Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
LA GIORNATA

Libertà di stampa, purché non sia vuota retorica

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Oggi si celebra la Giornata mondiale della libertà di stampa. L'informazione a senso unico durante il Covid, quella orientata sulla guerra e poi i tanti presunti scandali amplificati solo per colpire l'avversario, ci ricordano che i giornalisti sono chiamati a mettere al centro la persona e la sua dignità, non convenienza o calcolo opportunistico.

Politica 03_05_2023

La libertà di stampa è un bene prezioso per tutte le democrazie e il grado di libertà dei media è direttamente proporzionale alla capacità di uno Stato di realizzare la sua missione al servizio dei cittadini. Se le notizie circolano poco e sono contaminate da altri interessi, l’esercizio degli altri diritti garantiti dalla Costituzione e dalle leggi vigenti sarà limitato. Viceversa, se i media saranno liberi di raccontare la realtà dei fatti, senza paraocchi e pregiudizi, anche la qualità della vita delle persone sarà migliore e ciascuno sarà in grado di realizzare la sua personalità sia come singolo sia nelle formazioni sociali, secondo quanto prescrive l’art.2 della Costituzione.

Oggi in tutto il mondo si celebra per il trentesimo anno consecutivo la Giornata mondiale della libertà di stampa, indetta dall’Onu per richiamare i valori di indipendenza e autonomia dell’informazione, al riparo da intromissioni della politica e degli altri poteri. Gli Stati, anzitutto attraverso le leggi, devono blindare il corretto esercizio del diritto di cronaca al servizio della collettività e impedire che i mezzi d’informazione vengano utilizzati per finalità subdole e per veicolare verità precostituite e funzionali alla conservazione delle elite di potere.

Tutte nobili intenzioni, non c’è che dire, anzi bisogna dare credito a quanti celebrano con sincerità d’animo questa ricorrenza che anche quest’anno, il 3 maggio, viene accompagnata da proclami solenni e appelli ufficiali alla libertà di stampa. Ci sono Stati nei quali essa è una chimera perché i regimi autoritari imbavagliano l’informazione soffocando il dissenso e impedendo ai cittadini di manifestare liberamente le loro opinioni. Tuttavia, anche negli Stati come il nostro, che nei loro ordinamenti giuridici contengono numerose garanzie a presidio della libertà di manifestazione del pensiero anche attraverso i media, ci sono criticità che ciclicamente si appalesano e che fanno dubitare della effettiva applicazione dei principi di correttezza dell’informazione.

Durante la pandemia, ad esempio, il chiacchiericcio scomposto dei talk show dominati dai virologi che giocavano a spararla grossa è stato spacciato come libertà di stampa ma era esattamente il suo contrario: un chiassoso e caotico spettacolo che ha finito per disinformare e disorientare i cittadini-utenti negando alla radice l’essenza stessa del bene pubblico informazione, che dovrebbe essere neutrale e al servizio di tutti, attraverso la divulgazione di notizie bilanciate, equilibrate, rispettose del contraddittorio soprattutto in assenza di evidenze scientifiche.

Il canovaccio è tornato d’attualità nelle fasi più convulse della guerra russo-ucraina, quando l’informazione si è appiattita sull’informazione dominante e ha rinunciato spesso ad approfondire le reali ragioni del conflitto, offrendo una sua visione predeterminata e incentrata esclusivamente sulle ragioni occidentali. Un conto, infatti, è valutare opportune le decisioni prese dal governo italiano in materia di sostegno all’Ucraina, altra cosa è rinunciare a priori ad offrire all’opinione pubblica (si pensi in particolare ai doveri del servizio pubblico radiotelevisivo) una lettura equilibrata della guerra.

Anche la cronaca degli ultimi giorni ha offerto lampanti esempi degli errori commessi da certa informazione cosiddetta libera a proposito di inchieste e scandali del passato. La trattativa Stato-mafia ha incendiato per anni il mondo dei media, ottenendo uno spazio spropositato su molti giornali. Ora che tutto si è sgonfiato e che la Cassazione ha messo la parola fine su ogni sospetto a carico di protagonisti delle istituzioni dell’epoca, anche dell’Arma dei Carabinieri, nessuno si sente in dovere di chiedere scusa e così il mondo dell’informazione, ossessionato dalle rivendicazioni di libertà anche quando essa non è in discussione, dimentica di chiedere scusa degli abusi di quella libertà che tanti giornalisti hanno certamente commesso.

Analoghe considerazioni si potrebbero fare sul Russiagate e lo scandalo che per anni ha visto nel mirino di alcuni media, con un accanimento davvero fastidioso, Matteo Salvini e alcuni suoi collaboratori. Tutto finito in nulla, ma il fango mediatico, spacciato all’epoca per libertà di stampa, ha certamente violato i diritti della personalità dei soggetti coinvolti senza che, neppure in questo caso, nessuno si sia sentito in dovere di recitare il mea culpa.

E allora il significato della Giornata per la difesa della libertà di stampa non può essere quello generico di rivendicazione di spazi di libertà per chi fa informazione. Fare informazione significa anche quotidiana assunzione di responsabilità da parte dei giornalisti, chiamati a mettere al centro la persona e la sua dignità, che deve sempre prevalere su qualsiasi convenienza o calcolo opportunistico.