Libertà di culto a rischio. I cristiani i più perseguitati
Nel 2018 le restrizioni governative globali alla libertà religiosa hanno raggiunto livelli record: ad affermarlo è un rapporto del Pew Research Center. I cristiani rimangono il gruppo più perseguitato al mondo, con violenze e ostacoli alla loro libertà in 145 Paesi. Da notare che oltre alle limitazioni delle autorità, cresce l’indice relativo all’ostilità sociale verso la religione.
La libertà religiosa globale non fa progressi, anzi risulta sempre più minacciata in varie parti del pianeta, sia a causa di provvedimenti governativi sia per sentimenti di ostilità sociale. A dirlo è Government restrictions on religion around the world reached new record in 2018, l’ultimo rapporto del Pew Research Center sullo stato della libertà religiosa mondiale e delle restrizioni governative contro di essa. Si tratta di un documento di oltre 100 pagine con il quale il think tank statunitense con sede a Washington - che sul tema in parola raccoglie dati dal 2007 - dà anzitutto una notizia, purtroppo non buona: nel 2018, le restrizioni governative globali alla libertà religiosa hanno raggiunto livelli record.
Un secondo dato emergente dal rapporto, anche se ahinoi non così sorprendente, riguarda l’individuazione del gruppo religioso più perseguitato del mondo, che è quello dei cristiani. Nello specifico, viene fatto presente che - se nel 2017 i cristiani avevano subito violenze, ostacoli e limitazioni varie alla loro libertà in 143 Paesi - nel 2018 questo numero è salito a 145, con le situazioni più gravi osservate nel Medio Oriente, in Nord Africa e, a seguire, in Asia. Il Pew Research Center segnala anche i fedeli musulmani come esposti a restrizioni alla libertà di culto anche se la loro situazione, a differenza di quella dei cristiani, registra un sia pure lieve miglioramento, dato che i Paesi in cui subiscono dette limitazioni sono in calo, dai 140 che erano nel 2017 ai 139 del 2018.
Un terzo dato degno di nota - messo in rilievo a pagina 29 del rapporto - riguarda l’aumento di limitazioni e ostacoli non solo governativi ma anche sociali alla libertà di culto, quantificati nell’indice SHI, acronimo che sta per Social Hostilities Index. Ciò sta a confermare quello che da tempo è nell’aria, e cioè che l’intolleranza religiosa non è solamente un problema di leggi e repressioni, ma anche, purtroppo, di mentalità. Un quarto aspetto emerso nel rapporto riguarda il fatto che - suddivisi i Paesi del mondo in quattro categorie: regimi autoritari, regimi ibridi, democrazie imperfette e democrazie mature - sono i regimi autoritari, com’era prevedibile, quelli responsabili delle nuove limitazioni alla libertà di culto, anche se non sempre alla limitazione governativa corrisponde una limitazione sociale.
Può infatti accadere che la tolleranza di fatto superi quella di diritto. Viceversa, quinto aspetto curioso del rapporto, vi sono Paesi i quali, pur essendo a tutti gli effetti democrazie (e quindi regimi politici sulla carta tolleranti), fanno registrare una crescente ostilità sociale verso la religione. Il Pew Research Center nomina in particolare Danimarca (ove vi sarebbero «alte ostilità sociali») insieme a Regno Unito, Paesi Bassi, Svizzera e Germania, teatro di tensioni, viene detto, antimusulmane e antisemitiche. Quanto all’Italia, essa presenta un indice SHI del 2.8, molto più contenuto di quello registrato in Paesi come la Svizzera (4.0) Regno Unito (4.6) Francia (5.4), Germania (5.8): quindi la prossima volta che sentiremo dire che il nostro è un Paese stretto nella morsa dell’islamofobia o dell’intolleranza, ecco, sapremo già cosa rispondere.
Battute a parte, anche se questo report ha qualche limite metodologico e di contenuto - sarebbe stato interessante, per esempio, misurare l’intolleranza verso i cristiani in Occidente, ma sarà per un’altra volta -, ha comunque un gran merito: quello di richiamare l’attenzione sul tema della libertà religiosa; il che non è poco dal momento che, in un Occidente dove riempirsi la bocca di «diritti» e «libertà» è assai di moda, è proprio la libertà di culto quella che maggiormente rischia di essere trascurata o di subire limitazioni in omaggio al politicamente corretto. Al di là dei contenuti pure interessanti che presenta con questo suo ultimo lavoro, e che si sono in parte qui riassunti, al Pew Research Center va quindi dato atto di aver ricordato a tutti che c’è un diritto che, neppure nel mondo occidentale, deve essere dato per scontato: quello di potersi dichiarare credenti e di poter manifestare il proprio credo senza temere conseguenze.