Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
LA LETTERA

L'illusione di vincere l'odio per via legislativa

L'odio è figlio del peccato originale ed è un sentimento che ci riguarda tutti. Solo seguendo Gesù Cristo si può vincere, mentre usare la parola "odio" come arma politica significa porsi sulla strada della censura e della violazione della libertà di opinione.

Editoriali 02_11_2019
La senatrice Liliana Segre

Caro direttore,

in Occidente ed anche in Italia è sempre più difficile paragonarsi serenamente su temi anche delicati. Per questo, a scanso di ogni equivoco, voglio precisare, prima di entrare nel merito di questa lettera, che sono assolutamente d’accordo nel vigilare perché non si espandano atti di violenza, di antisemitismo e di razzismo nel nostro Paese e nel condannare anche penalmente gli atti concreti eventualmente commessi in quelle direzioni. Così come voglio esprimere piena solidarietà nei confronti della senatrice Segre (nostra sorella maggiore, usando l’espressione di San Giovanni Paolo II) per le ignobili e barbare espressioni usate nei suoi confronti.

Chiarito questo, vorrei, invece, soffermarmi sull’uso della parola "odio", che sempre più frequentemente viene fatto anche pubblicamente in questi ultimi tempi e che si vorrebbe combattere a livello legislativo anche da parte di chi, poi, usa parole di odio.

Il vocabolario Zingarelli così definisce l’odio: “totale e intensissima avversione verso qualcuno”. I cristiani cattolici sanno che questo sentimento può albergare in ogni persona, perché ne conoscono l’origine, che sta in quello che viene definito “peccato originale”, che appesantisce la vita di ogni uomo e di ogni donna (compresa quella dei giustizialisti) e che, a detta del grande Chesterton, costituisce una delle evidenze più evidenti circa la descrizione dell’animo umano. L’odio è il frutto più clamoroso del  peccato d’origine, come si evince dall’episodio  di Caino e Abele, quando Dio raccomanda a Caino di dominare il peccato di ira/odio, che è in agguato alla porta del cuore (Genesi, 4,7). L’odio, quindi, è, per certi versi, una sorta di dimensione intima che alberga nel cuore di ogni essere umano (insieme, paradossalmente, a grandi esigenze di bene). L’odio, in un certo senso, costituisce un elemento cattivo della intimità di ciascuno di noi. Esso non è frutto di una certa cultura, ma si agita nel cuore dell’uomo e da lì esce, come dice chiaramente Gesù, in Marco capitolo 7.

Quello che mi sorprende e che non capisco è che, in questo periodo, si vorrebbe vincere l’odio per via legislativa. Si vorrebbe, cioè, vincere questa cattiva tendenza che c’è in ogni essere umano attraverso imposizioni che non si capisce bene quali debbano essere, visto che si tratta di una dimensione assolutamente interiore, di impossibile definizione giuridica. Con buona pace di padre Spadaro, i cristiani sanno  che l’odio lo si può vincere solo attraverso l’iniziativa che Dio stesso ha preso nei nostri confronti, diventando uno di noi. Lo descrive in modo mirabile San Paolo nel capitolo 5 della lettera ai Galati, dove scrive che l’ira/odio, insieme a tanti altri mali, deriva dall’opera della “carne”, mentre dallo Spirito derivano “carità, gioia, pace, pazienza, affabilità, bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza”. 

Noi sappiamo che solo seguendo Gesù Cristo può ultimamente essere vinto quel cattivo sentimento che vive quotidianamente dentro di noi. E venendo tra di noi, il Signore ha portato alle estreme conseguenze questo problema, dicendoci che, addirittura, dobbiamo amare i nostri nemici e dobbiamo pregare per loro. E San Paolo, in tanti suoi scritti ispirati da Dio, ci ha più volte ammoniti che, su questo fronte, la “legge” ha fallito, non ha risolto nulla. La legge non serve a convertire il nostro cuore e senza conversione vera l’odio non viene superato. Per vincere l’odio, i cristiani dovrebbero testimoniare e, quando occorre, proclamare che la legge della vita è l’amore, che appare nella sua evidenza concreta quando si formano delle unità umane (comunità) capaci di far vedere un modo diverso di vivere.

Usare la parola "odio" come arma politica e non come sentimento per vincere il quale occorre solo accentuare il nostro impegno educativo, significa, effettivamente, porsi sulla strada della censura preventiva, che può arrivare, alla fine, a violare la libertà di opinione.

Sarebbe, poi, bene che ciascuno (compresi i politici e i giudici) faccia un serio esame di autocoscienza prima di usare la parola “odio”. Vedo, infatti, che molti che usano tale parola a loro volta usano parole di odio. La parola odio è molto delicata ed andrebbe usata in modo altrettanto delicato. Soprattutto, non può essere brandita a fini politici di parte, anche perché chi non ha odiato almeno qualche volta in vita sua lanci la prima pietra.