Libia, un altro sforzo per disciplinare l'emigrazione
Prenderà il via il 24 ottobre l’addestramento della Guardia Costiera della Libia a bordo di una nave militare italiana. Ma è lecito essere pessimisti sull'esito dell'operazione, perché il governo Serraj non controlla il territorio e l' "arma" dei profughi da mandare in Italia è usata per ricattarci.
Prenderà il via il 24 ottobre l’addestramento della Guardia Costiera di Tripoli a bordo di una nave militare italiana mentre altri 400 libici verranno istruiti a terra, in Grecia e a Malta.
Il programma, voluto dalla Ue e soprattutto dall’Italia, punta ad affidare alle forze libiche il contenimento dei flussi migratori che dalle coste della Tripolitania sono diretti in Italia. I cicli addestrativi dei militari libici che rispondono al governo di Tripoli guidato da Fayez al-Sarraj saranno curati dalla missione navale europea Eunvfor Med (Operazione Sophia), ma i costi saranno a carico dell’Italia come ha lamentato al vertice dei Bratislava il ministro della Difesa italiano, Roberta Pinotti.
Il programma dell’addestramento sarà suddiviso in tre pacchetti. Il primo, della durata di 14 settimane, verrà svolto in acque internazionali a bordo di una nave della Marina Militare, probabilmente una nave da assalto anfibio (LPD) classe San Giorgio, in grado di ospitare a bordo fino a ottanta militari libici selezionati secondo specifici criteri definiti nell’accordo firmato a Roma il 23 agosto. Il secondo pacchetto, sempre della durata di 14 settimane, prevede l’addestramento dei militari libici in centri di formazione in Grecia e a Malta e si propone di addestrare fino a 400 militari libici alle operazioni di sicurezza marittima. Infine, il terzo pacchetto, della durata di otto settimane, verrà svolto a bordo dei pattugliatori libici con l’assistenza di un’unità dell’Unione Europea in acque territoriali libiche e nel porto di Tripoli.
Terminato l’addestramento del personale, nella primavera del 2017, l’Italia donerà 10 motovedette a Tripoli (6 alla Guardia Costiera e 4 alla Marina) che, come ha auspicato il ministro Pinotti, “permetteranno al governo libico di controllare la costa e le acque immediatamente prospicenti". Difficile però nutrire ottimismo in proposito, innanzitutto perché il governo di Tripoli di fatto non esiste: non controlla direttamente milizie e territorio e deve ancora costituirsi al punto che una lista di ministri è in fase di elaborazione e dovrà essere approvata (forse) dal parlamento di Tobruk che per ora sostiene il governo laico della Cirenaica guidato da Abdullah al-Thani e dal generale Khalifa Haftar. Ali Qatrani, vice di Fayez al Sarraj ma al tempo stesso rappresentante di spicco del governo rivale di Tobruk sostiene che vi siano "250.000 migranti clandestini in arrivo dal Sudan sulle coste libiche” per venire in Italia, inclusi “alcuni terroristi pronti a farsi esplodere".
Un annuncio che suona come un avvertimento ma anche come un ricatto tenuto conto che Qatrani, che ha ricordato come “dalle coste della Cirenaica non sia partito un solo barcone diretto in Italia”, vorrebbe che Roma sostenesse l’esecutivo di Tobruk invece del traballante al-Sarraj, così debole che ha dovuto riunire all’estero il Consiglio di Presidenza per mettere a punto la lista dei ministri al riparo da pressioni e minacce di tribù e milizie. Inoltre al-Sarraj non sta facendo nulla per fermare i flussi migratori che quest’anno hanno già quasi eguagliato i 153 mila arrivi dell’anno scorso e minacciano di superare anche il record di 170 mila sbarcati del 2014. Se ai numeri citati da Qatrani si aggiungono i 235 mila africani già presenti in Libia, e che secondo l’inviato dell’Onu Martin Kobler sono in attesa di imbarcarsi per l’Italia, si arriva a stimare che quasi mezzo milioni di immigrati illegali si trovino nell’ex colonia italiana per raggiungere l’Europa.
Tripoli del resto non controlla le coste lungo le quali le tribù che sostengono al-Sarraj si arricchiscono coi traffici di esseri umani e rifiuta di autorizzare la flotta europea a intervenire nelle acque e sulle coste libiche. “La Libia si oppone alla creazione sul suo territorio di campi per i migranti” ha detto il ministro degli Esteri, Mohamed Taher Siala, respingendo l’idea di riportare in Libia quanti siano giunti in Europa illegalmente per ospitarli in campi di accoglienza finanziati e gestiti dall'Ue. "Un tale progetto significherebbe che l'Ue rifiuta di assumersi le sue responsabilità e le fa pesare sulle nostre spalle" ha aggiunto Siala sorvolando sulle responsabilità delle tribù e fazioni libiche che lucrano sul traffico di immigrati.
L’ambiguità di al–Sarraj e delle forze islamiste che lo sostengono non lascia quindi ben sperare circa l’esito dei programmi di cooperazione con Italia e Ue e non sarà certo la presenza di alcune centinaia di uomini della guardia costiera addestrati dagli italiani a fermare i flussi di immigrati illegali.