L'informazione è faziosa e la Boschi se ne accorge solo ora
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L’esponente renziana chiede di applicare la par condicio in Rai anche ai giornalisti, oltre che ai politici. E dov'era quando sedeva tra i banchi della maggioranza?
La faziosità di certo mondo dell’informazione è una piaga ormai radicata nel tessuto giornalistico italiano e non è certamente la campagna elettorale per le europee ad averla fatta esplodere. Dopo Tangentopoli quella che era una partigianeria stratificata, con giornalisti che strizzavano l’occhio ai tanti partiti della cosiddetta Prima Repubblica, si è trasformata in una polarizzazione tra destra e sinistra: all’epoca di Berlusconi c’erano giornalisti che platealmente stavano con lui e altri che, mossi da odio viscerale nei suoi confronti, non vedevano l’ora di criticarlo. In generale, negli ultimi trent’anni, le testate sono quasi tutte schierate pro o contro il governo e, per quanto riguarda la carta stampata, fin dal titolo fanno capire da che parte stanno. Nei talk show si sfiora il ridicolo perché i giornalisti vengono collocati accanto a politici di destra o di sinistra sulla base delle loro più o meno dichiarate appartenenze.
L’andazzo, dunque, è questo, ed è l’esatto contrario di quanto stabiliscono le norme sulla professione giornalistica, in particolare l’articolo 2 della legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti (1963), che prevede la trasparente e corretta separazione tra i fatti e le opinioni. Parimenti il Testo unico dei doveri del giornalista (2016), che ripropone integralmente il testo di quell’articolo e lo sviluppa negli articoli successivi, raccomanda ai giornalisti di inseguire costantemente la verità senza pregiudizi e precomprensioni, rifuggendo da atteggiamenti partigiani e faziosi. In altre parole, l’informazione non dovrebbe mai e poi mai trasformarsi in propaganda.
La realtà, tuttavia, è un’altra, e scoprirla solo oggi, come prova a fare ipocritamente Maria Elena Boschi, è davvero inopportuno. L’esponente renziana ha infatti avanzato la proposta di applicare la par condicio nei programmi della Rai anche ai giornalisti, non solo ai politici. La Boschi, che è vicepresidente della Commissione parlamentare di vigilanza, ha infatti presentato alcuni emendamenti al regolamento sulla par condicio argomentando la sua proposta in questo modo: «È evidente che i commentatori possano influenzare l'opinione pubblica quanto gli esponenti politici. Anzi, forse di più, perché giocando sul ruolo di apparente terzietà alcuni rischiano di essere più convincenti di tanti politici. Senza contare che alcuni opinionisti sono ormai diventati veri e propri personaggi televisivi e sui social hanno moltissimi followers. Da tempo trasmissioni tv invitano giornalisti a sostenere differenti tesi politiche, lo sanno tutti. E allora perché non farlo in modo trasparente e regolamentato almeno in periodo di par condicio?».
Ma la Boschi si accorge solo ora che la situazione è questa? Se ne accorge solo ora che sta all’opposizione e che il suo partito rischia di non superare la soglia del 4%? E quando era in maggioranza perché non si è battuta in Parlamento per modificare la attuale legge sulla par condicio, che è del 2000?
Peraltro la sua proposta non ha raccolto reazioni di approvazione, tutt’altro. Dubbi sulla sua attuabilità sono stati avanzati perfino dalla presidente della Vigilanza, Barbara Floridia. «Trovo fortemente problematica la proposta – ha detto Floridia –. C'è anzitutto una difficoltà oggettiva per quanto riguarda l'applicazione di una regola del genere. Ma c'è un problema molto più profondo, quello della libertà della stampa».
Il Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), Giacomo Lasorella, nella sua audizione in Vigilanza, ha spiegato che «il tema è stato presente in tutte le campagne elettorali e l'Autorità ha cercato di risolverlo nel modo migliore». Nel regolamento approvato dall'Agcom nelle settimane scorse si stabilisce, infatti, che devono essere bilanciate le posizioni «di persone chiaramente riconducibili ai partiti e alle liste concorrenti», oltre a quelle espresse da soggetti «non direttamente partecipanti alla competizione elettorale». «Abbiamo cercato di individuare norme e criteri, ma la valutazione non potrà che essere caso per caso. Non tutto si può irreggimentare in un quadro di norme», ha aggiunto Lasorella. In ogni modo il presidente Agcom ha sottolineato l'importanza di uniformare la normativa per la tv pubblica e per le emittenti private: «La mancata definizione di criteri omogenei – ha affermato – rischia di condurre a difformità di trattamento e di indebolire l'attività dell'Autorità».
La polemica sulla possibile estensione della par condicio ai giornalisti e dunque sulla eventuale schedatura di questi ultimi in base all’orientamento politico è surreale, ma conferma il clima che si è creato nel nostro Paese sul versante del rapporto tra politica e informazione. La prima pretende di irreggimentare la seconda, ma la seconda non vede l’ora di farsi irreggimentare: spesso sono gli stessi giornalisti a privarsi della libertà di stampa indossando un elmetto. La Boschi vorrebbe addirittura “codificare” questa patologia del sistema, ma francamente sarebbe davvero troppo.
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