L'Irlanda boicotta Israele: i Fratelli Musulmani lo chiedono
Il Senato irlandese approva una proposta di legge che istituisce un boicottaggio nazionale contro i prodotti israeliani provenienti da Cisgiordania e Gerusalemme Est. La legge non è ancora passata, ma ha provocato una bufera diplomatica. Ed è, con tutta probabilità, frutto dell'influenza dei Fratelli Musulmani, che in Irlanda sono fortissimi
Una decina di giorni fa, il Senato irlandese ha approvato una proposta di legge destinata a "criminalizzare" le società locali impegnate nel commercio con società israeliane con sede in Giudea e Samaria (Cisgiordania). La legge "Control of Economic Activity (Occupied Territories)" del 2018 nasce allo scopo di modificare radicalmente la politica commerciale di Dublino.
Il bando nei confronti delle merci provenienti dalla Cisgiordania e da Gerusalemme Est è stato presentato dal senatore indipendente irlandese Frances Balck e co-firmato dai senatori Alice-Mary Higgins, Lynn Ruane, Colette Kelleher, John G Dolan, Grace O'Sullian e David Norris, il 24 gennaio di quest'anno. Frances Black sostiene che la sua proposta si ispira alle misure restrittive adottate in passato dall'Irlanda ai danni del Sudafrica dell'apartheid: "Varando tale provvedimento, il Paese dimostrerà di stare dalla parte del diritto internazionale, dei diritti umani e della giustizia". Il progetto nasce per proibire qualsiasi importazione di beni o servizi dai "territori occupati", con sanzioni finanziarie che ammontano a 25000 euro e fino a cinque anni di reclusione per i trasgressori.
Netanyahu ha condannato dalla prima ora il disegno di legge come l'ennesima declinazione del movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) ai danni dello Stato di Israele. E il ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman ha chiesto la chiusura immediata dell'ambasciata israeliana a Dublino. Ma adesso la proposta di legge è passata con 25 voti a favore e 20 contrari con il supporto di tutti i principali partiti politici irlandesi, ad eccezione del partito governativo, Fine Gael. Adesso dovrà, prima di diventare legge, superare le varie fasi di revisione e modifica. Eppure si tratta di un progetto che, per stessa ammissione del Governo irlandese,è piuttosto inapplicabile, ma di una gravità, già nelle intenzioni, che ha mandato su tutte le furie il Lawfare Project - un think tank statunitense che si propone combattere, legalmente, la discriminazione anti-israeliana. E un gruppo di avvocati britannici del Lawfare Project ha già avviato l'azione legale contro la proposta di legge.
Ma cosa c'è, o meglio, chi c'è davvero dietro la proposta di legge? Il ruolo sempre più importante svolto dalle istituzioni e organizzazioni islamiche in Irlanda, lascia intendere che la mano lunga dei Fratelli Musulmani, proprio in virtù dell'odio per Israele, stia collaborando ad ordire al meglio il boicottaggio. D'altra parte l' influenza della Fratellanza a Dublino è sintomatica nella notevole confidenza e facilità di infiltrazione nel governo irlandese. Ci sono prove che suggeriscono che i Fratelli Musulmani abbiano stabilito il loro quartier generale europeo a Emerald Isle. Ed è a sud di Dublino, a Clonskeagh, che hanno eretto il Centro Culturale Islamico dell'Irlanda (ICCI), che ospita diversi istituti musulmani affiliati proprio alla Fratellanza. L'ICCI comprende il Consiglio europeo per la Fatwa e la ricerca (ECFR), e un prestigioso istituto di giurisprudenza islamica, che è stato fondato dalla Federazione delle organizzazioni islamiche in Europa (FIOE), che a sua volta è un'istituzione della Fratellanza Musulmana. Il complesso dell'ICCI è stato generosamente donato dalla famiglia al-Maktoum di Dubai, finanziatori di spicco dei Fratelli Musulmani, che hanno premuto perché ospitasse, come fa egregiamente, anche la più grande moschea d'Irlanda. E l'imam è Sheikh Hussein, precedentemente braccio destro della guida spirituale della Fratellanza, Yusuf al-Qaradawi: il cui ingresso in Irlanda è stato vietato nel 2011 dopo che aveva espresso sostegno e solidarietà agli attentatori suicidi contro Israele.
Ma è un vecchio vizio dell'ICCI quello di ospitare esponenti di spicco del mondo islamico più radicale. Uno di questi è sicuramente il saudita Mullah Aed al-Qarni, diventato famoso quando nel 2005, ad Iqra TV ha tenuto un sermone contro i " fratelli di scimmie e maiali " (cioè israeliani ed ebrei) chiedendo che le loro gole venissero "tagliate e i crani frantumati". L'Irlanda è diventata, negli anni, così tanto terra di gemellaggio con l'islam, specie quello legato ai Fratelli musulmani, che alcune informazioni ricavate nel 2006 dal Dipartimento di Stato e dall'Ambasciata degli Stati Uniti in Irlanda - tenute nascoste e poi pubblicate da Wikileaks nel 2011 - hanno rivelato che l'amministrazione di George W. Bush stava cercando di scoprire se il Consiglio europeo per Fatwa e la ricerca con base in Irlanda stesse lavorando per legittimare la sharia in Europa. James Kenny, all'epoca ambasciatore americano in Irlanda, era convinto del fatto che al di fuori del Qatar, l'Irlanda aveva la più imponente presenza dei Fratelli Musulmani, e che fosse direttamente al-Qaradawi a "gestire l'islam in Irlanda".
L'apertura della società irlandese all'islam ha fatto sì che i gruppi jihadisti si sentano a casa loro in maniera del tutto naturale. E se la politica irlandese dimostra spassionatamente di essere protesa a favorire la narrativa islamica sul conflitto arabo-palestinese, diventa allora naturale accettare come imam di una moschea locale un membro di Hamas, Yayah al-Huessin. Nella provincia dell'Irlanda del Nord l'orizzonte è fatto anche di bandiere palestinesi che sventolano fuori dalle abitazioni private.
E allora cosa c'è da meravigliarsi se Saeb Erekat, diplomatico palestinese ed esponente dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, ha accolto con favore il disegno di legge del Senato irlandese? In una dichiarazione citata dall'agenzia di stampa ufficiale dell'Autorità palestinese Wafa, Erekat ha detto così : "Questo coraggioso passo si basa sugli storici legami tra l'Irlanda e la Palestina, e [mostra] la via da seguire per il resto dell'Unione Europea".