Libia, Napolitano scorda le pressioni che esercitò
Quello di non opporsi alla campagna militare che portò alla caduta di Gheddafi fu uno dei più gravi errori del premier Berlusconi. Se però Berlusconi ha la responsabilità di non aver resistito alle pressioni che subiva ciò non assolve affatto chi le esercitava. E tra costoro l'ex presidente Napolitano era in prima linea. Autoassolversi equivale a dire che non contava nulla.
-QUANDO PARLAVA DEL "GRIDO DI DOLORE" di A. Pellicciari
Rendendo ancora una volta un pessimo servizio all’area politica di cui pretende di essere nientemeno che il candidato premier, il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, ha commentato su Twitter l’intervista all’ex-presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, pubblicata ieri da la Repubblica, cinguettando da par suo: “Napolitano non dovrebbe essere intervistato, pagato e scortato; dovrebbe essere processato” (il miglioramento della punteggiatura è nostro. Ndr). Questa frase da caserma ha ovviamente innescato nell’area di centrosinistra le consuete grida di indignazione di rito. Si riduce così a una lite da pianerottolo del Palazzo romano quella che invece potrebbe diventare un’ottima occasione per fare chiarezza su un cruciale momento recente della nostra storia nazionale.
Il casus belli è appunto un’intervista in cui Napolitano rievoca il momento della decisione italiana non solo di non opporsi ma addirittura di partecipare attivamente alla campagna militare contro la Libia di Gheddafi: la maldestra iniziativa, presa nel 2011 dalla Francia del presidente Sarkozy con l’appoggio inglese, che fu all’origine dello sconquasso che dura fino ad oggi. Con un linguaggio mellifluo ed allusivo, sorprendentemente simile a quello del defunto Giulio Andreotti, l’ex-presidente della Repubblica nega di aver avuto parte alcuna in tale decisione scaricandola elegantemente sulle sole spalle di Berlusconi. A suo dire, “Non fu una questione tra diverse personalità istituzionali del nostro Paese. Questa è una visione ridicolmente distorta della realtà". “ (…) fu una vicenda con una forte dimensione internazionale. Non fu un affare tra francesi e italiani.”
Apprendiamo insomma - parola del presidente della Repubblica dell’epoca - che in una vicenda di evidente cruciale importanza per il nostro Paese i vertici dello Stato italiano contavano come il due di picche. Al giornalista de la Repubblica che gli osservava, “Berlusconi sostiene che era contrario a recepire quella risoluzione (dell’Onu. Ndr) e che fu lei invece a spingere in quella direzione” Napolitano sottilmente replica: "Dire che il governo fosse contrario e che cedette alle pressioni del capo dello Stato in asse con Sarkozy, non corrisponde alla realtà (…) L'Italia era interessata a che il da farsi sul piano internazionale in difesa dei diritti umani e del movimento della primavera in Libia non rimanesse oggetto di una sortita francese fuori di ogni regola comune, ma si collocasse nel quadro delle direttive dell'Onu e nell'ambito di una gestione Nato".
A nostro avviso quello di non opporsi alla campagna militare che portò alla caduta di Gheddafi in assenza di qualsiasi solida alternativa politica al suo regime fu uno dei più gravi errori del premier Berlusconi. Se però Berlusconi ha la responsabilità di non aver voluto resistere alle pressioni che subiva ciò non assolve affatto chi le esercitava. E tra costoro Napolitano era in prima linea. Né egli si può autoassolvere facendo intendere di essersi soltanto accodato alle pressioni internazionali. Ciò equivarrebbe a dire che lui personalmente non contava nulla in quella situazione.
Proseguendo nella intervista, l’ex-presidente della Repubblica aggiunge sibillino che era evidente la “riluttanza del Presidente Berlusconi a partecipare all'intervento Onu in Libia. Il Presidente Berlusconi ha di recente ricordato il suo travaglio che quasi lo spingeva a dare le dimissioni in dissenso da una decisione che peraltro spettava al governo, sia pure con il consenso della Presidenza della Repubblica. Che egli abbia evitato quel gesto per non innescare una crisi istituzionale al vertice del nostro paese, fu certamente un atto di responsabilità da riconoscergli ancora oggi. (…).
Alla domanda poi, “Ma lei crede che fu un errore?” Napolitano risponde: "(…) Ancor oggi è troppo facile giudicare sommariamente un errore l'intervento Onu in Libia. Quale fosse l'alternativa all'intervento sulla base della Carta delle Nazioni Unite, nessuno è in grado di indicarlo seriamente. A mio avviso,(…) l'errore veramente grave fu non dare, in quanto comunità internazionale, nessun contributo politico, di institution building, economico alla conclusione dell'operazione militare. Ci fu quasi un tirarsi fuori, e fu ciò che provocò il caos degli anni successivi". Un’accorta sequenza insomma di sberle e di ganascini da cui Napolitano esce benissimo, e Berlusconi invece viene fuori come un ragazzo benintenzionato ma debole e un po’ pasticcione, che in fin dei conti è l’unico colpevole del “caos degli anni successivi”.
Le cose però non andarono così. E sarebbe il caso di cominciare a dirlo.