L'inno alla speranza di papa Francesco
Nella veglia pasquale Papa Francesco ha battezzato 12 persone provenienti da vari Paesi del mondo che si sono convertiti al cattolicesimo. Ai nuovi battezzati e a tutti il Papa ha dedicato un’omelia che è un inno alla speranza.
Nella veglia pasquale Papa Francesco ha battezzato dodici persone provenienti da vari Paesi del mondo, tra cui l’ambasciatore in Italia della Corea del Sud e sua moglie, che a Roma si sono convertiti al cattolicesimo. Ai nuovi battezzati e a tutti il Papa ha dedicato un’omelia che è un inno alla speranza.
Con la pietra del sepolcro di Cristo, ha detto Francesco, dovrebbe rotolare via la pietra della «mancanza di speranza che ci chiude in noi stessi». Non era affetto da questa mancanza di speranza San Pietro. «Non rimase seduto a pensare, non restò chiuso in casa come gli altri. Non si lasciò intrappolare dall’atmosfera cupa di quei giorni, né travolgere dai suoi dubbi; non si fece assorbire dai rimorsi, dalla paura e dalle chiacchiere continue che non portano a nulla. Cercò Gesù, non sé stesso. Preferì la via dell’incontro e della fiducia».
È stato «l’inizio della “risurrezione” di Pietro, la risurrezione del suo cuore». E anche noi dobbiamo aprire «i nostri sepolcri sigillati» e portare al Signore «le pietre dei rancori, i macigni del passato, i pesanti massi delle debolezze e delle cadute». Guai a chi perde la speranza. «Che il Signore ci liberi da questa terribile trappola, dall’essere cristiani senza speranza, che vivono come se il Signore non fosse risorto e il centro della vita fossero i nostri problemi».
Possono esserci nella nostra vita problemi gravissimi. Il Papa non ci chiede di nasconderli ma di «evangelizzarli», evitando che «le oscurità e le paure» dominino il cuore. La speranza «non è semplice ottimismo», non è «un atteggiamento psicologico» o un umano «invito a farsi coraggio». La speranza è un dono di Dio e dello Spirito Santo. «Il Consolatore non fa apparire tutto bello, non elimina il male con la bacchetta magica, ma infonde la vera forza della vita, che non è l’assenza di problemi, ma la certezza di essere amati e perdonati sempre da Cristo, che per noi ha vinto il peccato, la morte e la paura. Oggi è la festa della nostra speranza, la celebrazione di questa certezza: niente e nessuno potranno mai separarci dal suo amore».
Rallegrato dalla speranza, ogni cristiano dovrà «suscitare la speranza nei cuori appesantiti dalla tristezza, in chi fatica a trovare la luce della vita». La Chiesa esiste per annunciare la speranza: «altrimenti saremmo una struttura internazionale con un grande numero di adepti e delle buone regole, ma incapace di donare la speranza di cui il mondo è assetato». Dobbiamo alimentare la speranza con la preghiera e la Parola di Dio. «Facciamo memoria del Signore, della sua bontà e delle sue parole di vita che ci hanno toccato; ricordiamole e facciamole nostre, per essere sentinelle del mattino che sanno scorgere i segni del Risorto». Sì, conclude Francesco, «Cristo è risorto! Apriamoci alla speranza e mettiamoci in cammino verso la Pasqua che non avrà fine».