Libia, Haftar sconfitto alle porte di Tripoli
Le milizie fedeli al premier Fayez al-Sarraj passano al contrattacco e conquistano Gharyan, la principale base logistica del generale Haftar alle porte di Tripoli. Il generale, dando la colpa ad Erdogan (che ha fornito armi a Tripoli), attacca navi e interessi turchi, per internazionalizzare il conflitto. E si torna a parlare di negoziati.
Due mesi e mezzo di offensiva inconcludente per conquistare la capitale libica avevano già logorato il prestigio militare e politico del generale Khalifa Haftar ma i rovesci militari subiti negli ultimi giorni rischiano di aprire il viale del tramonto per l’uomo che molti consideravano, solo poche settimane or sono, l’unificatore dell’ex colonia italiana frammentatasi dopo la guerra del 2011.
Le milizie che supportano il premier Fayez al-Sarraj, premier del Governo di Accordo Nazionale (milizie incentrate su alcune brigate di Misurata, soprattutto quelle che fanno capo al vice presidente Ahmed Maitig), sono riuscite a riconquistare buona parte dell’aeroporto di Tripoli chiuso ormai da anni al traffico aereo e da quasi due mesi in mano all’Esercito Nazionale Libico (LNA) del generale Haftar che lo utilizzava come base avanzata per l’attacco alla città. Una controffensiva a cui ha fatto seguito un blitz improvviso della prima Brigata di Misurata 40 chilometri più a sud contro la cittadina di Gharyan, principale base logistica dell’LNA per l’offensiva su Tripoli attaccata ieri dalle forze misuratine.
Secondo Tripoli, le forze che appoggiano il premier Fayez al-Sarraj avrebbero preso mercoledì il controllo del centro di Gharyan catturando ingenti quantitativi di armi e munizioni inclusi moderni missili anticarro statunitensi Javelin forniti all’LNA dagli Emirati Arabi Uniti. “Gharyan è sotto il nostro controllo totale”, ha detto Mustafa al-Mejii, portavoce delle forze del GNA: decine di combattenti di Haftar sono stati uccisi e almeno 18 sono stati catturati”. Secca la smentita del generale Ahmed a- Mismari, portavoce dell’LNA rilasciata il 26 giugno. “Ci sono scontri in corso a Gharyan e le forze dell’Esercito libico controllano la situazione nella regione. Oggi ci sono stati tentativi di indebolire la stabilità nella regione del Monte Gharyan. La lotta è iniziata su Facebook prima di iniziare sul terreno”. Eppure tutte le fonti a partire dal 27 giugno hanno confermato la caduta di Gharyan, anche se da più parti si rileva che le truppe di Haftar hanno ancora il controllo di alcuni quartieri della cittadina. Nel supporto alla controffensiva del GNA avrebbero svolto un ruolo di rilievo i droni turchi Bayraktar TB2 armati, forniti da Ankara e basati all’aeroporto di Mitiga con consiglieri militari turchi. Questi velivoli, uniti a una decina di giovani piloti misuratini che secondo alcune fonti vicine alle milizie della “Sparta libica” sarebbero tornati dalla Russia dopo un periodo di addestramento, avrebbero consentito di colpire pesantemente le forze di Haftar distruggendo artiglieria, mezzi terrestri, almeno un aereo da attacco Sukhoi Su-22 e 4 batterie da difesa aerea Pantsir S-1 con missili SA-22 di costruzione russa ma forniti all’LNA dagli Emirati Arabi Uniti.
A conferma delle voci diffusesi già nelle prime fasi dell’offensiva di Haftar su Tripoli, il capo della Prima Brigata di fanteria di Misurata, Mustafa al Mashi, sostiene di aver visto “militari francesi” fuggire da Gharyan quando i suoi uomini sono entrati nella città. Intervistato dall’emittente televisiva libica Libya al Hurra, al Mashi ha affermato di “aver notato sei auto con a bordo militari francesi che si trovavano nel comando delle operazioni di Haftar a Gharyan. Noi abbiamo combattuto fino a giovedì mattina, quando tutti gli uomini di Haftar si sono ritirati da Gharian spostandosi a 10 chilometri dalla città verso sud”. Informazioni difficili da verificare in assenza di credibili osservatori imparziali, come quelle discordanti che vorrebbero le forze dell’LNA al contrattacco per riprendere Gharyan, o al contrario addirittura messe in fuga dal progredire dell’avanzata delle forze della Prima Brigata che avrebbe conquistato ieri anche Mazda e Alshgega.
Nel tentativo di riprendere l’iniziativa militare, Haftar ha ordinato ieri alle sue milizie di attaccare le navi turche e gli interessi di Ankara in Libia, attribuendo agli aiuti militari turchi (missili, droni, mezzi blindati) il successo del contrattacco del GNA a Tripoli. Secondo quanto scrive il Libya Observer, il generale accusa il presidente turco Recep Tayyip Erdogan di appoggiare il GNA e minaccia di attaccare ogni aereo che arriva dalla Turchia in Libia e ha ordinato lo stop dei voli dalla Libia verso la Turchia. "Gli ordini dati alle forze aeree sono di prendere di mira navi e barche turche nelle acque territoriali libiche", ha detto il portavoce al-Mismari, indicando che tutti gli interessi strategici di Ankara (in Libia) "vengono considerati legittimi bersagli delle forze armate". Una mossa che potrebbe avere l’obiettivo di internazionalizzare il conflitto libico coinvolgendovi Turchia e Qatar ma anche Egitto ed Emirati Arabi Uniti al fianco di Haftar. La sconfitta militare del generale intorno a Tripoli, se confermata, non significa certo la fine delle ostilità ma sancirà di fatto la necessità di trovare soluzioni politiche (posizione più volte evidenziata dal governo italiano) a una crisi che non sembra avere sbocchi militari.
"Haftar resta uno dei protagonisti dello scenario libico, un interlocutore imprescindibile" ha detto venerdì il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi in conferenza stampa con l'inviato dell’Onu Ghassan Salamé. "Come governo italiano siamo convinti della necessità di un dialogo inclusivo con tutti i protagonisti", ha chiarito Moavero. Nei giorni scorsi il premier al-Sarraj, presentando il suo piano di pace, aveva escluso il dialogo con il maresciallo responsabile dell’offensiva su Tripoli.
"La riconquista di Gharyan da parte delle forze governative libiche è uno sviluppo notevole dopo 11 settimane di stallo sul terreno, vedremo ora le prossime mosse delle autorità libiche, comunque è una novità che va riconosciuta". Lo ha detto l'inviato dell'Onu Ghassan Salamé rilevando che tutti gli attori nel conflitto "tornano a parlare di processo politico, tema che fino a qualche settimana fa era un tabù".