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L’icona miracolosa di Maria che restituì la vista al cieco

Le origini del Tempio di Santa Maria della Consolazione a Todi sono legate ad un “prodigio del cielo”. Si dice che nel 1508 un operaio abbia riacquistato la vista dopo aver toccato un affresco raffigurante la Vergine col Bambino. Una piccola cappella costruita per proteggere la sacra icona divenne poi il fulcro del tempio.

Cultura 11_06_2016
L'interno della chiesa di Santa Maria della Consolazione a Todi

«Oggetto d’arte sublimissimo, a cui si può pareggiare la sola chiesa di S. Pietro a Roma, di cui tiene tutta la somiglianza… uno stupore dell’arte…». Così, nel 1810, il segretario generale della Prefettura di Todi, incaricato dell’inventario dei beni degli enti religiosi soppressi della città, descriveva il Tempio di Santa Maria della Consolazione, le cui origini, come spesso accade, sono legate ad un “prodigio del cielo”.  

Si narra, infatti, che nel 1508 un operaio incaricato di demolire un muro fatiscente attorno al monastero di Santa Margherita, vi abbia rinvenuto un affresco raffigurante la Vergine col Bambino in atto di porgere l’anello delle nozze mistiche a Santa Caterina d’Alessandria. Spolverandolo con il suo fazzoletto e passatosi il medesimo sugli occhi, un cieco riacquistò miracolosamente la vista. Immediatamente si costruì una piccola cappella per proteggere la sacra icona che divenne poi il fulcro del monumentale tempio mariano, la cui erezione fu fin da subito sostenuta dalla crescente devozione popolare tramite semplici offerte o più cospicui lasciti e donazioni. 

Se è solo un’ipotesi che il progetto originario sia da attribuire a Donato Bramante, sono documentati i nomi dei maestri succedutisi o affiancatisi nel corso della costruzione, primo tra i quali Cola da Caprarola cui seguirono artisti per lo più provenienti dall’area lombarda.  Nel 1586 si impostò il tamburo e su di esso la cupola, la cui forma ovale è uno dei pochissimi elementi che si discosta dalle pure regole architettoniche rinascimentali di cui questa fabbrica è considerata un edificio simbolo. Solo nel 1607, con una solenne processione e la posa della croce di ferro sulla cima della lanterna, il cantiere potè dirsi concluso.

La planimetria del Tempio è a croce greca, le cui braccia sono definite dalle quattro absidi addossate al parallelepipedo centrale, sormontate da semicupole che circondano la terrazza quadrata. Agli angoli, sugli spigoli esterni, furono poste quattro aquile che rappresentavano la potenza del comune di Todi.  Per il resto, la mole in pietra bianca proveniente dalle cave di Titignano, è scandita, all’esterno, da un semplice doppio ordine di paraste. 

Altrettanto sobrio è lo spazio interno cui si accede da tre portali, di cui quello principale, posto a sud, si trova di fronte all’altare maggiore, sormontato da una Gloria di Cherubini, dove è collocato il prezioso affresco. La leggenda vuole che quest’ultimo sia stato dipinto dal beato Giovanni di Ranuccio degli Atti il cui intento era quello di riprodurre un’immagine da cui era stato particolarmente colpito durante una visita al monastero di Santa Caterina sul Sinai. Elementi scultorei decorano i capitelli dei pilastri e i rosoni delle arcate, mentre figure di Evangelisti occupano lo spazio dei pennacchi. Nel registro inferiore, lungo le pareti delle tre absidi, si aprono dodici nicchie contenenti ciascuna il simulacro di un Apostolo. I Dodici rappresentano un richiamo alla Pentecoste, durante la quale i Discepoli si riunirono attorno a Maria guidati dallo Spirito Santo, qui a Todi raffigurato nella colomba nel lanternino della cupola. 

Le forme della chiesa sottendono una raffinata simbologia. La posizione isolata del tempio, fuori dalle mura medievali della città, rimanda alla trascendenza divina, al centro della quale il mondo sensibile è rappresentato dal parallelepipedo centrale su cui si innestano le absidi, a sua volta sormontato dalla cupola, simbolo della volta celeste. Il Tempio di Santa Maria della Consolazione fu elevato a dignità di Basilica Minore da Papa Pio XII nel 1958.