesa. Un eroismo, una dedizione, un martirio che meritano di essere raccontati.
Secondo molte voci che sono giunte, questa Chiesa sotterranea si sente ora smarrita e confusa per le voci di una possibile riconciliazione tra la Santa Sede e il governo comunista cinese. Ora, cerchiamo di vedere questa cosa con un poco più di oggettività. Tutti si augurano che ci possa essere una riconciliazione fra l’autorità politica della Cina e la Santa Sede. La domanda è un’altra: ci sono le condizioni? C’è per ora la speranza che questo accordo possa aiutare nel processo di riconciliazione fra la Chiesa patriottica e quella sotterranea. È questa speranza ragionevole? Su questo le opinioni divergono.
Personalmente, direi che allo stato attuale questa speranza non è ragionevole. Secondo quanto riportato da Bitter Winter in un articolo del 14 giugno 2018, il Partito comunista cinese proibisce ai suoi membri di avere una affiliazione religiosa. L’articolo, No Religion for Communist Party Members in China, racconta anche di membri del Partito espulsi per la loro appartenenza a qualche religione. Come ci si accorda con chi ti disprezza? Se ci fosse un ravvedimento, ci si potrebbe pensare, ma quando questo disprezzo si inasprisce, come negli ultimi mesi, conviene fare un passo così importante?
In Cina, oggi come oggi, tutto è sottoposto ad uno stretto controllo. Non escludo di essere anch’io in qualche modo controllato. Discussioni avute in questi giorni mi fanno pensare che questo è più che un sospetto. Cosa allora si può fare per risolvere una situazione così complicata? Più che azioni ufficiali che forse non avrebbero nessuna efficacia ma che invece potrebbero inasprire la situazione, almeno per quella parte della comunità cattolica a cui dobbiamo riconoscenza ed ammirazione, forse si può continuare nel formare una leadership intellettuale nella Chiesa Cattolica locale, cattolici che sappiano essere il sale per formare le coscienze di coloro con cui verranno in contatto. Anche nella Cina, come del resto in altre parti del mondo, la preservazione della fede allo stato attuale è in mano al laicato più che al clero. Il clero cinese è oggi schiacciato fra la pressione politica e il suo legame con la Santa Sede (almeno una parte del clero cinese). I laici hanno più libertà di azione, pur se tra molte difficoltà. Si dovrà trovare una strategia per la formazione delle coscienze, certo una impresa difficile, ma in questo la Chiesa ha sempre dimostrato di avere un passo in più.