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MEDITERRANEO

Libia, ci sarà un governo E sarà islamico

Ci si prepara a combattere lo Stato Islamico, che vuole imporre alla Libia un regime islamico fondato sulla shariah. Ma a favore di chi combattiamo? Del prossimo governo nazionale che, con tutta probabilità, visto chi lo compone, imporrà alla Libia un regime fondato sulla shariah. Nonostante la continua mediazione internazionale, il destino della Libia pare segnato. 

Esteri 01_04_2016
Serraj

Il governo di unità nazionale voluto dall’Onu e sostenuto da Usa, Italia e Occidente cerca di insediarsi a Tripoli, ma potrebbe non essere una buona notizia.

Il premier Fayez al-Serraj è sbarcato giovedì nella base navale di nei pressi della capitale, a bordo di una motovedetta fornita dalle milizie di Misurata, ma non ha potuto raggiungere Tripoli, diffidato dal governo islamista di Khalifa Ghweil, che considera il suo esecutivo uno strumento degli stranieri e ha intimato a Serraj ad arrendersi o a tornare a Tunisi. Serraj sembra godere del supporto di alcune delle milizie islamiste che fanno parte del Fronte Alba della Libia, composte da movimenti quali Salafiti, Fratelli Musulmani e dalle milizie della città di Misurata. Forze che risulterebbero divise tra chi vuole il nuovo governo (perché punta a un riconoscimento internazionale utile a contrastare lo Stato Islamico e soprattutto il governo laico di Tobruk che controlla la Cirenaica) e milizie fedeli a Ghweil.

Ieri l'inviato dell'Onu, Martin Kobler, ha tenuto a Istanbul (nella Turchia che, insieme al Qatar, è stata finora sponsor del governo di Ghweil) un vertice con i leader dei principali partiti politici libici che potrebbe preludere all’insediamento di Serraj a Tripoli. Alla riunione erano presenti Abdel Hakim Belhaj, ex jihadista (già in Afghanistan con i talebani e membro del Gruppo Militante Islamico Libico aderente ad al-Qaeda) leader delle milizie islamiche di Tripoli, Hafed Gaddour, della Coalizione delle forze liberali, Abdallah Rufadi, del Fronte nazionale, Jamal Ashur, del partito Nazionale, Abdel Mona Fageh, dei Fratelli musulmani. Il summit potrebbe indicare una svolta e Ghweil potrebbe venire scaricato o “inglobato” nel nuovo governo di fatto anch’esso islamista e sostenuto dalle stesse forze salafite e dei Fratelli Musulmani che hanno guidato negli ultimi due anni l’esecutivo i Tripoli. Un’ipotesi che potrebbe trovare conferma anche nella calma tornata a regnare ieri a Tripoli dopo gli scontri di mercoledì.

Sgombrando il campo da ogni equivoco e soprattutto dalle illusioni di quanti credevano che il governo voluto dall’Onu sarebbe stato laico, democratico e improntato ai diritti civili, al-Serraj ha ribadito ieri "l'attaccamento alla sharia in quanto fonte di ogni legislazione” aggiungendo che “tutto quello che è contrario alla legge islamica sarà nullo". Del resto il rispetto della sharia è il quinto dei 32 "principi" di governo presenti dell'accordo di Skhirat del 17 dicembre scorso su cui si basa il nascente esecutivo voluto dalla comunità internazionale.

Di fatto quindi il nuovo governo imporrà una forma di Stato simile a quello sognato da tutti i movimenti islamisti, dai salafiti ai Fratelli Musulmani, da al Qaeda allo Stato Islamico, basato quindi sulla legge coranica. Ben diverso quindi dal governo laico di Tobruk che non prevede una simile “dipendenza” anche se dalle terre di confine tra Tripolitania e Cirenaica hanno espresso ieri la loro adesione al governo al-Serraj le milizie della mezzaluna petrolifera libica, poste a difesa dei terminal di petrolio di Brega, Sidra e Ras Lanuf, e guidate da Ibrahim al Jidhran, alleate fino a ieri delle forze di Tobruk del generale Khalifa Haftar e che hanno combattuto da mesi per respingere gli attacchi dello Stato Islamico. L’impressione è quindi che la Libia stia cadendo in buona parte nelle mani di forze islamiste che l’amministreranno in base alla sharia.

L’insediamento di al-Sarraj ha fatto tornare d’attualità l’ipotesi di un intervento internazionale in Libia, anche italiano, di cui probabilmente parleranno oggi a Washington Barack Obama e Matteo Renzi. In ogni caso, precisano all'AdnKronos fonti qualificate, non si tratterà, almeno in una prima fase, di un’operazione terrestre. Più probabile l'ipotesi di un impiego, a breve termine, di velivoli italiani nel quadro di missioni aeree multinazionali per il contrasto all'espansione dell'Isis in Nord Africa e per il consolidamento delle istituzioni libiche. Le missioni aeree dovrebbero essere assicurate dai caccia Tornado o dagli Amx schierati nei mesi scorsi in Sicilia per compiti di sorveglianza dell'area. La ricognizione dall'alto potrebbe essere garantita anche dai droni Predator. A questo proposito lascia perplessi la presenza di militari americani nella base aerea italiana di Pantelleria, forse utilizzata come base avanzata rispetto a Sigonella (in Sicilia) per droni armati e aerei da combattimento.

Come ha sottolineato il Movimento 5 Stelle “il governo deve spiegare anche perché abbia concesso ulteriori autorizzazioni al comando statunitense per l'utilizzo della base di Pantelleria per operazioni, senza che il Parlamento ne venisse informato”. A quanto pare ci si prepara a combattere i jihadisti dell’IS che vogliono imporre in Libia uno stato islamico dominato dalla sharia, per sostenere e consolidare un governo sostenuto da movimenti jihadisti che imporranno in Libia uno stato islamico basato sulla sharia.