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POLITICA IMBELLE

Libia e terrorismo, da Europa e Onu solo disastri

Europa e Onu paralizzati anche dopo l’attentato di Tunisi e gli ultimi sviluppi della guerra in Libia. Inutile quindi attendersi azioni concrete, tanto meno iniziative militari, in risposta all’uccisione di tanti cittadini europei, risposte “muscolari” che hanno caratterizzato le rappresaglie di Giordania ed Egitto contro l'Is. 

Esteri 23_03_2015
Il Parlamento europeo

I 28 membri dell’Unione si sono riuniti a Bruxelles per discutere della crisi libica e dell’attentato di Tunisi in cui sono stati uccisi 19 cittadini europei e l’unica cosa che sono riusciti a esprimere è condannare con forza «lo scioccante attacco perpetrato contro la Tunisia». La Ue si è detta  pronta «a intensificare la cooperazione con il Paese per lottare contro la comune minaccia terroristica e per rafforzare la democrazia e contribuire allo sviluppo socio-economico». Sorprendente l’analisi del presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, che ha preso atto che la Tunisia è ora «a rischio di una maggiore violenza da parte dello Stato Islamico», insistendo sul fatto che non esistono «soluzioni a breve termine» per la regione.

Chi l’avrebbe mai detto prima di ascoltare le illuminanti valutazioni di Tusk? Inutile quindi attendersi azioni concrete, tanto meno iniziative militari, in risposta all’uccisione di tanti cittadini europei, risposte “muscolari” che hanno caratterizzato le rappresaglie di Giordania ed Egitto all’uccisione barbara di loro connazionali da parte dell’Is ma che nessuno può ragionevolmente attendersi da un’Europa ormai da tempo imbelle. Non incoraggia poi che si stato affidato a Federica Mogherini, responsabile della (sedicente) politica estera della Ue, di individuare i modi per contribuire alla stabilizzazione della Libia a cui i 28 chiedono che si arrivi a un «cessate il fuoco immediato» e a un «accordo per la formazione di un governo di unità nazionale». A Bruxelles forse non si sono accorti che le forze fedeli al governo di Tobruk (quello legittimo, nato dalle elezioni del giugno scorso e riconosciuto dalla comunità internazionale) ha dato il via (o forse ha solo annunciato) a un’offensiva su Tripoli tesa a riconquistare la città strappata al suo controllo l’estate scorsa dai miliziani del Fronte Alba della Libia sostenuto da Qatar e Turchia che raccoglie milizie islamiste legate ai salafiti e ai fratelli Musulmani oltre alle milizie tribali di Misurata. Queste ultime negli ultimi hanno aperto negoziati col governo di Tobruk che potrebbero portare a un cambio di fronte che indebolirebbe enormemente il Fronte islamista Alba della Libia.

L’offensiva (anticipata da raid aerei contro la zona di al-Naqdiya, l'aeroporto di Mitiga, le zone di al Zawiya, al Ajilate e al Jamil) vede impegnate unità militari e i miliziani di Zintan, alleati del generale Khalifa Haftar e del governo di Tobruk. L’improvviso attacco alla capitale, che secondo fonti di Tobruk sarebbe già stata circondata, potrebbe essere stato favorito da nuove forniture di armi e munizioni alle milizie di Zintan e dalla defezione di alcune milizie legate al governo islamico di Tripoli. L'esercito libico ha fatto sapere che ricorrerà all'uso della forza contro «chiunque tenti di opporsi al suo ingresso a Tripoli o metta in pericolo le vite di persone innocenti, sabotando proprietà pubbliche e private». Il governo di Abdullah al-Thani ha invitato tutti i cittadini a tenersi a distanza di sicurezza dalle aree interessate dagli scontri mentre le forze di Tobruk sarebbero arrivate ieri mattina  «a 20 chilometri dal centro di Tripoli»dopo aver conquistato le città di Warishvana e Azizia. Il capo di Stato maggiore dell'esercito, generale Abdel Razek Al-Nazouri, ha annunciato che «la liberazione della capitale avrà luogo nelle prossime ore" quando i l'esercito libico entrerà a Tripoli attraverso tutti gli assi stradali di accesso alla capitale». L’alto ufficiale ha precisato che le forze armate sono alle porte di Tripoli dove controllano cinque centri periferici nell'ovest e sono impegnate a neutralizzare sacche di resistenza. Al-Nazouri ha chiesto ai giovani che sostengono l'esercito di «rispettare tutti gli abitanti» e li ha messi «in guardia contro qualsiasi atto di vendetta».

L’offensiva, smentita dal governo islamista di Tripoli, ha fatto infuriare l'inviato speciale dell'Onu per la Libia, Bernardino Leon, che ha puntato il dito contro l'operazione militare lanciata dal governo nazionalista. Le operazioni militari sul terreno sono «inaccettabil» e costituiscono una «seria minaccia» per i negoziati di riconciliazione tra Tobruk e il governo di Tripoli che dovrebbero riprendere in queste ore in Marocco. Suona però paradossale che Ue e Onu rimproverino un governo legittimo che le due istituzioni sovranazionali riconoscono perché cerca di riconquistare la capitale caduta in  mano a milizie il cui governo non è riconosciuto da nessuno. Quanto accaduto a Tunisi, dove a colpire sono stati terroristi provenienti dalla Libia, indica quanto sia importante affrontare la situazione in Libia, ha detto il presidente francese Francois Hollande ribadendo però il no a un intervento militare per dare priorità assoluta alla ricerca di un accordo politico «che metta insieme le differenti fazioni e consenta di combattere tutti insieme il terrorismo».

A proposito di paradossi venerdì il coordinatore europeo per la lotta al terrorismo, Gilles de Kerchove, ha sollecitato Frontex a vigilare sul rischio di infiltrazioni terroristiche tra i migranti. «Dobbiamo essere vigili. È relativamente facile entrare nell'Unione europea unendosi al flusso dei migranti», ha detto a margine di una riunione ministeriale che ha riunito a Vienna i rappresentanti dei Paesi dei Balcani, di Austria e Italia per discutere di cooperazione internazionale nella lotta contro i jihadisti provenienti dai Balcani o che transitano nella regione. De  Kerchove ha aggiunto di aver evitato finora di parlare del rischio di infiltrazioni attraverso i canali umanitari, «perché non bisogna confondere le cose». Ma «oggi dico: dobbiamo essere vigili», ha proseguito, chiedendo maggiore consapevolezza da parte delle forze di Frontex, in particolare a fronte dei flussi in arrivo da Siria e Iraq, ma anche dalla Libia. Nessuno però, né la missione europea Triton né le autorità italiane sembrano intenzionati a modificare la politica di accoglienza in Italia per tutti gli immigrati clandestini che pagano il “biglietto” a criminalità e terroristi islamici. Dopo l’attacco di Tunisi che ha ucciso 4 italiani Roma si è limitata a varare l’operazione “Mare Sicuro” che vedrà navi, aerei e droni impiegati insieme a alcuni reparti di fucilieri di Marina per proteggere mercantili, pescherecci e le piattaforme off-shore dell’Eni. Un’operazione preventiva e difensiva che non influirà sui traffici di esseri umani né sul contrasto ai terroristi islamici in Libia o Tunisia.