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L'ABORTO DI TRENTO

L'illogico Odifreddi manca di coerenza

La vicenda di Trento ha spinto il matematico a invocare l'aborto forzato. E a chi lo criticava ha risposto con argomenti che lo contraddicono.

Attualità 14_12_2011
piergiorgio odifreddi

Fino all’altro ieri l’aborto era un delitto, ieri una condotta da tollerare, oggi un diritto. E domani? Per scrutare il futuro in modo scientifico cosa c’è di meglio che chiederlo ad un matematico come Piergiorgio Odifreddi? Questi preconizza che l’aborto debba diventare un dovere; sì, un dovere sociale. In un post del 9 dicembre pubblicato nel suo blog, il quale si chiama con ottimismo “Il non-senso della vita”, il professore ha messo sotto la lente di ingrandimento il caso della ragazzina di Trento costretta ad abortire dai genitori. Il docente nativo di Cuneo si rammarica del fatto che “il giudice ha negato l’imposizione dell’intervento, perché per la nostra legislazione l’aborto è un diritto (limitato), ma non un dovere”.

Con malcelato livore aggiunge una stoccata messa a segno ai danni del cattolicume che insudicia la cultura italica: “Naturalmente, non si può pretendere molto di diverso, in un paese in cui la politica famigliare è ispirata a valori predicati da eunuchi che si rifanno agli insegnamenti di una ‘famiglia’ in cui tutti i membri (padre, madre e figlio) erano vergini”.

Il prof. poi continua argomentando che prima di mettere al mondo un figlio dovremmo avere l’accortezza di rendere questo mondo quasi perfetto, privo di rischi per il bambino. Occorrerebbe cioè avere una garanzia, se non assoluta comunque abbastanza solida, che il piccolo per tutta la sua vita potrà crescere sano e felice. Ma dato che questo ovviamente non si può pretendere allora è preferibile imporre l’aborto: “In mancanza di adeguate prospettive che rendano l’adempimento di queste condizioni se non certe,  cosa ovviamente impossibile da assicurare, almeno probabili e prevedibili, i tribunali dovrebbero intervenire per impedire la procreazione. Anzitutto, in maniera preventiva, forzando all’uso di anticoncezionali. E poi, quando la prevenzione avesse fallito, imponendo la cessazione della gravidanza”. E più avanti chiosa: “La procreazione responsabile è un dovere civile e sociale anche, e soprattutto, dei cittadini adulti sposati. E uno stato degno di questo nome dovrebbe vigilare affinché essa fosse praticata, e imposta quando non lo fosse”. Insomma a sentir lui non dovrebbe nascere più nessuno.

A rigor di logica
– quella stessa logica che così tanto piace all’ex seminarista Odifreddi – quest’ultimo dovrebbe togliere il disturbo al più presto per la seguente ragione. Dunque, a dar retta ad Odifreddi la vita non vale di per se stessa ma solo se adornata da salute, “benessere, felicità, autorealizzazione”. Ciò ovviamente si deve applicare anche ai già nati. Il risultato è letale. Infatti, dal momento che Odifreddi, al pari di noi tutti poveri mortali, nella sua esistenza ha con quasi certezza sofferto di qualche seppur piccolo dispiacere che ha incrinato il suo perfetto stato di benessere psicofisico, è doveroso comandare al professore di farla finita perché la sua vita non vale più nulla. Attenzione: secondo Odifreddi non si può richiamare il principio di autodeterminazione. Non si può protestare affermando: “Ma a me la mia vita piace lo stesso, anche se sono un po’ acciaccato e non vedo tutto rosa”. Oppure: “Anche se sarà infelice voglio che mio figlio viva”. E no, la vita intaccata anche da un’ombra di dispiacere perde la qualifica di vita degna di essere vissuta. E dunque piaccia o non piaccia occorre che un tribunale costringa il professore di logica ad una marcia forzosa verso il cimitero.


Odifreddi inneggia tanto alla coerenza interna di un discorso e quindi ci faccia il piacere di essere coerente sino in fondo. Ma non tema: la pietas cristiana non discrimina e quindi è rivolta anche agli incoerenti. E dunque lo preghiamo solo di essere coerente intellettualmente ma non di passare dalle parole ai fatti.


Il post del 9 dicembre però ha avuto una certa eco nella cerchia degli afecionados del blog di Odifreddi. Dopo aver affermato che i giudici avrebbero fatto bene a costringere la sedicenne ad abortire, il buon senso di molti lettori del suo bloggino si è risvegliato pieno di indignazione. Risposta del prof., anzi del “logico” come si è definito: perché stupirsi di questa mia indicazione? Non sapete forse voi che lo Stato italiano è ingerente in tema di libera scelta di abortire? La 194 – continua Odifreddi – è piena di zeppe che ostacolano chi vuole abortire: “controlli amministrativi, medici, psicologici e religiosi che venivano (e vengono) imposti alla donna, anche adulta e sposata, che decideva (o decide) di interrompere la gravidanza”. Dunque nulla di nuovo sotto il sole. Affermare che i tribunali dovevano far abortire la ragazza è coerente con l’impianto legislativo della 194 che annulla l’autodeterminazione della donna.

Un paio di considerazioni. La prima: la donna non è ostacolata
in nessun modo nel suo intento abortivo perché qualsiasi motivazione addotta dalla stessa è per legge ragione sufficiente per eliminare il bambino. Motivazioni che non necessitano di nessuna certificazione medica. Il certificato rilasciato attesta unicamente la volontà della donna di abortire. Dopo il 90° giorno occorre invece una certificazione dell’esistenza delle cause che inducono la donna ad abortire, ma anche in questo caso i motivi possono ricondursi ad un semplice: “Non lo voglio tenere questo bambino”. Il libero accesso all’aborto quindi non è compresso in nessun modo.

Secondo: le poche procedure previste dalla 194
sono – nell’intento di chi ha redatto la legge – da una parte a tutela della salute della donna: che elimini il suo bambino in tutta sicurezza in un pulito e asettico ospedale e non per mezzo di un ferro da calza o di un cucchiaio usati da inesperte mammane. E dall’altra garanzia – puramente nominale – di libera scelta: ecco perché l’obbligo – meramente formale e per più versi inefficace – di informare la donna su strade alternative all’aborto, di lasciare alla stessa alcuni giorni di riflessione etc. Non ci pare ingerenza nella sfera della libertà della donna ma semmai all’opposto tutela della sua “libertà”. Mettiamo tra virgolette questo termine perché chi decide di abortire oltre ad uccidere il figlio uccide anche la propria libertà. Quindi il giudice che obbligasse la donna ad abortire contraddirebbe la ratio della 194. Odifreddi invece avrebbe ragione se sostenesse che alla donna che vuole abortire nella realtà dei fatti viene prospettata solo l’opzione aborto. E il matematico converrebbe con noi che la mancanza di scelte significa mancanza di libertà, cioè coazione.

In conclusione la supposta coerenza del “logico” Odifreddi
ci pare in realtà assai autoconfutatoria perché ha messo a segno in poche righe un bel cumulo di paralogismi e sofismi, cioè di sillogismi erronei (l’ABC per chi studia logica). E gli autogol sono le reti che fanno più imbufalire i propri tifosi e maggiormente rallegrare gli avversari.