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IL BUON USO DELLE PAROLE/22

L’importanza di una buona esposizione

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L’ultima fase della retorica si chiama actio ovvero esposizione dell’orazione. È la parte fondamentale dell’orazione perché decreta il successo o meno del discorso.

Cultura 23_09_2024

Quante volte uno studente è deluso dalla valutazione perché aveva profuso tanto studio e sperava di conseguire un voto superiore! Potrebbe essere accaduto che non ha curato l’esposizione oppure hanno agito su di lui l’emozione, l’agitazione o ancora si è verificato un imprevisto che non gli ha permesso di conseguire quanto desiderato!

L’ultima fase della retorica si chiama actio ovvero esposizione dell’orazione. È la parte fondamentale dell’orazione perché decreta il successo o meno del discorso. L’actio è il momento che viene valutato dalla giuria, dall’insegnante, dall’uditorio che deve decidere se chi ha parlato è davvero credibile.

Uno studente che ha studiato approfonditamente un discorso o un argomento sarà valutato positivamente se riesce a trasmettere in modo efficace le sue conoscenze, la sua capacità di rielaborazione, le sue riflessioni nel discorso che terrà. L’insegnante non valuta quanto lo studente ha studiato, ma quanto emerge nel lasso temporale in cui il ragazzo risponde alle domande.

Il pubblico che segue un incontro culturale può essere catturato o meno dall’actio ovvero dal momento in cui l’ospite chiamato a parlare espone la sua relazione.

Per questa ragione è senz’altro importante che il retore (giovane o meno che sia) sappia trovare esempi, immagini, esperienze significative nell’inventio, riesca a disporre i contenuti in un percorso efficace, trovi le parole giuste e si avvalga delle figure retoriche che colorino il discorso (elocutio), conservi con una salda memoria il discorso. Ma è altrettanto importante che impari a usare correttamente il tono della voce, la gestione dello spazio, lo sguardo, gli occhi, le mani, i piedi e le gambe.

Il retore deve avere fiato, saperlo usare in modo corretto e saper utilizzare il tono della voce in modo da saper trasmettere emozioni, giudizi, sentimenti. Comunichiamo maggiormente attraverso il tono che mediante le parole che utilizziamo. Talvolta i contenuti delle frasi che pronunciamo trasmettono un messaggio contrario proprio a causa del tono della voce. Proviamo a pensare all’espressione «Che bello!» che può avere valore di esclamazione piena di stupore e meraviglia (se il tono è squillante e carico di sentimento) oppure può assumere un tono ironico o addirittura sarcastico (se il tono è basso).

Il tono della voce cambia anche in relazione al contesto comunicativo. A teatro il tono della voce accompagna le scene trasmettendo cambiamenti di stati d’animo, di emozioni, colpi di scena. Durante l’interrogazione a scuola o agli esami universitari il tono dovrà essere più stentoreo, alto, scandito perché lo studente potrà così mostrare di possedere con sicurezza gli argomenti e di saperli rielaborare con personalità. Una voce bassa trasmetterà insicurezza e paura così come un ritmo rapido senza pause; inoltre, comunicherà agitazione e scarsa capacità di dominare le tensioni. Il tono della voce è, quindi, intimamente connesso all’emozione provata dall’oratore. Per questa ragione è importante spostare l’attenzione dai contenuti esposti al tono con cui li si espone, se si vuole davvero migliorare nell’actio. Il tono di voce grave e profondo trasmette affidabilità e carisma, uno acuto non suscita credibilità, parole scandite male e sottovoce trasmettono insicurezza.

Per prepararti ad un’esposizione devi imparare a gestire e a controllare: la respirazione che deve essere tranquilla e controllata, non rapida (sintomo di ansia); il volume della voce, né troppo alta né troppo bassa, ma sorvegliata e controllata; l’articolazione delle parole, scandite bene e in connessione con quelle che seguono in modo tale che sia ben chiaro il messaggio complessivo; la velocità del discorso, che non deve essere pronunciato con fretta e senza pause, che hanno invece una grande importanza perché permettono di sottolineare alcune parti piuttosto che altre; le gradazioni dei toni della voce in modo che si possa trasmettere una sfumatura di ira (tono concitato e spesso interrotto), di dolore (tono spezzato e flebile), di paura (basso e esitante), di piacere (gioioso e tenero), di prostrazione (basso, ma non sentimentale), di violenza (tono energico).

La posizione del busto è fondamentale per la voce. Una postura con la schiena diritta permette di avere una voce forte e decisa. Se parli in piedi dinanzi ad un uditorio cerca di mantenere i piedi ben piantati a terra, la schiena diritta, le spalle larghe senza ostentare il petto in fuori. Un buon esercizio consiste nel camminare con un libro sulla testa e, nel contempo, parlare. Col tempo si potrà apprezzare il cambiamento del tono della voce.

In alcune situazioni, come conferenze o convegni, è d’obbligo parlare seduti dietro la cattedra o a un tavolo. In altri contesti come quelli teatrali l’oratore deve occupare lo spazio scenico stando in piedi. Vi sono situazioni in cui è a discrezione del retore scegliere se stare in piedi o seduti. In questo caso bisogna tenere presente che stare in piedi permette di dominare meglio la scena e di controllare, osservare, dialogare maggiormente con lo sguardo e con i gesti con il pubblico. Inoltre, non porsi dietro la cattedra, ma davanti permette all’oratore di attenuare la distanza con il pubblico, di creare familiarità con l’interlocutore in modo tale da creare un rapporto.

Se la scena in cui parla l’oratore è quella teatrale, si potrà utilizzare il palco avvalendosi di una sorta di timeline. Chi parla può utilizzare una linea ideale parallela alle file della platea teatrale. Se il suo racconto si muove temporalmente avanti l’oratore si può muovere verso destra (per lo spettatore che guarda il palco), invece se la storia ritorna al passato, l’oratore può camminare verso sinistra.

Quando parla, l’oratore si può muovere avanzando verso il pubblico per creare maggiore compartecipazione o per stimolarlo e provocarlo con domande, oppure indietreggiando rispetto alla posizione centrale iniziale.

Chi parla deve rivolgersi verso tutti i destinatari, cercando di coinvolgerli con lo sguardo. L’oratore non deve rivolgersi solo ad una parte della platea, privilegiandola e così escludendo il resto dell’uditorio. È l’errore che l’insegnante può commettere in classe quando predilige una parte di studenti, rivolge la parola solo a loro, escludendo di fatto il resto degli alunni, che si sentiranno ancor più giustificati a non partecipare alla lezione e a non intervenire all’eventuale dibattito.

Chi sostiene un’interrogazione o un esame universitario o un colloquio di lavoro deve guardare negli occhi l’interlocutore. Capita spesso che gli studenti affrontino una prova orale evitando lo sguardo dell’insegnante e manifestando così forte disagio e timidezza.